Aziende e regioni

La sfida delle idee nel dibattito sulla cronicità in Lombardia

di Maurizio Andreoli (Direzione nazionale Sindacato dei medici italiani - Smi)

Anche in Lombardia la questione cronicità è attualissima. La giunta Maroni la ha affrontata con una già nota delibera che ha provocato un terremoto più che una rivoluzione, che rade al suolo l’esistente e pone molti dubbi sulla ricostruzione del sistema delle cure territoriali e sui reali beneficiari. È perciò del tutto legittimo che la maggioranza dei sindacati medici lombardi, tra cui lo Smi, si siano rivolti a vario titolo alla magistratura amministrativa per difendere professionalità e diritti dei medici, sicuramente lesi dalla delibera regionale. Con tutti i rischi del caso però: la magistratura ha i suoi riti e le sue prerogative, che non possono e non devono surrogare quelle della politica ed al dibattito su idee e contenuti. È su questo piano che va lanciata la sfida a regione Lombardia, il piano delle idee e dei contenuti, perché la delibera è da respingere sia nei i contenuti che nel metodo.
Nel metodo, la delibera è stata concepita senza alcun confronto ex ante con le parti interessate, cittadini e operatori sanitari, medici di famiglia in primis. E tutto il vivacissimo dibattito ex post non ha portato a sostanziali modifiche dell'impianto.
Nei contenuti, quali sono le nostre proposte per una reale presa in carico del malato cronico, quali sono le risposte che dà la delibera, cosa fanno le altre regioni? A ben vedere nulla deve essere inventato, anzi tutto è già scritto in linee generali nel piano nazionale sulla cronicità, vero punto di riferimento. Di seguito le azioni considerate indispensabili dal piano (e dalla letteratura internazionale) per affrontare la cronicità e la fragilità, le nostre proposte, quelle di regione Lombardia.

Stratificazione della popolazione (population management). Va elaborata sullo studio dei bisogni di assistenza (come ha fatto il Veneto, ad esempio); invece la Lombardia si è basata esclusivamente sui consumi storici di prestazioni e farmaci, storicizzando tra l'altro l'eventuale inappropriatezza sia sul versante dell'over treatment che su quello opposto.

Promozione della salute. Per “invecchiare sani” occorre che chi si occupa di salute metta in atto azioni di sorveglianza sui fattori di rischio per le malattie croniche, di informazione sugli stili di vita salutari e su corretta alimentazione, di prevenzione di tabagismo, abuso di alcol, obesità, sedentarietà. Il tutto coinvolgendo il più possibile anche ambiti extra sanitari. Nella delibera di regione Lombardia questi aspetti non sono considerati.

Presa in carico. L’aspetto fondamentale. Recita il PNC: «La definizione del piano di cura, la stipula del patto di cura e il coordinamento della equipe multi professionale rientrano tra i compiti del Mmg». I punti di forza della medicina di famiglia: la conoscenza del paziente e del suo contesto, il rapporto continuativo nel tempo, il rapporto fiduciario e la vicinanza, la prossimità. La giunta Maroni ipotizza una presa in carico a prescindere da tutto ciò (a nulla vale nel concreto la brusca retromarcia sulla “centralità del Mmg”), una presa in carico da parte del “gestore” di tipo prettamente erogativo e prestazionale (“ti somministro il PAI e controllo se lo segui”). Il gestore è soggetto terzo (fosse anche una cooperativa di MMG), lontano, dimensionalmente sproporzionato (minimo 25.000 cronici si calcola per poter raggiungere economie di scala nell'acquisto delle prestazioni, ma fino a un massimo di 200.000 secondo la delibera!). Quindi totale spersonalizzazione, rigidità, incapacità di rispondere a variabili prevedibilissime (uno scompenso, una riacutizzazione, una nuova patologia) mentre il malato cronico è soprattutto persona e non patologia, che quindi necessita di un approccio personalizzato lungo tutto il suo percorso e non solo all'inizio (il PAI).
Il coinvolgimento delle farmacie territoriali, oltre a confermare l'impossibilità che un gestore “lontano” possa prendersi carico del cronico, è paradossale: si rinuncia di fatto alla vicinanza del medico di famiglia per affidare il paziente alla farmacia, conflitto di interessi compreso!
Infine, di fragilità e di integrazione socio sanitaria si parla poco ed in modo confuso, e si capisce perchè: non esistono qui prestazioni da comprare e vendere, esiste un approccio olistico impossibile in questa logica.
Dal punto di vista del cittadino, che è quello che deve interessare di più, a fronte di qualche innegabile vantaggio (prenotazioni automatiche, liste di attesa forse accorciate), tanti innegabili svantaggi: si ritroverebbe una griglia rigida di terapie e di esami da eseguire in tempi e sedi non scelte da lui, a prescindere dalle sue reali condizioni del momento.

La nostra proposta. Riorganizzazione dell'attività del MMG, chiamato ad operare in modo integrato in team multi professionali organizzati dal distretto, con specialisti di fiducia (non con quelli che costano meno al “gestore”) e personale di studio e infermieristico. Medicina di iniziativa a tutto campo, forte integrazione col sociale per affrontare anche la fragilità spessissimo associata, telemedicina, informatizzazione e circolazione delle informazioni sanitarie su piattaforme uniformi, condivise, sicure. Il tutto, sia ben chiaro, impossibile “ad isorisorse” come pretenderebbe, invece, la legge Balduzzi.
Dall'infermiere del territorio in particolare non si può prescindere. Attualmente in Lombardia solo circa il 15% dei Mmg ne può usufruire a spese della regione; questo spiega molte delle innegabili insufficienze attuali della presa in carico di cronici e fragili. La Lombardia non investe in questo campo, al contrario di altre regioni che da tempo (Veneto, Emilia, Toscana) o recentemente (Piemonte, Provincia di Trento, Liguria) nei loro piani per la cronicità hanno ritenuto di dotare il MMG di questo supporto indispensabile.

Infine due parole sul “gestore lombardo”. È vero che, come dice la delibera, la filiera della presa in carico è spezzettata in cento rivoli. Ma la ricucitura lombarda riguarda solo uno degli aspetti, e non il principale, quello erogativo. Il “gestore” ha così un compito semplificato, ed infatti il suo braccio operativo è praticamente un call center per prenotazioni e contatti col cittadino, ben altra cosa, abbiamo detto, da una presa in carico. Ma chi saranno gli ipotetici i gestori in realtà?
1. Cooperative di MMG: ricordiamo che non si parla di cooperative mediche, ma di cooperative di servizi che dovranno occuparsi di acquisto di pacchetti di prestazioni da altri erogatori. Potranno competere con grandi gestori? Il dubbio è legittimo.
2. Altre ipotesi: le ASST (gli Ospedali in pratica), che però non hanno risorse umane e finanziarie adeguate (a stento ottemperano ai loro compiti).
3. Ulteriore altra possibilità: i grandi erogatori privati, che però a quanto pare sono poco interessati a trasformarsi da erogatori in gestori (vedi dichiarazioni di Pellissero, presidente AIOP, agli stati generali della sanità lombarda organizzati dal Partito democratico a Milano).
4. Rimangono alla fine le grandi cooperative del sociale, molto vicine a una parte della maggioranza di governo regionale, che già in Lombardia hanno occupato in modo pervasivo il socio-educativo. Vedremo.

Enpowerment del paziente. Un elemento indispensabile, che non può che essere il risultato di uno stretto rapporto continuativo col medico e soprattutto con l'infermiere (case manager). A rafforzare e riconfermare la nostra proposta.

Valutazione della qualità delle cure. Indispensabile. Va fatta di indicatori di esito veri, non solamente sulla customer satisfaction, e soprattutto non solo su indicatori di processo come indica (e non potrebbe fare diversamente) la delibera lombarda. Aggiungiamo che tutta la materia inerente la medicina proattiva (medicina di iniziativa) è soggetta a una importante revisione negli USA per quel che riguarda gli esiti. Molto c'è ancora da capire al proposito, e occorrerà impostare serie ricerche al riguardo anche da noi.


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