Aziende e regioni

E-health, il web aziendale c’è ma non si vede. Focus del Laboratorio MeS Sant’Anna

di Sabina De Rosis (Laboratorio Mes Sant’Anna)

Sulla sanità digitale comincia a cumularsi un corpus di dati ed evidenze anche nel nostro Paese. Tra gli altri, i numeri della Commissione europea non restituiscono un quadro molto roseo. Facendo riferimento al dato 2016 della Desi score (Digital economy and society index, cioè Indice di economia e società digitali), sui 28 Paesi europei inclusi nell’analisi, l’Italia risulta complessivamente al 25° posto, considerando tutte le aree coperte dal Desi score. 24° e 25° rispettivamente per l’uso di internet da parte della popolazione (il 63% contro il 76% della media europea) e per la diffusione delle competenze digitali (43% contro il 55 per cento).

Sembra che comincino a essere disponibili in Italia più servizi pubblici digitali (siamo al 17° posto), ma che gli italiani non li usino (24° per utilizzatori dei servizi digitali, 18% contro 32 per cento). Il quadro non cambia se si approfondiscono le specifiche componenti dell’indicatore che riguardano la sanità digitale: l’Italia si posiziona in fondo alla classifica. Gli unici due dati disponibili in quest’area per il Desi score 2016 sono la ricerca di informazioni sanitarie online da parte di tutti gli individui e degli over 55, dove l’Italia si colloca rispettivamente al 26° e al 24° posto (46% contro 58%, e 52% contro 59 per cento).

Da un’analisi superficiale, si potrebbe giungere alla conclusione che gli italiani siano poco tecnologici e digitali, giacché alcuni servizi pubblici digitalizzati sono disponibili, ma non usati. Le informazioni sanitarie sono presenti online, ma non sono ricercate.

Al contrario, gli italiani sono sempre più digitali: il ricorso alla Rete e alle mobile APP è crescente anche quando si parla di salute e la popolazione vorrebbe usare più servizi sanitari digitali, come la prenotazione online.

Allora forse il punto critico potrebbe essere scovato in un dato, un po’ vecchio se paragonato all’evoluzione veloce cui assistiamo nel mondo di internet e delle tecnologie, ma tremendamente attuale: i servizi ci sono, sì, ma una gran parte degli italiani internauti ritiene inutili, non fruibili o irraggiungibili i servizi pubblici disponibili online o digitalizzati e le informazioni fornite online dalle pubbliche amministrazioni.

Qualche spunto di riflessione arriva da una recente ricerca (http://www.meslab.sssup.it/it/index.php?page=comunicare-sanita-strumenti-online-per-i-servizi-ai-cittadini) effettuata dal Laboratorio MeS (Management e Sanità) della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. A fine 2015 un gruppo di ricerca ha effettuato una rilevazione su 167 siti web delle aziende sanitarie di 13 Regioni. L’analisi effettuata non è partita da dati riportati dalle aziende che dichiarano di investire, né da interviste fatte agli utenti circa quanto dichiarano di usare la Rete. I ricercatori hanno vestito i “panni dell’utente” e hanno indagato il modo in cui le aziende comunicano sul loro sito. I siti sono stati navigati in modo critico, verificando la presenza di alcune caratteristiche ritenute essenziali, come la funzione di ricerca e il suo corretto funzionamento, la responsività del sito (cioè il suo adattarsi automatico al dispositivo da cui lo si visita), l’offerta del servizio di prenotazione online e la sua corretta comunicazione. Tutti elementi che si ritrovano nelle linee guida che il Governo italiano, attraverso l’Agenzia per l’Italia digitale, ha pubblicato alcune settimane fa.

I risultati della ricerca del MeS sono stati raccolti nel Quaderno “Comunicare Sanità. Strumenti online per i servizi ai cittadini” , pubblicato a giugno 2016 e scaricabile dal sito web del Laboratorio MeS e, in parte, sono confluiti nel sistema di valutazione delle performance sanitarie delle Regioni coinvolte nello studio.

Cosa dicono i risultati di questa ricerca? Anzitutto che c’è una grande variabilità tra le Regioni, ma soprattutto all’interno di ogni Regione, con aziende che mostrano risultati molto diversi tra di loro, e spesso ottimi risultati su un aspetto indagato e risultati meno positivi su altri aspetti.

Tuttavia, sulla digitalizzazione del servizio di prenotazione si è riscontrato in modo quasi trasversale un aspetto critico: quello puramente comunicativo. In alcuni casi, il servizio di prenotazione era digitalizzato, ma sul sito web dell’azienda non era presente alcuna comunicazione in merito. Non comunicare la disponibilità del nuovo canale equivale a non averlo nemmeno aperto.

Altro dato interessante è che in nessuna delle Regioni oggetto di studio leggibilità e comprensibilità dei testi relativi alla prenotazione (nelle sue varie declinazioni online e offline) supera la soglia di “sufficienza” secondo la metodologia di valutazione usata dal Laboratorio MeS. Le performance si sono attestate su valori medi o scarsi e, nel complesso, gli ambiti di miglioramento sono risultati essere ancora ampi in tutte le Regioni. In diverse di esse, come la Toscana, l’Emilia-Romagna, la Puglia, la Lombardia, la Liguria e il Veneto ci sono delle performance buone, ma nessuna delle aziende si attesta su livelli di eccellenza.

Nel sistema di valutazione del MeS, l’indicatore sulla leggibilità (indicato con il codice B31.2.2) è la sintesi di due sotto-indicatori che riguardano il modo in cui è scritto il testo e le parole usate nel testo stesso: gli indicatori vanno sempre letti insieme ma anche singolarmente danno delle informazioni interessanti.

La leggibilità dei siti è stata misurata utilizzando l’Indice Gulpease, che fornisce una scala di valori con soglie di leggibilità per livello di istruzione.

A partire da questo indice, in media, i testi analizzati appaiono quasi incomprensibili per un utente con licenza elementare e il dato è trasversale a tutte le Regioni. Naturalmente guardando ai risultati delle singole aziende, ci sono tanti casi in cui i testi appaiono leggibili, ma anche tanti casi di testi che superano appena la soglia di leggibilità per gli utenti con il diploma superiore. Il sotto-indicatore B31.2.2.1.1 raccoglie in particolare i dati sulla leggibilità dei testi secondo questo indice. Questo ha permesso di guardare il testo dal punto di vista del suo destinatario, del potenziale lettore.

Inoltre il numero di parole dal vocabolario fondamentale utilizzato in media nei testi di spiegazione su come prenotare (testi teoricamente pensati per tutti, poiché è un servizio cui devono poter accedere tutti) è inferiore al 60% considerando tutte le Regioni, e va da un minimo del 24% ad un massimo del 72 per cento. Il vocabolario fondamentale include meno di 2.000 parole, individuate tra quelle più utilizzate e, per questo, più facilmente comprensibili da tutti. È evidente che la semplicità del vocabolario è un requisito essenziale per la comprensibilità di un testo, soprattutto se il testo è potenzialmente rivolto a tutti tramite internet.

Infine un altro aspetto interessante emerso dal lavoro è relativo alla comunicazione online delle riorganizzazioni dei sistemi sanitari regionali. In quelle Regioni che stanno sviluppando nuovi modelli organizzativi che prevedono l’accorpamento di una o più strutture la comunicazione online non sempre ha seguito i tempi della riorganizzazione.

A volte questa fase di transizione è stata taciuta, altre volte è stata generatrice di incoerenze e ridondanze disorientanti all’interno dei siti web. Nel suo Quaderno, il MeS ha analizzato questo aspetto e ha suggerito alcune accortezze utili a minimizzare la possibile confusione dell’utente e a semplificare la navigazione sui nuovi siti delle nuove aziende sanitarie.

Sembra evidente che l’uso che viene fatto del canale web da parte delle aziende sanitarie sia ancora un aspetto critico, nonostante la sua importanza per chi naviga e usa i servizi sanitari. Senza alcun dubbio, il sito internet di un’azienda resta uno strumento potentissimo per instaurare una relazione diretta tra il sistema sanitario e i suoi utenti, un canale di “disintermediazione” o, più semplicemente, un canale di comunicazione chiaro, pensato in termini di utilità per il potenziale lettore. I siti delle aziende possono diventare il punto di riferimento anche per raccogliere informazioni sulla salute, oltre che sui servizi sanitari.

Se così fosse, gli utenti avrebbero a disposizione un canale autorevole cui riferirsi quando cercano informazioni online, e gli stessi medici potrebbero suggerire tale fonte ai loro pazienti più interessati ad informarsi. Certo, aiuterebbe ad avere sul web più informazioni di qualità, e a non doversi accontentare di leggere su internet informazioni fornite da autori di non chiara competenza. Questa è per le Aziende e per l’intero sistema sanitario una opportunità straordinaria per aumentare la cosiddetta “health literacy”, cioè le competenze di salute dei pazienti.

Senza dubbio, le Aaiende sanitarie hanno già di fronte un pubblico di utenti e potenziali utenti informati, competenti e curiosi, che si aspettano una comunicazione chiara, rispettosa e completa. Gli eventi di questi ultimi giorni sulla comunicazione delle campagne di promozione della salute nazionali hanno puntato i riflettori proprio su questo aspetto. Dai dati emersi dallo studio appare chiaro che anche le aziende sanitarie in Italia abbiano della strada da percorrere in termini di comunicazione, soprattutto sui canali digitali. Ma qualche esempio positivo da cui farsi ispirare c’è, tanto all’estero, quanto in Italia. Il Quaderno “Comunicare sanità” del MeS ne raccoglie alcuni.

Sabina De Rosis

© RIPRODUZIONE RISERVATA