Aziende e regioni

Ricetta Gimbe per riportare la Sanità pubblica al centro dell'agenda politica

di Barbara Gobbi

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24 Esclusivo per Sanità24

Fine della stagione dei tagli al Servizio sanitario nazionale con un rilancio consistente e stabile del finanziamento pubblico della sanità, da allineare alla media dei Paesi Ue. Superamento delle criticità che ostacolano la Piena attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, a cominciare dalle differenze regionali, dalla carenza di personale e dai gap su fattori strategici come l’implementazione delle tecnologie digitali. Garanzia di Livelli essenziali di assistenza da rendere uniformi ed esigibili, e costantemente monitorati e aggiornati, su tutto il territorio nazionale. Sono queste le principali tematiche, accanto a un regionalismo differenziato da "maneggiare con cura", su cui il nuovo esecutivo di centro destra dovrà confrontarsi se davvero vorrà salvare il "paziente cronico Ssn". A tracciare la rotta è la Fondazione Gimbe, nel 5° Rapporto sul Servizio sanitario nazionale,presentato a Roma dopo uno stop di due anni imposto dall’emergenza pandemica, subito prima dell’insediamento, il 13 ottobre, dei rinnovati Camera e Senato e a una manciata di giorni dalla formazione del Governo. «All’alba della nuova Legislatura – spiega il presidente Nino Cartabellotta – la Fondazione Gimbe ribadisce con fermezza l’urgente necessità di rimettere la sanità al centro dall’agenda politica, perché il diritto costituzionale alla tutela della salute non può essere ostaggio dell’avvicendamento dei Governi. In una fase di grave crisi internazionale, che impone alla politica sfide estremamente ardue, occorre tenere i riflettori accesi sul rischio concreto di perdere, lentamente ma inesorabilmente, un modello di servizio sanitario pubblico, equo e universalistico, conquista sociale irrinunciabile per l’eguaglianza e la dignità di tutte le persone; e, senza una chiara visione sul futuro della sanità pubblica, di mancare la straordinaria opportunità offerta dal Pnrr per rilanciare il Ssn». Pnrr che è "un prezioso organo da trapiantare in un paziente cronico con malattie multiple". Quindi si tratterebbe di rispondere a una "ultima chiamata" per salvarlo, quel paziente costituzionalmente garantito. «Al fine di centrare i due obiettivi chiave della Missione 6 – spiega quindi Cartabellotta – ovvero ridurre le diseguaglianze regionali e ottenere il massimo ritorno di salute dalle risorse investite, è necessario predisporre le adeguate contromisure per fronteggiare le criticità che ostacolano l’attuazione del Pnrr». Criticità di implementazione che riguardano vari ambiti: differenze regionali (modelli organizzativi e performance dell’assistenza territoriale, attuazione del fascicolo sanitario elettronico), carenza di personale, eterogeneità delle modalità contrattuali vigenti sul territorio, scarsa attitudine alla collaborazione inter-professionale, offerta del privato accreditato, analfabetismo digitale di professionisti sanitari e cittadini, tempi di attuazione della legge delega sugli appalti pubblici, carico amministrativo di Regioni e aziende sanitarie, aumento dei costi delle materie prime e, soprattutto, dell’energia.
«Considerato che dal programma della coalizione di centro-destra, dove convivono anime nazionaliste e spinte regionaliste, emergono solo proposte frammentate senza alcun piano di rilancio del Ssn – precisa Cartabellotta – il Rapporto si concentra sulle tematiche politiche il cui indirizzo è fondamentale per determinare il destino del Ssn».
Il tema risorse
. Dopo il massiccio drenaggio di risorse dalla sanità pubblica per 37 miliardi nel decennio 2010-2019 certificato dalla Fondazione, i tre anni di pandemia hanno portato un aumento di risorse senza precedenti: 11,2 miliardi in più dal 2020 a oggi (da 113,81 miliardi ai 124,96 mld del 2022), di cui 5,3 mld assegnati con decreti Covid. Ma se l’emergenza sanitaria ha imposto una massiccia iniezione di finanze al Ssn, dall’altra parte ha comportato, rilevano da Gimbe, anche una serie di effetti a lungo termine che moltiplicheranno le spese: tra allungamento delle liste d’attesa, nuove e pressanti criticità come il long Covid e le problematiche di salute mentale, e soprattutto l’ulteriore indebolimento del personale sanitario, il cui nodo «è entrato nella sua fase più critica che richiede soluzioni straordinarie in tempi brevi», afferma Cartabellotta. Ma c’è di più: a guardare le previsioni contenute nel Def e nella Nadef di fine settembre, secondo l’analisi della Fondazione appare chiaro che "il netto rilancio del finanziamento pubblico è stato imposto dall’emergenza pandemica e non dalla volontà politica di rafforzare in maniera strutturale il Ssn". Nel triennio 2023-2025 infatti Def e Nadef 2022 prevedono una riduzione della spesa sanitaria media dell’1,13% per anno e un rapporto spesa sanitaria/Pil che nel 2025 tocca il minimo, anche pre pandemico, del 6,1%. Il confronto internazionale è la cartina di tornasole del mancato investimento italiano sulla sanità pubblica: nel 2021 se la spesa sanitaria totale in Italia è quasi allineata alla media Ocse come percentuale sul Pil (9,5% vs 9,6%), la spesa pro capite arriva “solo” a 4.038 dollari a fronte dei 4.435 $ Ocse, mentre a guardare la spesa pubblica, sempre pro capite, scendiamo a 3.052 $ rispetto a una media Ocse di 3.488 dollari. In Europa siamo al 16° posto: la Repubblica Ceca è subito sopra con 285$ pro capite in più e la Germania prima (in Ue) con 3.299 più di noi per persona. Ed è «impietoso - rileva ancora Cartabellotta – il confronto con i Paesi del G7 sulla spesa pubblica: dal 2008 siamo fanalino di coda con gap sempre più ampi e oggi divenuti incolmabili».
I Livelli essenziali di assistenza. Il Rapporto affronta le criticità relative ad aggiornamento, esigibilità e monitoraggio dei Lea. Innanzitutto – sottolineano da Gimbe - non si è mai concretizzato il loro aggiornamento continuo per mantenere allineate le prestazioni all’evoluzione delle conoscenze scientifiche; in secondo luogo, le nuove prestazioni di specialistica ambulatoriale e protesica non sono esigibili su tutto il territorio nazionale per la mancata approvazione del Decreto Tariffe, espunto da ultimo fine settembre dal calendario della Stato-Regioni. Infine il Nuovo Sistema di Garanzia entrato in vigore a gennaio 2020, "non è affatto uno specchio fedele per valutare la qualità dell’assistenza". «A quasi sei anni dal Dpcm che ha istituito i nuovi Lea – precisa Cartabellotta – le diseguaglianze regionali, in termini di esigibilità di prestazioni e servizi a carico del Ssn, non dipendono solo dalle capacità di erogazione delle Regioni, ma affondano nell’impianto istituzionale di aggiornamento e verifica dei Lea. Un impianto che richiede una profonda revisione di responsabilità, metodi e strumenti, perché l’esigibilità di servizi e prestazioni sanitarie in tutto il territorio nazionale non rimanga solo sulla carta».
Il regionalismo differenziato. Il Rapporto analizza in dettaglio le maggiori autonomie richieste in sanità da Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto. Se alcune oggi rappresenterebbero uno strumento per fronteggiare la grave carenza di personale sanitario da estendere in tutto il Paese, altre "rischiano di sovvertire totalmente gli strumenti di governance nazionale", altre ancora risultano francamente "eversive". «La Fondazione Gimbe invita il nuovo Esecutivo a maneggiare con cura il regionalismo differenziato in sanità – puntualizza Cartabellotta – perché l’attuazione tout court delle maggiori autonomie richieste non potrà che esasperare le diseguaglianze regionali, ampliando il divario tra Nord e Sud del Paese».
Le proposte:
Se da un lato non esiste un piano occulto di smantellamento e privatizzazione del Ssn, è la tesi di Gimbe, dall’altro manca un esplicito programma politico per il suo salvataggio. Per orientare le decisioni politiche nella nuova Legislatura, il Rapporto contiene «un piano – spiega Cartabellotta – finalizzato non a una manutenzione ordinaria per una stentata sopravvivenza del Ssn, ma all’attuazione di riforme e innovazioni di rottura per il rilancio definitivo di un pilastro fondante della nostra democrazia».
- LA SALUTE IN TUTTE LE POLITICHE. Mettere la salute al centro di tutte le decisioni politiche non solo sanitarie, ma anche ambientali, industriali, sociali, economiche e fiscali (health in all).
- APPROCCIO ONE HEALTH. Attuare un approccio integrato alla gestione della salute, perché la salute dell’uomo, degli animali, delle piante e dell’ambiente, ecosistemi inclusi, sono strettamente interdipendenti.
- GOVERNANCE STATO-REGIONI. Rafforzare le capacità di indirizzo e verifica dello Stato sulle Regioni, nel rispetto delle loro autonomie, per ridurre diseguaglianze, iniquità e sprechi.
- FINANZIAMENTO PUBBLICO. Rilanciare il finanziamento pubblico per la sanità in maniera consistente e stabile, al fine di allinearlo alla media dei paesi europei.
- LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA. Garantire l’uniforme esigibilità dei Lea in tutto il territorio nazionale, il loro aggiornamento continuo e rigoroso monitoraggio, al fine di ridurre le diseguaglianze e rendere rapidamente accessibili le innovazioni.
- PROGRAMMAZIONE, ORGANIZZAZIONE E INTEGRAZIONE DEI SERVIZI SANITARI E SOCIO-SANITARI. Programmare l’offerta di servizi sanitari in relazione ai bisogni di salute della popolazione e renderla disponibile tramite reti integrate che condividono percorsi assistenziali, tecnologie e risorse umane, al fine di superare la dicotomia ospedale-territorio e quella tra assistenza sanitaria e sociale.
-PERSONALE SANITARIO. Rilanciare le politiche sul capitale umano in sanità: investire sul personale sanitario, programmare adeguatamente il fabbisogno di medici, specialisti e altri professionisti sanitari, riformare i processi di formazione e valutazione delle competenze, al fine di valorizzare e motivare la colonna portante del Ssn.
- SPRECHI E INEFFICIENZE. Ridurre gli sprechi e le inefficienze che si annidano a livello politico, organizzativo e professionale, al fine di reinvestire le risorse recuperate in servizi essenziali e vere innovazioni, aumentando il value della spesa sanitaria.
- RAPPORTO PUBBLICO-PRIVATO. Disciplinare l’integrazione pubblico-privato secondo i reali bisogni di salute della popolazione e regolamentare la libera professione per evitare diseguaglianze e iniquità di accesso.
- SANITÀ INTEGRATIVA. Avviare un riordino legislativo della sanità integrativa al fine di arginare fenomeni di privatizzazione, aumento delle diseguaglianze, derive consumistiche ed erosione di risorse pubbliche.
-TICKET E DETRAZIONI FISCALI. Rimodulare ticket e detrazioni fiscali per le spese sanitarie, secondo princìpi di equità sociale e prove di efficacia di farmaci e prestazioni, al fine di evitare sprechi di denaro pubblico e ridurre il consumismo sanitario.
- TRANSIZIONE DIGITALE. Diffondere la cultura digitale e promuovere le competenze tecniche tra professionisti sanitari e cittadini, al fine di massimizzare le potenzialità delle tecnologie digitali e di migliorare accessibilità ed efficienza in sanità e minimizzare le diseguaglianze.
- INFORMAZIONE AI CITTADINI. Potenziare l’informazione istituzionale basata sulle migliori evidenze scientifiche, al fine di promuovere sani stili di vita, ridurre il consumismo sanitario, aumentare l’alfabetizzazione sanitaria della popolazione, contrastare le fake news e favorire decisioni informate sulla salute.
- RICERCA SANITARIA. Destinare alla ricerca clinica indipendente e alla ricerca sui servizi sanitari un importo pari ad almeno il 2% del fabbisogno sanitario nazionale standard, al fine di produrre evidenze scientifiche per informare scelte e investimenti del Ssn.
«A fronte di criticità globali quali crisi economica ed energetica, cambiamenti climatici e pandemia – conclude Cartabellotta – la politica deve saper cogliere le grandi opportunità per rilanciare il Ssn: fine della stagione dei tagli alla sanità, Pnrr, transizione digitale, approccio One Health. Un rilancio che il nostro Paese merita e che, con la collaborazione di tutti gli stakeholder, è in grado di realizzare per garantire il diritto costituzionale alla tutela della salute a tutte le persone. Un diritto fondamentale che, silenziosamente, si sta trasformando in un privilegio per pochi, lasciando indietro le persone più fragili e svantaggiate. Perché se la Costituzione tutela la salute di tutti, la sanità deve essere per tutti».


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