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Titolo V: il nuovo Ddl "butta il bambino con l'acqua sporca" e disarma lo Stato garante

di Ettore Jorio, Università della Calabria

Il Ddl costituzionale, predisposto dal Governo (bozza aggiornata al 12 marzo scorso), lascia molto a desiderare in relazione alla revisione del Titolo V. Non fosse altro per la scelta di eliminare tout court la legislazione concorrente. Lo fa proponendo di "buttare il bambino insieme all'acqua sporca". Non solo. Evita dolosamente di fare ciò che dovrebbe. Ciò che sarebbe utile alla luce dei fallimenti sistemici che hanno ingigantito il debito pubblico, non garantito i Lea a mezza Italia e affollato la Corte costituzionale di contenziosi, molto spesso strumentali.

Invece di ripristinare quello Stato garante della buona legislazione, lo disarma. A tutto questo tenta di rimediare senza riorganizzare, come si dovrebbe, il ruolo legislativo. Sposta - condivisibilmente - alcune materie di grande interesse economico e strategico nella legislazione esclusiva dello Stato. Cancella l'attuale comma 3 riguardante la legislazione concorrente. Attribuisce tutto il resto alle Regioni, ivi compresa la sanità. Trascura anche i problemi dell'assistenza sociale, oramai scomparsa nel quotidiano dei deboli del Mezzogiorno.

Con questo, chiama fuori lo Stato dall'obbligo di fissare i principi fondamentali nelle materie dalle quali dipende l'esigibilità dei diritti sociali. Quelli che pesano sulla qualità del vivere civile, che - se negati, come avviene frequentemente - avvicinano spesso alla morte più ingiusta. Quindi, anziché supporre di riportare il sociale nella competenza dello Stato, quanto a regole fondamentali, per far sì che tutti abbiano il loro "eguale" salutare e, con questo, integrare i due sistemi assistenziali, fa di tutto per creare 21 repubblichette indipendenti, che decidono della qualità della vita e della morte.

Così facendo, le 19 Regioni e le solite province di Trento e Bolzano decideranno le sorti della collettività nazionale e saranno libere di mettere a rischio il bilancio consolidato dello Stato. Quel bilancio della Repubblica da esporre a livello UE per conseguire la migliore convivenza comunitaria. Non solo. Si sta facendo di tutto per fare diventare il "federalismo fiscale" la riforma "fatta con i piedi". Ciò nel senso che ciascuno sarà sempre più stimolato a spostarsi ove è meglio, sul piano dei servizi pubblici, e si paga meno.

L'uniformità delle tutele dei diritti? Il legislatore "costituzionale" - con un fare molto contraddittorio e superficiale rilevabile, peraltro, su diversi punti del DDL – crede di risolvere il tutto attribuendo una "salvifica" facultas allo Stato. Lo stesso potrà, infatti, intervenire nelle "materie o funzioni non riservate alla legislazione esclusiva" al fine di tutelare l'unità giuridica ed economica della Repubblica. Insomma, una sorta di neo-commissariamento legislativo, concepibile in via amministrativa secondo i dettami dell'art. 120, comma 2, della Costituzione.

Con i "può" (così recita il neointrodotto quinto comma) non si garantisce la certezza dei diritti. Per farlo, occorre più Stato e meno Regioni. Necessitano i "deve", peraltro introduttivi di sanzioni per gli enti territoriali inadempienti nei processi di erogazione dei servizi pubblici e di garanzia dell'equilibrio economico complessivo. La Costituzione, quella vera, docet.