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Avastin-Lucentis: il dl Lorenzin non risolve il problema anzi paradossalmente lo complica

di Nerina Dirindin*, Nicola Magrini**, Anna Maria Marata***, Luisa Martelli****, Tiziano Carradori*****, Rosaria Russo-Valentini******

Il recente provvedimento dell'Antitrust che ha sanzionato attività collusive e accordi orizzontali tra due grandi industrie farmaceutiche dovrebbe essere la naturale premessa a una modifica sostanziale della normativa italiana sugli usi off label dei farmaci che, a causa della legge Di Bella (emanata in condizioni di emergenza) e di un infelice comma della finanziaria 2007, rende difficile se non impossibile l'uso di medicinali senza indicazioni registrate quando disponibili altri farmaci con le stesse indicazioni. Ciò anche quando questi usi off label risultino, come nel caso dell'Avastin per l'occhio, ben studiati in termini di efficacia, sicurezza ed economicità.

L'ormai famoso (e infelice) comma zeta della finanziaria 2007 (art. 1, c. 79, lett. z, legge 27 dicembre 2006, n. 296) specifica che non è possibile usare un farmaco off label (fuori etichetta) quando è disponibile in commercio un farmaco approvato (on-label). L'intento del legislatore era quello di limitare l'uso di costosi nuovi farmaci senza specifiche indicazioni in presenza di farmaci meno recenti ma con indicazioni registrate; nella realtà il comma è diventato uno strumento a tutela dei farmaci più costosi contro quelli più economici o a brevetto scaduto, per i quali l'industria non ha alcun interesse a richiederne l'approvazione. Il caso Avastin – Lucentis è la dimostrazione perfetta della necessità di superare il "comma zeta" per favorire l'accesso a terapie efficaci, in particolare se orfane di un interesse commerciale, e consentirne l'uso sotto la piena responsabilità del servizio sanitario nazionale.

D'altronde, esistono numerosi esempi di usi off label di farmaci rimborsati dal Ssn in quanto inseriti in specifiche liste dell'Aifa (lista Legge 648/96 e liste di usi consolidati) per indicazioni non ancora specificamente approvate: il misoprostolo in varie indicazioni ginecologiche come l'emorragia post partum, il docetaxel settimanale nel tumore al seno e molti dei farmaci utilizzati in pediatria.

Ma purtroppo il decreto legge approvato dal Consiglio dei Ministri il 20 marzo scorso non risolve il problema.
Il decreto introduce una macchinosa procedura che costituisce un "unicum" mondiale. Non esiste infatti in nessun paese al mondo, per lo meno in quelli dotati di un sistema regolatorio moderno, una norma che affermi, per l'uso off label, l'inversione dei ruoli: il controllato (l'industria) decide quale farmaco può essere utilizzato dal controllore (il Ssn).

Infatti, nel disciplinare il caso di "motivato interesse pubblico" all'utilizzo di un medicinale per una indicazione terapeutica ulteriore rispetto a quelle richieste dall'industria, il decreto legge prospetta tre diverse opzioni:

1.l'Aifa procede alla "registrazione" della indicazione terapeutica, "previa cessione a titolo gratuito al Ministero della Salute dei diritti su tale indicazione da parte del titolare dell'Autorizzazione all'Immissione in Commercio" (Aic);

2.il titolare dell'Aic procede "direttamente alla registrazione dell'indicazione" e definisce "con l'Aifa i termini e le modalità di avvio degli studi registrativi";

3.il titolare dell'Aic si oppone "immotivatamente" alla registrazione.

Quindi, contrariamente alle aspettative, il DL Lorenzin rischia di essere inutile, di creare confusione e rafforza un eccesso di tutela dei brevetti.

Quali le principali debolezze?

Con riguardo all'ipotesi 1) si rileva che la "cessione" è un negozio giuridico, come tale volontario, e quindi non può essere imposta per legge. Tantomeno a titolo gratuito. Non è necessaria comunque una legge per permettere a un'industria la cessione allo Stato, e a titolo gratuito, di un diritto. Oltretutto, al Servizio sanitario nazionale non interessa l'autorizzazione "all'immissione in commercio" (Aic): il Ssn non commercializza. Ciò che al servizio pubblico interessa è l'uso off label, per fini di salute pubblica, di un farmaco efficace e sicuro, assumendosene la responsabilità e la rimborsabilità.


L'ipotesi 2 è curiosamente contraddittoria: chiede all'industria di avviare un iter su una indicazione già dimostrata (evidentemente di scarso interesse commerciale) e allo stesso tempo chiede ulteriori studi.


Con riguardo all'ipotesi 3) il decreto dispone che, in caso di rifiuto immotivato da parte dell'industria, l'Aifa ne dia "adeguata informativa" nel suo sito istituzionale. La pubblicizzazione del rifiuto costituisce un deterrente del tutto inadeguato rispetto agli enormi interessi economici in gioco. Ne consegue un probabile ampio ricorso a tale soluzione, con l'effetto di vanificare la norma stessa. Non è inoltre chiaro se, in caso di opposizione, sia comunque possibile inserire il farmaco nelle liste Aifa off label.

Il DL non modifica il vero collo di bottiglia rappresentato dal comma zeta che tutela i brevetti industriali più di quanto non tuteli il diritto alle cure e che ci saremmo attesi di vedere cancellato dopo le dichiarazioni del Ministro.

Dopo il documentatissimo provvedimento dell'Antitrust, il decreto appare quindi assai poco risolutivo, anzi, rappresenta una vera complicazione che non sembra tener conto del valore delle evidenze scientifiche e della ricerca indipendente: quando queste dimostrano la sostanziale equivalenza tra due farmaci (sia come efficacia sia come sicurezza) va data ai medici e al sistema sanitario la possibilità di utilizzarli. Tutte le linee-guida internazionali infatti e le pubblicazioni più autorevoli (UpToDate) pongono Avastin e Lucentis sullo stesso livello ed entrambe indicate come valide opzioni terapeutiche.

Citiamo testualmente a questo riguardo quanto affermato nel rapporto tecnico dell'Agenzia Europea su Avastin e Lucentis nel luglio del 2012 (EMA/CHMP/332848/2012): "le informazioni dettagliate sulla sicurezza fornite dagli studi CATT e IVAN sono rassicuranti e non ci sono evidenze che il bevacizumab sia dal punto di vista sistemico meno sicuro del ranibizumab e vice versa". Tale posizione si è ulteriormente rafforzata dopo la pubblicazione di ulteriori studi clinici indipendenti effettuati in vari Paesi [MANTA (Austria); GEFAL (Francia); LUCAS (Norvegia)] che non hanno documentato differenze in termini di sicurezza tra i due farmaci. A fronte di tali evidenze scientifiche appare inoltre incomprensibile la scelta di procedere a una ulteriore sperimentazione clinica, con costi che potrebbero essere evitati.


Appare pertanto opportuno trovare una strada alternativa a quella proposta nel decreto Lorenzin che consenta di rendere immediatamente disponibile l'Avastin intraoculare nelle liste Aifa degli usi consolidati (come di fatto ha indicato anche l'Oms nella sua lista dei farmaci essenziali aggiornata nell'Aprile 2013) dando la facoltà al Ssn di erogare, sotto la propria responsabilità, farmaci off label anche in presenza di altri farmaci con indicazioni approvate, quando la loro efficacia e sicurezza sono state dimostrate. Basterebbe il semplice inserimento nelle liste di usi consolidati.

L'industria farmaceutica ha fatto scoperte di straordinaria efficacia che hanno cambiato il mondo: dai farmaci per l'Aids ai nuovi farmaci per l'epatite C, dagli anticoagulanti ai vaccini, dagli antibiotici agli antitumorali sino alla pillola anticoncezionale. Contrastare la presa in carico da parte del Servizio Sanitario di usi off label di farmaci con efficacia e sicurezza ben documentata e utili alla salute pubblica è una battaglia di retroguardia che oscura tali importanti meriti.

In presenza di studi di buona qualità è semplicemente irragionevole e incomprensibile rendere così difficile l'uso di farmaci off label in quanto lesivo del diritto alla salute e alla integrità fisica dei cittadini.

La regione Emilia Romagna era parte lesa nel provvedimento dell'antitrust che ha sanzionato le attività collusive tra le due industrie come comportamenti non semplicemente lobbistici ma di accordo orizzontale per favorire uno dei prodotti e screditare artificiosamente l'altro.

*Nerina Dirindin (senatrice Pd, Commissione Igiene e Sanità, Dipartimento di Scienze Economico-sociali e Matematico-statistiche Università di Torino)

**Nicola Magrini, responsabile Area Valutazione del Farmaco, Agenzia Sanitaria Regionale dell'Emilia Romagna, WHO Collaborating Centre for Evidence-Based Research Synthesis and Guideline Development

***Anna Maria Marata, coordinatore della Commissione Regionale del Farmaco, Area Valutazione del Farmaco dell'Agenzia Sanitaria Regionale, WHO Collaborating Centre for Evidence-Based Research Synthesis and Guideline Development

****Luisa Martelli, Servizio Politica del Farmaco, Assessorato alla Sanità e Politiche Sociali, Regione Emilia Romagna

*****Tiziano Carradori, Direttore Generale dell'Assessorato alla Sanità e Politiche Sociali della Regione Emilia Romagna

******Rosaria Russo Valentini, Avvocato difensore della regione Emilia Romagna nel provvedimento dell'antitrust su avastin-lucentis