Aziende e regioni

Ticket, nel 2019 valgono 3 miliardi ma il 38% va in farmaci di marca

di Fondazione Gimbe

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24 Esclusivo per Sanità24

Tutte le Regioni prevedono sistemi di compartecipazione alla spesa sanitaria, con un livello di autonomia che negli anni ha generato una giungla inestricabile di differenze relative alle prestazioni su cui vengono applicati (farmaci, prestazioni specialistiche, pronto soccorso, etc.), agli importi da corrispondere, alle regole per le esenzioni. Integrando i dati del Rapporto 2020 sul coordinamento della finanza pubblica della Corte dei Conti con quelli del Monitoraggio Aifa della spesa farmaceutica 2019, l’ultimo report dell’Osservatorio Gimbe analizza in dettaglio composizione e differenze regionali della compartecipazione alla spesa sanitaria che nel 2019 sfiora i 3 miliardi di euro.
«Nata per moderare i consumi – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione Gimbe – la compartecipazione dei cittadini alla spesa sanitaria ha finito per costituire un rilevante capitolo di entrata per le Regioni in un’epoca caratterizzata da un definanziamento della sanità pubblica senza precedenti». Nel 2019 le Regioni hanno incassato per i ticket 2.935,8 milioni (€ 48,6 pro-capite), di cui € 1.581,8 milioni (€ 26,2 pro-capite) per farmaci e € 1.354 milioni (€ 22,4 pro-capite) per prestazioni specialistiche, incluse quelle di pronto soccorso (figura).
«Nel periodo 2014-2019 – spiega Cartabellotta – l’entità complessiva della compartecipazione alla spesa sanitaria si è mantenuta relativamente stabile, ma abbiamo assistito ad una sua progressiva ricomposizione. Infatti, rispetto al 2014, quando gli importi dei ticket per farmaci e prestazioni specialistiche erano sovrapponibili, nel 2019 quelli per le prestazioni si sono ridotti del 6,5% mentre sono aumentati quelli per i farmaci (+10,1%)».
Nel 2019, rispetto all’anno precedente, i ticket sono diminuiti di 32,2 milioni (-1,1%), di cui 5 milioni (-0,4%) per le prestazioni specialistiche e 27,2 milioni (-1,7%) per i farmaci. Dall’analisi emergono notevoli differenze regionali relative sia all’importo totale della compartecipazione alla spesa, sia alla ripartizione tra farmaci e prestazioni specialistiche: in particolare, se il range della quota pro capite totale per i ticket oscilla da 33,5 in Sardegna a 90,8 in Valle d’Aosta, per i farmaci l’importo varia da 15,3 in Piemonte a 36,4 in Campania, mentre per le prestazioni specialistiche si va da 8,5 euro in Sicilia a 65,3 in Valle d’Aosta.
«Un dato di estremo interesse – precisa Cartabellotta – emerge dallo “spacchettamento” dei ticket sui farmaci, che include la quota fissa per ricetta e la quota differenziale sul prezzo di riferimento pagata dai cittadini che preferiscono il farmaco di marca al medicinale equivalente». Nel 2019 dei 1.581,8 milioni sborsati per il ticket sui farmaci, solo il 29% è relativo alla quota fissa per ricetta (459,3 milioni pari a 7,6 euro pro capite), mentre la quota differenziale sborsata per i farmaci “griffati” ammonta a 1.122,5 milioni (€ 18,6 pro-capite). Complessivamente, nel periodo 2013-2019 la quota fissa sulle ricette si è ridotta del 17,7% (-98,7 milioni), mentre è aumentata del 27,8% la quota prezzo di riferimento per la scelta dei farmaci di marca (+ 244,5 milioni). Un comportamento che penalizza l’Italia nel confronto internazionale: su 26 paesi l’Ocse ci colloca al penultimo posto per valore e al terzultimo per volume di farmaci equivalenti.
«Spicca – rileva il Presidente – l’ostinata e ingiustificata resistenza ai farmaci equivalenti in tutte le Regioni del Centro-Sud che registrano una spesa per i farmaci di marca più elevata della media nazionale». In particolare: Lazio (24,9), Calabria (24,7), Sicilia (23,9), Campania (23,3), Basilicata e Molise (22,5), Puglia (22), Abruzzo (21,5), Umbria (20,8) e Marche (20,3).
«Il nostro report indipendente – commenta il Presidente – conferma notevoli eterogeneità regionali che richiedono azioni differenziate. In particolare, se le risorse allocate per il superamento del superticket determineranno una progressiva riduzione della compartecipazione per le prestazioni specialistiche, mancano azioni concrete per promuovere l’utilizzo dei farmaci equivalenti, in particolare nelle Regioni del Centro-Sud». In altri termini, a fronte di un investimento di 554 milioni/anno di risorse pubbliche per favorire l’accesso alle prestazioni specialistiche, stride l’esborso per i farmaci brand da parte dei cittadini di oltre 1.120 milioni, il 38,2% della compartecipazione alla spesa sanitaria e il 71% di quella per i farmaci.
«Rispetto all’equità di accesso alle cure – conclude Cartabellotta – auspichiamo che venga presto attuata una delle più grandi incompiute politiche degli ultimi anni, già prevista dal Patto per la Salute 2019-2021: ovvero uniformare a livello nazionale regole per le esenzioni e criteri per la compartecipazione alla spesa sanitaria».


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