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Def 2023: nessun rilancio della Sanità. Preoccupanti segnali di definanziamento: dal 2025 rapporto spesa sanitaria-Pil al 6,2%, sotto il pre pandemia. Urge un cambio di rotta per evitare il collasso del Ssn

di Fondazione Gimbe

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24 Esclusivo per Sanità24

Lo scorso 11 aprile il Consiglio dei ministri ha approvato il Documento di Economia e Finanza (Def) 2023 che certifica per l’anno 2022 una spesa sanitaria di 131.103 milioni, inferiore di quasi 3 milioni rispetto ai 133.998 milioni previsti dall’ultima Nota di Aggiornamento Def 2022.
«Rispetto alle previsioni di spesa sanitaria sino al 2026 – afferma Nino Cartabellotta Presidente della Fondazione Gimbe – il Def 2023 certifica l’assenza di un cambio di rotta post-pandemia ignorando il pessimo stato di salute del Servizio sanitario nazionale, i cui princìpi fondamentali di universalità, uguaglianza e equità sono minati da criticità che compromettono il diritto costituzionale alla tutela della salute. Interminabili liste di attesa costringono a ricorrere al privato, aumentano la spesa out-of-pocket e impoveriscono le famiglie, sino alla rinuncia alle cure; diseguaglianze regionali e locali nell’offerta di servizi e prestazioni determinano migrazione sanitaria, inaccessibilità alle innovazioni, sino alla riduzione dell’aspettativa di vita».
Vengono di seguito riportate le analisi indipendenti della Fondazione Gimbe sulle previsioni di spesa sanitaria per l’anno 2023 e per il triennio 2024-2026.
2023. Il rapporto spesa sanitaria/Pil nel 2023 scende a 6,7% rispetto al 6,9% del 2022, anche se in termini assoluti la previsione di spesa sanitaria è di 136.043 milioni, ovvero 4.319 milioni in più rispetto al 2022 (+3,8%). «Tuttavia il roboante incremento di oltre quattro miliardi di euro nel 2023 – precisa Cartabellotta – è solo apparente: sia perché oltre due terzi (67%) costituiscono un mero spostamento al 2023 della spesa sanitaria prevista nel 2022 per il rinnovo contrattuale del personale dirigente, sia per l’erosione del potere di acquisto visto che secondo l’Istat a oggi l’inflazione acquisita per il 2023 si attesta a +5%, un valore superiore all’aumento della spesa sanitaria che, invece, si ferma a +3,8%».
2024-2026. Nel triennio 2024-2026, a fronte di una crescita media annua del Pil nominale del 3,6%, il Def 2023 stima quella della spesa sanitaria allo 0,6%. Il rapporto spesa sanitaria/Pil si riduce dal 6,7% del 2023 al 6,3% nel 2024 al 6,2% nel 2025-2026. Rispetto al 2023, in termini assoluti la spesa sanitaria nel 2024 scende a 132.737 milioni (-2,4%), per poi risalire nel 2025 a 135.034 milioni (+1,7%) e a 138.399 (+2,5%) nel 2026. «È del tutto evidente – spiega Cartabellotta – che il risibile aumento medio della spesa sanitaria dello 0,6% nel triennio 2024-2026 non coprirà nemmeno l’aumento dei prezzi, sia per l’erosione dovuta all’inflazione, sia perché l’indice dei prezzi del settore sanitario è superiore all’indice generale di quelli al consumo. In altri termini, le previsioni del Def 2023 sulla spesa sanitaria 2024-2026 certificano evidenti segnali di definanziamento: in particolare il 2024, ben lungi dall’essere l’anno del rilancio, fa segnare un -2,4% che dissolve ogni speranza di nuove risorse per la sanità nella prossima Legge di Bilancio».
Complessivamente le stime del Def 2023 confermano che la sanità rimane la cenerentola dell’agenda politica per almeno tre ragioni. Innanzitutto, il rapporto spesa sanitaria/Pil scende dal 6,9% del 2022 al 6,2% nel 2026, un valore inferiore a quello del 2019 (6,4%), confermando che dalla pandemia non è stato tratto alcun insegnamento; in secondo luogo, nel triennio 2024-2026 il Def stima una crescita media annua del Pil nominale del 3,6% a fronte dello 0,6% di quella della spesa sanitaria; infine, il Def 2023 non fa alcun cenno alle risorse necessarie per abolire gradualmente il tetto di spesa per il personale sanitario e per approvare il cd. "decreto tariffe" sulle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale e di protesica: due priorità assolute per rilanciare le politiche del capitale umano e garantire a tutti i "nuovi" Livelli essenziali di assistenza e l’accesso alle innovazioni. «Programmi e numeri del Def 2023 – continua il Presidente – confermano che, in linea con quanto accaduto negli ultimi 15 anni, la sanità pubblica non rappresenta una priorità politica neppure per l’attuale Esecutivo. La sanità rimane un bancomat per la facile aggredibilità della spesa pubblica e nei rari casi di crescita economica i benefici per il Ssn non sono mai proporzionali, rendendo impossibile rilanciare il finanziamento pubblico».
«Il Piano di Rilancio del Ssn recentemente elaborato dalla Fondazione Gimbe – conclude Cartabellotta –rileva l’inderogabile necessità di aumentare il finanziamento pubblico per la sanità in maniera consistente e stabile, allineandolo entro il 2030 alla media dei paesi europei, al fine di garantire l’erogazione uniforme dei Lea, l’accesso equo alle innovazioni e il rilancio delle politiche del personale sanitario. Considerato che nel 2021 il gap con la media dei paesi europei era di quasi 12 miliardi, il Def 2023 non ha affatto posto le basi per colmarlo. Al contrario prosegue con la strategia di definanziamento pubblico della sanità che aumenterà la distanza dalla media dei paesi europei e porterà al collasso del Ssn, compromettendo definitivamente il diritto costituzionale alla tutela della salute delle persone».


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