Aziende e regioni

Acquistare valore in sanità: serve più formazione manageriale

di Veronica Vecchi *, Niccolò Cusumano **, Manuela Brusoni ***

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24 Esclusivo per Sanità24

Il 10 gennaio è stato presentato dal ministro Renato Brunetta il "Piano strategico per la valorizzazione e lo sviluppo del capitale umano della Pubblica Amministrazione". Piano che si rivolge, nelle parole del ministro, a tutti i 3,2 milioni di dipendenti pubblici, sanità compresa. Il piano si inserisce in un percorso il cui inizio è sancito dal Patto per l’Innovazione del Lavoro Pubblico e la Coesione Sociale, siglato a marzo 2021, dove si riconosce la necessità di un investimento massiccio per la valorizzazione e professionalizzazione del personale pubblico, necessario per affrontare i profondi cambiamenti tecnologici e organizzativi che attraversano la Pa e, in particolare, l’Ssn e che, dopo anni di promesse e annunci, anche sotto la spinta della pandemia, sono state poste al centro del Pnrr. Digitalizzazione delle cure, big data e intelligenza artificiale, assistenza territoriale, medicina di genere, approccio one-health, sono tutti temi che richiederanno nei prossimi anni il re-skilling e up-skilling del personale del Ssn.
Il punto di partenza è tutt’altro che roseo. Le spese in formazione dell’Ssn, così come fotografate dal sistema Siope di Ragioneria Generale dello Stato, hanno raggiunto valori minimi: 0,10% della spesa del personale, 57 euro a lavoratore l’anno (figura 1). La pandemia ha sicuramente contribuito a “deprimere” l’impegno in formazione, essendo le persone impegnate a gestire l’emergenza, ma già nel 2019 il livello di spesa aveva toccato un minimo. Le poche risorse vengono destinate, spesso alla formazione del personale sanitario, mettendo in secondo piano quello tecnico-amministrativo, già penalizzato da un blocco del turnover più stringente, che ne ha fatto lievitare l’anzianità media.
Eppure, anche il personale amministrativo è fondamentale per il funzionamento aziendale e l’erogazione delle prestazioni sanitarie e deve essere in grado di confrontarsi in modo paritetico con i professionisti, specie in quei processi trasversali ad alta rilevanza strategica come approvvigionamenti e investimenti.
Queste funzioni vedono oggi coinvolti provveditorato, economato, ingegneria clinica, IT, ufficio tecnico, farmacia, controllo di gestione, oltre che ovviamente la direzione medica. Già da questo elenco è facile comprendere la complessità della gestione dei processi di acquisto. Questa complessità di relazioni, quando non adeguatamente compresa, riduce il processo di acquisto a una mera azione di compliance normativa. Da questa prospettiva spesso si ritiene che il buon esito di un acquisto coincida e dipenda da un’applicazione scrupolosa della norma, portando, quindi, a privilegiare competenze di tipo giuridico sia in fase di selezione delle persone, sia nella scelta delle attività formative. Tale visione non consente di cogliere, invece, le opportunità di miglioramento dei servizi pubblici che un approccio strategico dell’attività di acquisto può veicolare. Approccio che necessita di forti competenze di tipo manageriale, su cui ora, per attivare appieno i processi di cambiamento previsti dal Pnrr, è più che mai necessario investire.
Infatti, non si crea valore con la procedura di gara in sé, che è semplicemente uno degli elementi del processo d’acquisto, le cui fasi più importanti sono, senza dubbio, quella a monte - la programmazione, e quella a valle - la gestione e monitoraggio del contratto. Il procurement è una funzione complessa che si concretizza in un flusso di azioni che si dipanano su più livelli istituzionali e tra pubblico e privato. Questo flusso di management prevede nodi decisionali e livelli di responsabilità che afferiscono ad attori diversi che in molti casi sono difficili da demarcare in modo netto. Un acquisto di valore richiede dunque la co-responsabilizzazione di questi attori lungo un intero processo, che se replicato e scalato consente effettivamente di far evolvere il procurement verso una funzione strategica capace di generare valore per il Ssn.
Per fare questo è necessario investire in competenze manageriali, oltre che tecniche (siano esse cliniche, giuridiche, informatiche o ingegneristiche). Al di là del dato numerico sulle risorse da destinare alla formazione, parlare di competenze significa in primo luogo riconoscere le caratteristiche distintive delle aziende sanitarie. Le competenze del buyer pubblico in sanità, ad esempio, non possono essere "banalizzate" con riferimento a generiche capacità di project management, ma identificate e riconosciute nelle diverse fasi del ciclo degli acquisti e nei vari livelli organizzativi/istituzionali (dipartimento, azienda, centrale di committenza, regione). Da una ricerca sulle competenze dei buyer condotta nel 2021 dall’Osservatorio Masan sui contratti e gli acquisti in sanità di Sda Bocconi e Fare, l’associazione nazionale dei provveditori economi, articolata in 46 domande a cui hanno risposto 170 persone, emergono delle difficoltà soprattutto nelle competenze di management legate alla gestione dei processi/progetti e di esecuzione/logistica dei contratti. Scendendo più nel dettaglio i rispondenti percepiscono una scarsa capacità nella gestione e utilizzo di strumenti contrattuali avanzati, di tipo PPP, nell’inclusione di clausole sociali/ambientali nelle procedure selettive, nella definizione di sistemi di monitoraggio del fornitore, di project management e di gestione degli stakeholder (figura 2).
La necessità di un confronto continuo con un mercato in evoluzione (oggi meno “sbilanciato” grazie a un processo di centralizzazione che, al di là della sommatoria degli acquisti, ha consentito una graduale centralizzazione delle competenze) richiede competenze non fungibili e non statiche, che impongono un aggiornamento continuo e una ricognizione sui due fronti: l’evoluzione del mercato dei fornitori e delle soluzioni e, insieme, l’evoluzione dei bisogni di salute.
Il Pnrr rappresenta una grande opportunità per investire in queste competenze e al contempo una palestra per allenarle. L’auspicio è che chi è chiamato ad acquistare formazione lo faccia con consapevolezza, avendo in mente la straordinaria opportunità di riqualificare una funzione strategica che per troppo tempo è stata declassata a mera funzione operativa. Consapevolezza che significa anche far leva sui soggetti che per loro natura sanno costruire ed erogare programmi di formazione. Troppo spesso, infatti, stiamo assistendo in questi mesi al coinvolgimento in iniziative di formazione per la PA chi non ha né le competenze né l’esperienza per farlo. Fare formazione non è un mestiere che si improvvisa.

* Professore e Direttore scientifico Osservatorio Masan, Sda Bocconi
** Professore e Direttore Programma di Perfezionamento Masan, Sda Bocconi
*** Professore e Direttore degli Accreditamenti, Sda Bocconi


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