Aziende e regioni

Sanità digitale in cerca di fondi e di modelli «value-based». Focus al Digital Health Summit

di Barbara Gobbi

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24 Esclusivo per Sanità24

L’innovazione digitale salverà la sanità italiana alle prese con la sfida cronicità. A patto che arrivino finanziamenti dedicati e che sia applicata in un’ottica di valore, necessaria per coniugare contenimento dei costi e assistenza di qualità. Il monito arriva dall’"Osservatorio eHealthLab – La sanità italiana alla prova della Value Based Healthcare", analisi condotta da Netconsulting Cube. Lo studio, che sarà presentato al Digital Health Summit in programma a Milano da domani fino all’11 ottobre, fotografa lo scenario globale del sistema salute e le evoluzioni che lo attendono e contiene uno zoom sull’Italia. Dove il mercato della sanità digitale, che nel 2018 ammonta a 1,722 miliardi di euro (+4,2% sull’anno precedente), nel 2019 dovrebbe seguire lo stesso trend. Una crescita che però non "sfonda": cartina di tornasole è la quota di spesa in innovazione nel 2018, pari a poco più di 28 euro sui 2.500 euro di spesa sanitaria complessiva pro capite. Il mercato altamente frammentato e i processi di centralizzazione ancora al ralenti in molte Regioni non aiutano. E mentre la macchina operativa concentra fino all’80% delle risorse, la «progettualità negli ambiti innovativi, propedeutici a una sanità orientata al valore che sfrutti appieno le potenzialità offerte dal digitale» è ancora bassa. La ricetta? Spendere meglio e generare risparmi sull’attività corrente, certo, ma anche reperire finanziamenti in più riservati solo alla digitalizzazione. E potenziare le prime applicazioni di Value Based Healthcare, «realizzando un coordinamento tra le esperienze in corso – spiega L’Ad di Netconsulting Cube, Annamaria di Ruscio – per produrre una visione che metta sempre al centro di ogni progetto la misurabilità del suo valore per il singolo e per la collettività».
Laboratorio cronicità. Terreno cruciale di applicazione, spiegano ancora dall’Osservatorio eHealthLab, è la gestione della cronicità: destinata ad aumentare parallelamente all’invecchiamento della popolazione tanto che nel 2020 si stima che le malattie croniche rappresenteranno l’80% di tutte le patologie nel mondo. Un’emergenza che molto incide sulla spesa sanitaria globale, il cui tasso medio annuo galoppa secondo uno studio Deloitte a +5,4%. E in un quadro in cui l’assistenza domiciliare integrata si profila come frontiera per alleggerire il carico sugli ospedali e curare in modo ottimale il paziente, digitalizzare la sanità significa introdurre una leva di semplificazione e miglioramento dei servizi offerti ai pazienti in una logica di continuità.
In Italia gli strumenti non mancano: è del 2016 il Piano nazionale cronicità, dedicato potenzialmente a un bacino di 24 milioni di persone. Mette in pista la gestione integrata degli interventi e la sanità digitale come driver fondamentale per la presa in carico del paziente. Le Regioni sono in marcia: secondo la survey realizzata da NetConsulting Group tra i responsabili dei sistemi informativi in sanità, il 52% del campione dichiara che la propria Regione ha attuato o prevede di farlo una riforma del proprio modello sanitario. E in coerenza con il Piano cronicità il 75% del campione dichiara che la Regione sta costruendo un modello di chronic care, mentre secondo il 56% degli intervistati si starebbe implementando un sistema di Population Health management, che significa l’analisi e la suddivisione della popolazione per condizioni di salute, così da tarare meglio gli interventi e misurarli. In un’ottica, appunto, di valore e appropriata remunerazione della qualità.


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