Aziende e regioni

Prevenzione cenerentola e battuta d’arresto sull’aspettativa di vita: il rapporto Osservasalute 2015 dà l’allarme sui finanziamenti per il Ssn e stili di vita

di Barbara Gobbi

Per la prima volta nella storia d'Italia l'aspettativa di vita degli italiani è in calo. Lo afferma il rapporto Osservasalute, presentato oggi, secondo cui il fenomeno è legato ad una riduzione della prevenzione. Nel 2015 la speranza di vita per gli uomini è stata 80,1 anni, 84,7 anni per le donne, spiega Walter Ricciardi, direttore dell'osservatorio sulla Salute delle Regioni. Nel 2014, la speranza di vita alla nascita era maggiore e pari a 80,3 anni per gli uomini e 85,0 anni per le donne. L'andamento ha riguardato tutte le regioni.

Gli italiani fotografati nel 2015 sono meno sedentari e fumano di meno. Ma nel complesso sono poco attenti alla salute, tanto da consumare meno frutta e verdura e da essere sempre più in sovrappeso. Nel periodo 2001-2014, anzi, la quota degli obesi è aumentata dall’8,5% al 10,2%. E i vaccini continuano a rappresentare un tallone d’Achille: nel periodo 2013-2014 si registrano coperture al di sotto del’obiettivo minimo stabilito (95%) anche per profilassi obbligatorie come tetano, poliomielite, difterite ed epatite b. Stesso trend vale per le vaccinazioni raccomandate, come pertosse e anti-Hib. Quadro critico per l’anti-influenzale: tra gli ultra 65enni, nell’arco temporale 2003-2004/2014-2015 la diminuzione ha raggiunto il 22,7%, passando dal 63,4% al 49 per cento.

Nel quadro dipinto come ogni anno dal Rapporto Osservasalute , pubblicato dall’Osservatorio sulla salute delle Regioni italiane che ha sede presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e coordinato da Walter Ricciardi - direttore dell’Osservatorio oltre che presidente Iss - e da Alessandro Solipaca, segretario scientifico della struttura, prevalgono le tinte fosche. Anche per quanton riguarda l’aspetto finanziamenti. «Anche quest’anno - avverte infatti Ricciardi - le analisi contenute nel Rapporto Osservasalute segnalano numerosi elementi di criticità, in quanto confermano il trend in diminuzione delle risorse pubbliche a disposizione per la sanità, l'aumento dell'incidenza di alcune patologie tumorali prevenibili, le esigue risorse destinate alla prevenzione e le persistenti iniquità che assillano il Paese e il settore della sanità». E da Osservasalute precisano: «La spesa sanitaria pubblica è passata dai 112,5 miliardi di euro del 2010 ai 110,5 del 2014; tale contrazione ha coinciso con una lenta ma costante riduzione dei deficit regionali. Tuttavia, tale riduzione è stata conseguita in gran parte tramite il blocco o la riduzione del personale sanitario e il contenimento dei consumi sanitari. A testimonianza di quanto detto, nel 2014 la dotazione di posti letto negli ospedali è pari al 3,04 per 1.000 abitanti per la componente acuti e allo 0,58 per 1.000 per la componente post-acuzie, lungodegenza e riabilitazione, tutti valori inferiori agli standard normativi. Nel contempo, la spesa per il personale, in rapporto alla popolazione, è diminuita del 4,4% tra il 2010-2013, passando da un valore di 606,9€ a 580,1 euro».

Cifre non libertà: le risorse scarse pesano sulla salute della popolazione. Tanto che, aggiungono gli estensori del Report, «rispetto alle condizioni di salute della popolazione, nel 2014 sono stati diagnosticati 115,8 nuovi casi di tumore colorettale ogni 100.000 uomini, ovvero circa 34.500 nuovi casi, per l'altro genere tale incidenza è pari a 80,3 per 100.000 donne, corrispondente a oltre 25.000 nuovi casi. Il tumore della mammella ha fatto registrare oltre 55.000 nuove diagnosi, ovvero 175,7 nuovi casi annui ogni 100.000 donne. A fronte di questi dati allarmanti, l'investimento in prevenzione nel nostro Paese è ancora molto scarso. L'Oecd (2013) evidenzia che il nostro Paese destina solo il 4,1% della spesa sanitaria totale all'attività di prevenzione, quota che ci colloca in posizione di rincalzo tra i 30 Paesi dell'area Oecd».
Ai dati appena riferiti se ne aggiunge uno relativo all'aumento consistente della mortalità nel 2015, circa 54.000 decessi in più rispetto all'anno precedente. «Questo incremento - spiega il dottor Solipaca - è dovuto al costante aumento del numero delle persone molto anziane nel nostro Paese e all'andamento ciclico della mortalità osservabile nei dati in serie storica. Quindi tale incremento non deve destare particolare allarmismo, poiché è legato per lo più a fenomeni di natura demografica; merita però attenzione da parte del Servizio sanitario nazionale (Ssn) il fatto che alcuni decessi sono riconducibili all'ondata di calore sperimentata nell'estate 2015 e alla mortalità per complicanze dell'influenza nella popolazione anziana. Si tratta cioè di morti evitabili con efficaci politiche di prevenzione, in particolare con quelle finalizzate all'informazione e alla promozione della prevenzione primaria e agli interventi mirati all'aumento della copertura vaccinale antinfluenzale tra gli anziani che, come documentato nel Rapporto, è addirittura in diminuzione».


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