Aziende e regioni

Migrazione sanitaria da 4,6 miliardi. Fondazione Gimbe: alle autonomiste Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna l'88% degli attivi

di Barbara Gobbi

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24 Esclusivo per Sanità24

La migrazione sanitaria 2017 vale 4,6 miliardi di euro e presenta saldi estremamente variabili tra Nord e Sud del Paese, con le 3 Regioni capofila dell'autonomia differenziata - Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna - che incassano l'88% del saldo attivo, mentre il 77% di quello passivo grava su Puglia, Sicilia, Lazio, Calabria e Campania. A fare il punto è la Fondazione Gimbe, che si è basata sui dati economici della mobilità aggregati in crediti, debiti e relativi saldi. «In tempi di regionalismo differenziato - spiega il presidente Nino Cartabellotta - il nostro Report dimostra che anche se la bozza di Patto per la salute 2019-2021 prevede numerose misure per analizzare la mobilità sanitaria e migliorarne la governance, difficilmente la fuga in avanti delle tre Regioni potrà ridurre l'impatto di un fenomeno dalle enormi implicazioni sanitarie, sociali etiche ed economiche».
Le compensazioni finanziarie tra Regioni avvengono secondo regole e tempistiche definite da un'Intesa Stato-Regioni per rendicontare 7 flussi finanziari: ricoveri ospedalieri e day hospital (differenziati per pubblico e privato accreditato), medicina generale, specialistica ambulatoriale, farmaceutica, cure termali, somministrazione diretta di farmaci, trasporti con ambulanza ed elisoccorso. Il fenomeno nel suo complesso racchiude sfaccettature fisiologiche ma anche patologiche, imputabili alle liste d’attesa o alla scarsa qualità dell’assistenza nelle Regioni di partenza, da cui riesce a “fuggire” per curarsi solo chi può permetterselo. «La nostra indagine analizza – precisa Cartabellotta – esclusivamente i dati economici aggregati in attesa di ottenere il prospetto dei flussi integrali trasmessi dalle Regioni al ministero della Salute, che permetterebbero di analizzare la distribuzione delle tipologie di prestazioni erogate in mobilità, la differente capacità di attrazione del pubblico e del privato e la Regione di residenza dei cittadini si curano fuori casa».
La disponibilità di questi dati - si legge nel Rapporto Gimbe - consentirebbe infatti di conoscere, sia a livello nazionale che regionale:
- la distribuzione delle tipologie di prestazioni erogate in mobilità: ad esempio, è noto che
ricoveri ospedalieri e day hospital “pesano” per circa il 75% sul totale del valore della
mobilità e coinvolgono oltre 923.572 pazienti, ma questi dati vengono stimati
correlando i dati della mobilità con quelli del Rapporto sulle Schede di dimissione
ospedaliera, pubblicato annualmente dal Ministero della Salute;
- la differente capacità di attrazione di strutture pubbliche e private accreditate,
relativamente ai ricoveri ordinari e in day hospital;
- la Regione di residenza dei cittadini che usufruiscono di prestazioni in mobilità sanitaria
passiva, al fine di analizzare in maniera più dettagliata le dinamiche che regolano le varie
tipologie di mobilità regionale (di prossimità, di lunga distanza, fittizia, etc.).
Elementi fondamentali per scovare il “lato oscuro” della migrazione sanitaria e su cui non a caso indagherà il Patto per la salute in via di definizione tra governo e Regioni. Perché il fenomeno è la cartina di tornasole di un’Italia delle cure spaccata in due, dove troppo spesso si è costretti a spostarsi in assenza di alternative valide nella propria realtà.
La mobilità attiva. Sei Regioni vantano crediti superiori a 200 milioni di euro: in testa Lombardia (25,5%) ed Emilia Romagna (12,6%) che insieme contribuiscono ad oltre 1/3 della mobilità attiva. Un ulteriore 29,2% viene attratto da Veneto (8,6%), Lazio (7,8%), Toscana (7,5%) e Piemonte (5,2%). Il rimanente 32,7% della mobilità attiva si distribuisce nelle altre 15 Regioni, oltre che all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù (217,4 milioni di euro) e all’Associazione dei Cavalieri di Malta (39,7 milioni).
Mobilità passiva. Le 6 Regioni con maggiore indice di fuga generano debiti per oltre 300 milioni: in testa Lazio (13,2%) e Campania (10,3%) che insieme contribuiscono a circa 1/4 della mobilità passiva; un ulteriore 28,5% riguarda Lombardia (7,9%), Puglia (7,4%), Calabria (6,7%), Sicilia (6,5%). Il restante 48% si distribuisce nelle altre 15 Regioni. Le differenze Nord-Sud risultano più sfumate quando si guarda al passivo: gli indici di fuga, alti in quasi tutte le Regioni del Sud, sono rilevanti anche al Nord grazie alla facilità di spostamento dei cittadini. In Lombardia si arriva a -362,3 milioni di euro, in Piemonte a -284,9 milioni, in Emilia Romagna a -276 milioni, in Veneto a -256,6 milioni e in Toscana a -205,3 milioni.
Saldi. Le Regioni con saldo positivo superiore a 100 milioni di euro sono tutte del Nord, quelle con saldo negativo maggiore di 100 milioni tutte del Centro-Sud. In particolare: in Lombardia il saldo è pari a 784,1 milioni, in Emilia Romagna a 307,5 milioni, in Veneto a 143,1 milioni e in Toscana a 139,3 milioni. Saldo negativo rilevante per Puglia (-201,3 milioni di euro), Sicilia (-236,9 milioni), Lazio (-239,4 milioni), Calabria (-281,1 milioni), Campania (-318 milioni).
Il saldo pro capite di mobilità sanitaria. La classifica “aggiustata” per popolazione residente dimostra che al di là del valore economico, i saldi della mobilità sanitaria devono essere sempre interpretati in relazione alla popolazione residente. Applicando il pro capite si riducono nettamente le differenze tra le prime tre Regioni nel saldo pro-capite (Lombardia: 78 euro; Emilia Romagna: 69 euro; Molise: 65 euro); in secondo luogo, il Molise si piazza primo nella classifica per saldo pro-capite; infine, la Calabria, penultima per saldo prima della Campania, passa in ultima posizione con un saldo pro-capite negativo di 144 euro, circa 3 volte quello della Campania (55) e di poco inferiore alla somma del saldo pro-capite positivo di Lombardia ed Emilia Romagna (147 euro).


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