Aziende e regioni

Tagli e massimi ribassi, così le imprese biomedicali rischiano il collasso

di Luigi Boggio (presidente di Assobiomedica)

I capitoli sanità delle leggi di Stabilità 2015 e 2016 provocheranno effetti gravissimi per i cittadini, per le imprese e per tutto il Servizio sanitario nazionale. La diminuzione della spesa sanitaria complessiva di oltre 4 miliardi di euro per il biennio, rispetto a quanto previsto dal Patto per la Salute 2014-2016, riduce la nostra Sanità a uno stato di sottofinanziamento ai livelli più bassi degli altri paesi europei.
È proprio in questi momenti di crisi, dovuti principalmente alla necessità di contenere spese e ridurre i costi, che bisognerebbe puntare sul futuro con investimenti mirati e un piano strategico per la nostra Sanità, che preveda risorse per tecnologie innovative in grado di aiutare concretamente la popolazione a vivere meglio e in salute. Ci troviamo invece davanti a una politica sanitaria che sarà costretta a effettuare ulteriori tagli lineari sulle prestazioni e a perseguire politiche di acquisto che abbassano la qualità dei servizi offerti e uccidono le imprese del settore.

Il deserto creato dalla spending review
Le spending review degli ultimi anni hanno già messo a dura prova la sostenibilità del Ssn. Con il mancato aumento di 2 miliardi del fondo sanitario nel 2016 i cittadini dovranno pagare le prestazioni sempre più spesso di tasca propria, quando già oggi è emerso che il 41% rinuncia alle cure (dati Censis, ottobre 2015) con la diretta conseguenza che un domani avremo maggiori costi di ospedalizzazione per mancata prevenzione e diagnosi.
A questa realtà va associata un'ulteriore riduzione della spesa in dispositivi medici di 207 milioni di euro nell'ultimo biennio, quando l'investimento annuo del Ssn sull'acquisto di nuove tecnologie è già tra i più bassi d'Europa, ovvero il 5,2%. Lo scenario è allarmante se si considera che senza dispositivi medici è impossibile erogare prestazioni sanitarie, neppure la più semplice.
E la stretta sugli acquisti, prevista con la Legge di Stabilità 2016, provocherà ulteriori danni . Le gare centralizzate al massimo ribasso che considerano principalmente il prezzo stanno già minando il livello di qualità delle prestazioni offerte ai cittadini, standardizzando i dispositivi medici alla stregua dei beni di largo consumo. In questo modo viene meno una delle peculiarità dei dispositivi medici: rendere disponibili prodotti sulle esigenze dei singoli pazienti. Inoltre, le gare al ribasso creano barriere d'accesso all'innovazione tecnologica e rischiano di creare monopoli su scala nazionale e di uccidere le PMI che rappresentano l'80% del tessuto delle imprese del nostro settore.

Gli effetti della rinegoziazione dei contratti e del payback
Parimenti, la rinegoziazione dei contratti e il payback avranno come inevitabile conseguenza la drastica riduzione della fornitura dei servizi aggiuntivi, in molti casi fondamentali e indispensabili per il compimento della prestazione. Si tratta di assistenza tecnica fornita da ingegneri biomedici e specialisti di prodotto, che si recano nelle strutture sanitarie e sostenere il personale medico nel corretto utilizzo dei dispositivi medici, da quelli che vengono impiantati sui pazienti come stent, defibrillatori e protesi ortopediche alla manutenzione delle grandi apparecchiature come risonanze magnetiche e tac. Con questo meccanismo le imprese di dispositivi medici saranno costrette a ripagare 1 miliardo di euro nel triennio 2015-2017, considerando uno sforamento medio annuo stimato a 700 milioni di euro. Pertanto si dovrebbe ridurre la spesa di un ulteriore 15%, ovvero 3 volte più di quella in altri beni e servizi. Non assisteremo di certo, quindi, a una decontribuzione ridotta per le nostre aziende, come sostiene il Governo nella Stabilità di quest'anno, ma temiamo piuttosto una drastica riduzione dell'occupazione, degli investimenti in ricerca e innovazione, oltre che della formazione del personale medico-sanitario. Sebbene siamo convinti che il payback sarà inapplicabile per la sua complessità, come dimostrato per il farmaco ospedaliero, le imprese dovranno comunque prevedere delle riserve in bilancio corrispondenti all'eventuale esborso dovuto a questo provvedimento e quindi rinunciare a investire in ricerca, sviluppo e formazione a discapito delle prestazioni sanitarie.

Serve una politica industriale innovativa
L’Italia non ha mai sviluppato una politica industriale per questo settore, sebbene Assobiomedica la chieda da tempo. La sanità rappresenta una filiera che genera non solo salute, ma occupazione, sviluppo, cultura: Pil. Tutti elementi di cui il nostro Paese ha un disperato bisogno. I tagli lineari e i tetti di spesa non sono politica sanitaria, né industriale. Noi vogliamo un Ssn sostenibile e forte, perché da questo dipende la vita delle nostre imprese, piccole e grandi, italiane ed estere. Chiediamo alla politica di avviare un confronto che vada al di là dell'urgenza; se dopo tanti anni di tagli siamo ancora in un regime di urgenza, forse significa che le scelte da compiere sono altre. Abbiamo proposte concrete che non guardano solo all'immediato interesse delle imprese, ma alla sostenibilità del sistema. È troppo sperare che qualcuno ci ascolti?


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