Aziende e regioni

Il centro di Neurogenetica di Lamezia a rischio stop

di Donata Marrazzo

«Abbiamo ricostruito un albero genealogico che, a partire dal 1600, racchiude oltre 34.000 soggetti sparsi nei secoli e per il mondo che fanno parte di una unica immensa famiglia. È in questa famiglia che si trasmette, senza risparmiare alcuna generazione, l'Alzheimer a esordio precoce, quello ereditario. Sono stati identificati almeno 147 malati e 21 trasmettitori obbligati che hanno presentato e presentano una stessa forma della malattia di Alzheimer e ovviamente una stessa causa. Il modo e la sequenzialità sono sempre uguali nel tempo e nello spazio. Chi è malato la trasmette alla metà dei figli. Non ha importanza essere nati a Boston e Parigi o a Lamezia. Non ha importanza essere vissuti prima o dopo la scoperta degli antibiotici. È un misterioso interruttore biologico che innesca la malattia. Ci sono voluti oltre 30 anni per risalire alle sue origini e 11 anni di studi affannosi di biologia molecolare per isolare il gene alterato».

La neurologa Amalia Cecilia Bruni, scienziata di fama mondiale, direttrice del centro regionale di Neurogenetica di Lamezia Terme, in provincia di Catanzaro, presidio d'eccellenza per lo studio delle demenze degenerative, che ha contribuito all'isolamento di uno dei geni responsabili della patologia (PS1), parte da lontano. Ma arriva subito al presente: i suoi studi, una summa scientifica incentrata in particolare sulla malattia di Alzheimer, rischiano di fermarsi. Il centro lametino, riconosciuto nel mondo come polo di riferimento per l'indagine su una malattia che solo in Italia colpisce 600mila persone e cresce con l'invecchiamento della popolazione, non ha fondi sufficienti per proseguire le attività. Ma va chiarito che i fondi necessari sono previsti da una legge regionale (n°9 dell'11.05.2007, per 500mila euro annui). Ma di fatto, dal 2010 il commissariamento della Sanità regionale ha progressivamente definanziato la struttura. Nonostante l'importanza degli studi condotti negli anni dalla Bruni e dai suoi collaboratori internazionali, mostri sacri della neurologia mondiale come Robert Feldman, Jean François Foncin, Ron Polinsky, Luigi Amaducci.

Calabrese la prima diagnosi di Alzheimer
Il risultato più sensazionale della neurogenetica calabrese è stato risalire alla prima diagnosi di Alzheimer, eseguita nel 1904, quindi due anni prima di quella descritta dallo psichiatra e neuropatologo tedesco Alois Alzheimer. Riguardava una donna di Nicastro (in provincia di Catanzaro), ricoverata nel manicomio di Girifalco, una struttura sanitaria che nei primi del ‘900, fu di riferimento per le malattie mentali nel Meridione. Dai suoi archivi sono state recuperate più di 16mila cartelle cliniche e digitalizzate 6mila con un progetto realizzato con l'Università della Calabria. Una di quelle cartelle era di Angela, nicastrese, che muore a 38 anni. «L'imponente descrizione clinica mi ha consentito una diagnosi a posteriori, era lei l'antenata dei pazienti viventi con quella particolare mutazione genetica», spiega Amalia Bruni. Altri casi, studiati successivamente a Boston nel'63 e a Parigi nel 72, poi a Torino, a Milano, saranno tutti riconducibili ad Angela. Attualmente sono in corso di valutazione i dati riferiti a ulteriori ricerche sulle forme genetiche, eseguite su soggetti a rischio dalla nascita.


Soluzioni contro la chiusura
La comunità scientifica internazionale segue con preoccupazione gli sviluppi della vicenda. «Il mio timore è che si voglia risolvere il problema trasformandoci unicamente in un centro di assistenza, costringendoci ad abbandonare la ricerca». Naturalmente un'ipotesi impraticabile per la studiosa. Che ha ricevuto qualche giorno fa l'assist da parte della Regione Calabria: il presidente Mario Oliverio, consapevole del valore straordinario delle attività svolte dal centro di Lamezia - «un patrimonio da custodire e da alimentare, il contributo fondamentale della nostra regione a una importante scoperta dell'umanità» - ha subito attivato il dipartimento. «Per il 2018 abbiamo stanziato 200mila euro e assegnato alla struttura, con il coinvolgimento della Asp di Catanzaro, un neurologo e tre unità supplementari – spiega il delegato alla Sanità Franco Pacenza – Intanto stiamo studiando una soluzione definitiva per trasformare il centro regionale di Neurogenetica in una gemmazione degli Irccs, istituti di ricovero e cura a carattere scientifico».


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