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Coronavirus: così la pandemia ha riscritto i confini dei reparti oncologici

di Alessandra Ferretti

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24 Esclusivo per Sanità24

Dalla segnalazione del primo caso italiano di infezione da SARS-CoV-2 il 21 febbraio 2020 a Codogno (Lodi), è iniziata una diffusione in Europa che ha reso l'Italia il principale focolaio di questo continente. L'infezione si è diffusa in tutto il mondo , tanto che l'OMS ne ha dichiarato prima lo stato di "emergenza di interesse internazionale", poi quello di "pandemia".
In Italia il primo Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri il 23 febbraio 2020 istituì una "Red Zone" in Lombardia e Veneto e un secondo Decreto l'8 marzo la estendeva a tutta Italia.
Gli ospedali italiani si sono trovati ad affrontare un'emergenza senza precedenti , con drastici cambiamenti nell'organizzazione e inevitabili ricadute sui singoli reparti oncologici .
I pazienti oncologici presentano una maggiore fragilità e potrebbero correre un rischio più elevato di contrarre l'infezione da SARS-CoV-2 rispetto agli individui senza cancro. Inoltre, in caso di contagio, potrebbero andare incontro a prognosi più severa. I primi studi in proposito sono stati quelli relativi alla popolazione cinese, differente tuttavia da quella occidentale per epidemiologia e caratteristiche cliniche . Dopo l'esperienza di Wuhan (a rischio maggiore sarebbero i pazienti oltre i 60 anni, i fumatori e coloro che sono affetti da NSCLC) , per i malati di cancro si auspicavano una riduzione delle visite in ospedale e protocolli di isolamento .

Qui riportiamo i provvedimenti e le modalità organizzative in sette strutture ospedaliere e Oncologie italiane e le misure attuate per fronteggiare l'emergenza .
La scelta obbligata dell'Humanitas Gavazzeni di Bergamo, area tra le più colpite dove in 72 ore 6 degenze su 7 sono diventate Covid positive, è stata di rendere l'ospedale un unico reparto di infettivologia con 260 letti. Come spiega Giordano Beretta, direttore dell'Unità Operativa di Oncologia Medica all'ospedale Humanitas Gavazzeni di Bergamo e Presidente dell'Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), "tutte le sale operatorie sono state impiegate per ampliare la terapia intensiva e una delle degenze è stata riconvertita a subintensiva. Sono rimasti attivi il day service oncologico, la dialisi e il pronto soccorso. Ogni giorno un gruppo di medici telefonava ai parenti dei 260 degenti per informarli sulle condizioni del congiunto".
Ove possibile, i trattamenti differibili sono stati rinviati e quelli endovenosi sostituiti da quelli orali. Le prime visite sono state ridotte per l'attuale assenza di una chirurgia oncologica, analogamente alle visite di rivalutazione. I pazienti in urgenza sono stati valutati e dirottati verso altri ospedali. All'ingresso dell'ospedale stati organizzati 4 container per il triage, di cui uno per l'attesa dei parenti e uno dedicato alla sosta delle salme.

La strategia del Dipartimento di Oncologia dell'IRCCS - Fondazione Istituto Tumori di Milano è stata improntata a "svuotare l'ospedale" il più possibile. Spiega Filippo De Braud, direttore del Dipartimento di Oncoematologia medica alla Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori di Milano e ordinario di Oncologia Medica all'Università degli Studi di Milano: "Un reparto creato ad hoc "per la gestione dei sospetti" con 4 letti (espandibili a 10) e un rianimatore accoglieva i pazienti in emergenza clinica sintomatici per prelievo ematico, TC torace, eventuale tampone. Quest'ultimo veniva richiesto sempre sia a pazienti riferiti da altri ospedali, sia ai malati candidati a primo ciclo di terapia".
Durante l'emergenza è stato assunto un provvedimento per la consegna dei farmaci direttamente a casa dei residenti in regione da parte del servizio ospedaliero o riferiti alle farmacie degli ospedali più vicini se extra-regione.
"Dall'inizio dell'epidemia – aggiunge De Braud - abbiamo partecipato ad una riunione quotidiana tra direzione generale, sanitaria, medica e scientifica e capi dipartimento".
È iniziata da poco una sperimentazione clinica che sottopone gli operatori sanitari a prelievo ematico, dosaggio delle immunoglobuline e tampone.

Motivata anche dal fatto che ricovera anche pazienti sottoposti a trapianto per patologie oncologiche, l'Unità Operativa di Oncologia dell'IRCCS - Policlinico San Matteo di Pavia ha ritenuto ulteriormente necessario mantenere la degenza "Covid free". Pertanto anche la degenza ed il day service oncologico sono stati trasferiti in un'area "protetta" dell'ospedale.
"Abbiamo messo in atto – sottolinea Paolo Pedrazzoli, direttore della Struttura Complessa di Oncologia Fondazione IRCCS Policlinico S. Matteo di Pavia e professore associato al Dipartimento di Medicina Interna e Terapia Medica dell'Università degli Studi di Pavia - procedure di protezione per i pazienti oncologici: filtro all'ingresso dei reparti, riduzione del numero accessi rimandando visite e terapie procrastinabili, effettuazione esami ematici e strumentali con percorsi protetti. Il concetto di riduzione del numero di accessi del paziente in ospedale, in tempo di Covid-19 dettato dalla necessità, verrà valutato anche per i tempi di non-crisi".

Come unico IRCCS della Regione Veneto, l'Unità Operativa di Oncologia Medica dell'Istituto Oncologico Veneto (IOV) di Padova si è resa disponibile per accogliere i pazienti oncologici sia alla diagnosi che per proseguo di terapia nel caso in cui altri centri non riuscissero a garantire l'assistenza. Considerato "Covid-free" grazie anche alla struttura indipendente dall'ospedale, lo IOV ha potenziato l'utilizzo della mail per le comunicazioni medico-paziente, ha favorito riunioni in videochiamata del gruppo multidisciplinare e ha definito una fascia oraria per i parenti dei pazienti ricoverati non autonomi.
Come riferisce Vittorina Zagonel, direttore del Dipartimento di Oncologia e dell'Unità Operativa Complessa di Oncologia Medica 1 e 3 e di Oncoematologia all'Istituto Oncologico Veneto IOV IRCCS di Padova, "abbiamo sottoposto a tampone i pazienti in terapia con sintomi sospetti, i pazienti sottoposti a regimi di trattamento intensivi onco-ematologici e i pazienti con ricovero in degenza. Il divieto di accesso per i familiari ha rafforzato ulteriormente la comunicazione ed il rapporto medico-paziente e medico-infermiere".

L'Unità Operativa Provinciale di Oncologia Medica dell'Ausl IRCCS di Reggio Emilia, in linea con le indicazioni della Regione Emilia Romagna, ha garantito la sicurezza e la continuità delle terapie per i pazienti oncologici. L'accesso a familiari e accompagnatori, sia in day service che in degenza, non era permesso tranne che per specifiche e selezionate deroghe. È stata implementata e favorita l'informazione e la comunicazione con i familiari per via telefonica con il medico di riferimento e le visite in follow up sono state procastinate telefonicamente. Sono stati previsti tre percorsi organizzativi: per i pazienti che accedevano perché dovevano essere sottoposti a terapia antineoplastica, per i pazienti in trattamento antineoplastico con tossicità o sintomi, per le prime visite e visite urgenti. Tutti i percorsi sono completamente isolati e separati dal "percorso Covid".
Carmine Pinto, direttore della Struttura Complessa di Oncologia medica dell'Ausl IRCCS di Reggio Emilia e presidente della Federation of Italian Cooperative Oncology Groups (FICOG) spiega: "I gruppi multidisciplinari e le riunioni dei PDTA hanno proseguito la loro attività con il numero minimo essenziale dei professionisti interessati e preferibilmente in videoconferenza. È stata garantita la continuità per pazienti arruolati in studi sperimentali, sia per la gestione dei farmaci sperimentali che di eventuali tossicità, con un'attività dalle data manager con turni in parte in sede in parte in smart working".

È appena partito uno studio osservazionale retrospettivo dell'Area Vasta Emilia Nord (AVEN), che coinvolge le strutture ospedaliere di Piacenza, Parma, Reggio Emilia e Modena per valutare le caratteristiche dei pazienti oncologici ricoverati per sintomi da SARS-CoV-2.

Il Policlinico Universitario – IRCCS Fondazione Gemelli di Roma ha definito due distinti percorsi, "Covid free" e "Covid" e trasformato il Complesso integrato Columbus in presidio Covid. Benché anche all'interno del Policlinico fosse presente un reparto Covid, i sanitari dell'Oncologia non vi hanno mai prestato servizio.
Come illustra Giampaolo Tortora, direttore del Comprehensive Cancer Center della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS di Roma e professore ordinario di Oncologia medica all'Università Cattolica di Roma, "l'Unità Operativa di Oncologia ha definito indirizzi e-mail specifici per permettere ai pazienti di comunicare direttamente con gli ambulatori oncologici ed è stata attivata un'App per consulenze in telemedicina. Istituito da qualche mese, lo "Sportello cancro" ha affidato direttamente il singolo caso al gruppo interdisciplinare di competenza di patologia e ai sanitari specialisti".
È partito da poco uno studio retrospettivo per valutare l'andamento clinico e le caratteristiche clinico-patologiche e terapeutiche dell'infezione da Covid-19 nei pazienti con tumori solidi.
Al Dipartimento di Ricerca dell'Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione Pascale di Napoli si è scelto, da un lato, di continuare a garantire l'assistenza ai pazienti e, dall'altro, di ridurre in parte l'attività di laboratorio con una turnazione del personale che al 50% lavora al banco e al 50% in smart working.
"L'assistenza – precisa Nicola Normanno, direttore del Dipartimento di Ricerca Traslazionale dell'Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione Pascale di Napoli e presidente della Società Italiana di Cancerologia (SIC) - è proseguita con accorgimenti allo scopo di far entrare meno persone possibile: accessi controllati con triage (misurazione della temperatura e somministrazione di un questionario per valutare il livello di rischio) e accompagnatori ammessi solo per pazienti non autonomi. Gli operatori sanitari sono stati sottoposti tutti quanti a indagini sierologiche. L'attività di ricerca è proseguita, ma l'attività sperimentale ha dovuto fare i conti anche con le problematiche di spedizione di campioni e reagenti. I ricercatori hanno proposto progetti di ricerca sul Covid-19 tra cui il sequenziamento del virus, per capire perché la sua virulenza fosse così elevata".

Gli ospedali italiani hanno governato l'epidemia Sars-CoV-2 con le risorse che avevano a disposizione e sono riusciti nell'impresa più ardua: fronteggiare l'emergenza garantendo la continuità delle cure ai malati cronici e/o acuti. In questo caso il bisogno è diventato "opportunità" e ha permesso di (ri-)scoprire strumenti come la telemedicina, sistemi di snellimento in un'ottica di ottimizzazione e pratiche di riallocazione delle risorse.
Allo stesso tempo, però, l'emergenza ha fatto emergere anche diverse criticità che riguardano il nostro sistema sanitario nel suo complesso e che dovranno essere affrontate nella "fase 3". Tra queste, una certa debolezza del territorio, la separazione tra modello sociale e biologico della malattia, mancanza di una progettualità centralizzata, investimenti ancora troppo deboli in sanità e ricerca.

Ecco le misure comuni attuate dai Dipartimenti di Oncologia Medica:

- Triage all'ingresso dell'ospedale (misurazione temperatura con termometri digitali a infrarossi)

- Consegna di mascherine ai pazienti

- Triage all'ingresso del reparto

- Divieto accesso visitatori

- Posticipo follow up

- Percorso Covid/non-Covid

- Degenza Covid-free

- Presidi protezione individuale per operatori sanitari

- Contatti telefonici, teleconferenze, smart working

- Prosecuzione studi clinici


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