Aziende e regioni

Lazio, la «Brexit sanitaria» e i fantasmi finanziari del passato

di Roberto Turno

Un margine operativo col “segno più”, un disavanzo che scende, fondi per l'edilizia sanitaria che almeno in parte si sbloccano. Non sono di sicuro da trascurare i riconoscimenti che per la prima volta dopo anni e anni il Mef – severo custode dei conti, tanto più quando si parla di spesa sanitaria – ha riconosciuto ai bilanci di Asl e ospedali del Lazio. Non ancora abbastanza però per consentire alla Regione di uscire dal lungo commissariamento che la attanaglia ormai da anni e che costa ai cittadini della Regione maxi addizionali irpef e irap. Per non dire dei ticket su farmaci e prestazioni sanitarie. Il top di tutta Italia. In peggio, s'intende. Per portare il Lazio fuori dal commissariamento in sanità, Nicola Zingaretti (che è il governatore- commissario) deve aspettare ancora la verifica straordinaria di luglio sempre al Mef, quindi l'aggiornamento dei conti a fine anno. Solo allora si saprà. Mentre la “Brexit sanitaria” dal piano di rientro è ancora ben lungi da venire, come del resto forse anche la Regione auspica.
Le criticità residue. Sia quel che sia, per il Lazio e per Zingaretti – grazie anche al lavoro fatto in questi anni dal sub commissario Giovanni Bissoni, che sta per lasciare, forse già nelle prossime ore - la congiuntura è a suo modo felice. Anche se di sicuro non basta, né può bastare, a cominciare dagli assistiti troppo spesso costretti ad autentici tour de force per esigere cure le cure, e non solo per chi risiede in provincia piuttosto che nella Capitale. O a scampare l'inferno dei pronto soccorso e recuperare un posto letto, non la permanenza in una barella di fortuna.
I prestiti da rimborsare. Quel che continua a preoccupare nel Lazio – e non solo – è tutto quanto anche finanziariamente sta “dietro” la difficile partita del risanamento finanziario dei bilanci sanitari. Come la maxi cedola annuale da strappare – 500 milioni – per far fronte al prestito che a suo tempo la Regione ottenne dallo Stato fronteggiare il disavanzo da oltre 11 mld accumulato in anni e anni di dissennate gestioni della salute locale. Per non dire dell'altro prestito che fa capo alla cosiddetta «cartolarizzazione degli ospedali» dell'epoca di Storace.
Le Regioni del sud commissariate. Troppa, del resto, e troppo fastidiosa, è la polvere che s'è accumulata sotto i tappeti degli enti sanitari locali. Cosa che accomuna ormai il Lazio a un pugno di altre Regione, chissà come e perché tutte al Sud: Campania, Calabria e Molise, anzitutto. Tutte commissariate e tutte alle prese con gli stessi guai: finanziari e di salute (cattiva) dei loro cittadini. O quanto meno di chance di accesso alle cure pericolosamente al di sotto della soglia d'urto, dei bisogni e dei doveri che una comunità civile dovrebbe poter garantire alla pari a tutti gli italiani. Capita invece che dove hai meno cure, paghi di più per la salute, con più ticket e più tasse, lasci casa ed emigri per curarti. E intanto hai la sanità commissariata, con meno risorse e più necessità di risparmiare. Perché le beffe, per qualcuno, non finiscono mai.


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