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Trasparenza per una sanità in "buona salute"

di Giovanni Bissoni (già Presidente Agenas - Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali - dal trimestrale Agenas Monitor n. 35/2014)

Trasparenza, legalità, contrasto della corruzione devono costituire obiettivi precisi per tutti gli attori del Servizio sanitario nazionale. In particolare la trasparenza attraversa trasversalmente molte delle attività che Agenas svolge. Ricordo le principali: l'Ecm; il Programma nazionale di valutazione esiti (Pne); la recente committenza da parte del Ministero della salute e delle Regioni per la costruzione del portale della Trasparenza del Ssn; il supporto al monitoraggio e alla valutazione del Ministero della salute sui Livelli essenziali di assistenza e sui Piani di rientro; gli osservatori sulle liste d'attesa, sulle denunce sinistri, sulla libera professione; le funzioni attribuite all'Agenzia in materia di accreditamento, di technology assessment, di approvvigionamento di beni e servizi.
Attività tutte collegate, in modo diretto o indiretto, all'applicazione della legge 190 del 2012 sulla prevenzione della corruzione e al decreto legislativo 33/2013 sulla trasparenza nella Pubblica Amministrazione.

E opinione ormai condivisa che la crisi che il nostro Paese sta attraversando sia, al contempo, una crisi economica, finanziaria, politica, istituzionale, morale, definendo un unicum rispetto ai grandi Paesi europei. In questo quadro incidono non solo lo stato dell'economia, della competitività, della finanza pubblica, ma un peso notevole hanno anche l'inefficienza delle istituzioni e della Pubblica Amministrazione in generale. L'Italia non ha, è bene sottolinearlo, una spesa pubblica superiore a quella di altri Paesi; tuttavia, se guardiamo alla sua produttività, il giudizio cambia: colpa di una inefficienza complessiva, del cattivo uso delle risorse, della corruzione endemica.

La politica non ha scusanti, le sue responsabilità sono primarie. La politica dovrebbe rispondere alle aspettative più alte di un Paese, indicare la strada, anche in un Paese come il nostro in cui la morale pubblica - quella che chiamiamo "etica civile" per distinguerla dalla morale religiosa - è poco attenta al rispetto delle leggi e, più in generale, al bene comune. A partire dal dovere di pagare le tasse che, insieme al buon uso delle risorse, rappresentano gli strumenti necessari a garantire l'adempimento agli obblighi primari dello Stato: la sicurezza, la salute, il benessere dei cittadini, concetti che includono tutti il tema della giustizia sociale.

Per rispondere alla profondità della crisi politica, voglio richiamare quanto affermato recentemente da Alain Touraine: «Siamo come in un teatro dove il pubblico osserva una scena senza attori. Occorre che ogni singolo spettatore sifaccia carico della scena, rivolgendosi a se stesso e agli altri spettatori. E al centro della sua rfiessione devono esserci i diritti fondamen tali, perché i diritti costituiscono il sociale» e ancora, più avanti «... La difesa dei diritti ricrea dei legami sociali. Il carattere nobile dell'azione politica può rinascere solo dall'etica».

Tornando alla corruzione e in particolare alla sua incidenza nel settore sanitario, sappiamo che sono disponibili dati ed elaborazioni, frutto di ricerche e stime, anche internazionali, che tuttavia non sempre sono allineati tra loro, anche per la difficoltà propria che esiste in sanità di distinguere in maniera netta tra inefficienza, inappropriatezza, frodi, corruzione.

Negli Stati Uniti si stima che l'illegalità e la corruzione incidano tra il 5 e il 10% dell'intera spesa pubblica della sanità americana; la rete europea contro le frodi e corruzioni stima del 5,6% del budget della sanità le risorse assorbite da varie forme di illegalità; di qui la cifra comparsa sulla stampa italiana di 6 miliardi per la sola sanità, cifra compatibile peraltro con i dati del Dipartimento della Funzione Pubblica del 2013, che, per il nostro Paese, parla complessivamente di un fenomeno corruttivo pari a 60 miliardi di euro.

Ma al di là delle cifre stimate, il fenomeno è in grado di incidere pesantemente, per le sue dimensioni, sia sull'efficienza, sulla qualità, sulla sicurezza, sull'equità di accesso ai servizi, sia, su un altro piano, sulla fiducia dei cittadini, e la fiducia dei cittadini è un bene essenziale di qualunque servizio pubblico, in particolare per la Sanità.

La mancanza di fiducia incide direttamente sul diritto alla salute, sul futuro stesso del Servizio sanitario nazionale.
Senza la fiducia dei cittadini è difficile reggere la sfida, tutta politica, della stessa sostenibilità economica. Più difficile chiedere risorse per un Servizio screditato.

In sanità veniamo da un triennio di forte crisi con ripercussioni sul Fondo sanitario nazionale, ma la legge di stabilità 2014 ha in sé alcuni aspetti di speranza: il superamento dei 2 miliardi di ticket aggiuntivi a partire dal 10 gennaio 2014; l'adeguamento del Fondo sanitario nazionale; la revisione di spesa non per ridurre il Fondo, ma per reperire risorse da reinvestire in innovazione.

Penso che sarebbe un grave errore perdere questa occasione, considerarla solo una boccata di ossigeno temporanea: i benefici di 2,9 miliardi sarebbero di breve durata. Dovremmo, invece, assumere questi aspetti positivi della legge di stabilità come uno stimolo a incentivare l'attività di innovazione del Ssn. Un'innovazione che, secondo i temi già all'attenzione del costruendo "Patto per la salute", ha al suo centro il riordino delle cure ospedaliere e dell'assistenza territoriale, senza disgiungere tale processo di innovazione dalla ricerca di maggiore efficienza, trasparenza, legalità. Mi limito ad alcune considerazioni sulla specificità del Servizio sanitario che ne fanno un settore particolarmente esposto.

La prima riflessione riguarda la politica. Il Ssn, in quanto espressione dell'idea di Paese, della società che si intende costruire e dei suoi valori fondanti di equità ed eguaglianza, ha bisogno della politica e delle sue scelte. Una politica consapevole delle proprie responsabilità (non sempre esercitate), quanto dei propri limiti, spesso valicati. Persistono, tuttavia, invasioni di campo rispetto alla responsabilità di altri soggetti della governance sanitaria, così come a volte si privilegia l'appartenenza rispetto alla competenza. Il governo della sanità, per le risorse investite e le aspettative dei cittadini, costituisce la principale attività regionale. E legittima, quindi, la ricerca di un consenso attraverso la costruzione di buoni servizi; altra cosa è trasformare il Servizio sanitario in strumento di consenso elettorale con un suo utilizzo clientelare.
Quando ciò succede, costituisce un vulnus permanente alla trasparenza e alla legalità. La specificità della sanità fa sì che siano più difficili le scelte e più facili le frodi. La stessa asimmetria informativa che esiste in sanità, ovvero quella sproporzione di conoscenze e informazioni, espone a forti rischi non solo il cittadino di fronte alle prestazioni, ma molto spesso le stesse organizzazioni sanitarie e i professionisti.

E ancora, dobbiamo considerare che la sanità, nell'ambito più generale della Pubblica Amministrazione, è il settore, probabilmente, più esposto a un forte tasso di discrezionalità. Pensiamo, ad esempio, alla programmazione sanitaria, all'accreditamento, agli accordi e contratti per la fornitura dei servizi assistenziali. L'accreditamento, senza adeguati accordi o contratti di fornitura, presenta rischi elevatissimi, come dimostrano anche i recenti fatti di cronaca che riportano l'intervento della magistratura a fronte di richieste di rimborso per prestazioni dubbie o illegittime. La selezione di una struttura sanitaria per l'accreditamento non può avvenire perché quella struttura ha vinto un appalto offrendo prezzi migliori di un'altra. Ma la mancanza di una vera e propria selezione competitiva non significa mancanza di regole definite, così come, ad esempio, la natura propria dei contratti e accordi in sanità non può significare che decide il singolo produttore dei servizi cosa produrre e quindi cosa portare a rimborso. Fissare budget senza stabilire obiettivi e priorità significa non solo mancanza di trasparenza, ma rinuncia alla funzione stessa di committenza.

Per alcune realtà territoriali, a partire da alcune Regioni in Piano di rientro, sembra quasi che l'autonomia regionale nel disciplinare i principi generali di governance - pure chiari nella legislazione nazionale - possa tradursi in assenza di regole chiare di organizzazione e gestione.

Esiste, poi, la difficoltà di avviare con coerenza un "mercato vero" dei beni e servizi, dai dispositivi medici ai servizi ausiliari, i quali, a differenza delle prestazioni assistenziali sottratte alla logica concorrenziale del mercato, dovrebbero essere inseriti pienamente nell'ambito di procedure cocorrenziali, superando con coraggio le difficoltà (pure reali) di valutare una classe terapeutica omogenea di farmaci o il rapporto qualità/prezzo di una protesi.

Dobbiamo uscire dallo schematismo della falsa alternativa tra la protesi cinese (ammesso che ci sia e sia quella meno costosa) e l'ultimo ritrovato della tecnica, senza avere chiaro se quest'ultimo ritrovato ha anche un valore aggiunto che ne giustifichi l'alto costo.

Quando la discrezionalità non è evitabile, occorrono regole e massima trasparenza, ma quando può essere evitata, farlo è una spinta all'efficienza, all'efficacia, senza rinunciare alla qualità e sicurezza e, al contempo, rappresenta anche un'azione di prevenzione della corruzione. E terreno su cui riflettere in sede di "revisione della spesa" riorganizzando l'intero sistema di procurement del Ssn.

La sanità è una complessa organizzazione che si basa sul valore fondante di tante autonomie professionali, ma scienza e coscienza, competenza ed etica hanno bisogno di assumere appieno il valore della relazione e dell'organizzazione, della responsabilità individuale e collettiva.

Penso che le nostre organizzazioni, dopo l'enfasi degli anni ‘90 del new public rnanagement che ha provocato un fraintendimento della natura aziendale del sistema, abbiano bisogno di una riflessione in cui i concetti di transparency e accountability diventino valori fondanti. Trasparenza di obiettivi, di funzionamento, a partire dalle regole nell'affidamento degli incarichi e dell'assegnazione di responsabilità; organizzazioni partecipate e aperte; trasparenza di risultati; trasparenza delle liste d'attesa.

In questo senso l'attivismo civico è sicuramente un valido deterrente dell'illegalità e la centralità del paziente è un fulcro promotore di trasparenza e innovazione. Favorire la partecipazione dei cittadini alle scelte relative alle problematiche della salute è un dovere dell'organizzazione sanitaria, oltre che un diritto del paziente, e le analisi svolte indicano che la presenza di non professionisti nelle sedi in cui si discute di salute e sanità arricchisce e porta una visione nuova e diversa dei problemi e delle soluzioni. In tal modo la prevenzione della corruzione sarà più forte, più efficace, laddove le istituzioni e le amministrazioni si mettono nella condizione di far conoscere il loro operato e quindi non solo di autovalutarsi, ma anche di farsi valutare dai cittadini. Come è stato sottolineato, "utilizzare i cittadini come risorsa del sistema", serve a migliorare il sistema stesso.Trasformare scontento e protesta in un controllo attivo da parte del cittadino e del paziente, può rivelare come dietro un servizio scadente possa esserci un cattivo uso delle risorse e possano nascondersi episodi di corruzione e frode.

E ancora, regolazione dei conflitti d'interesse, dalla libera professione alla ricerca. Sulla libera professione, inAgenas è attivo un Osservatorio specifico. Sul tema trovo che ci siano molti luoghi comuni e fraintendimenti; quando si parla di libera professione si tende a restringere il campo della riflessione alla sola libera professione intramoenia. So quanto è difficile spiegare al cittadino, a fronte di una lunga lista d'attesa, che se si paga si ottiene più rapidamente la prestazione. Tuttavia, avendo il Parlamento concesso la possibilità ai medici di svolgere la libera professione, trovo che questa colpevolizzazione della sola attività intramoenia non sia corretta, pur non negando i possibili conflitti nell'organizzazione quotidiana dell'assistenza. Se un cittadino sceglie una visita a pagamento prima di un intervento programmato, non è un problema in sé; lo diventa se è una scelta obbligata dai lunghi tempi d'attesa e, a maggior ragione, se in virtù di quella visita, si scavalca la lista d'attesa ospedaliera.

Ma perché enfatizzare i rischi dell'intramoenia rispetto a quelli dell'extramoenia? Anche a volere prescindere dalla maggiore fedeltà fiscale che l'intramoenia comporta, se c'è il coraggio di utilizzare tutte le informazioni aziendali disponibili è molto più trasparente e controllabile l'attività libero professionale intramoenia rispetto all'extramoenia. Dobbiamo, invece, constatare che ogni volta che si parla di questo problema si tende a intervenire esclusivamente sulla regolazione dell'attività intramoenia.

Infine, ma non ultima, la ricerca. Mi riferisco in particolare alle Aziende ospedaliero-universitarie dove è più concentrata l'attività di ricerca. Sappiamo che senza i finanziamenti privati la ricerca subirebbe un colpo mortale, in particolare per i farmaci; finanziamenti che sono inevitabili e utili al sistema, ma che possono aprire possibili e reali conflitti di interesse. Quando c'è questo rischio, occorrono regole chiare e massima trasparenza. Proprio in quelle Aziende dove c'è attività di ricerca, il Piano di prevenzione della corruzione e il Programma per la trasparenza e l'integrità possono essere un'occasione per disciplinare meglio le relazioni esistenti nel mondo della ricerca e quelle fra mondo universitario e servizio sanitario. La ricerca può essere svolta sotto il "cappello" dell'università, ma coinvolge mevitabilmente l'Azienda sanitaria di riferimento.

La sanità è un settore che ha ingenti risorse a disposizione: solo di spesa pubblica movimenta circa 110 miliardi di euro all'anno. Ditale spesa, molta parte è sottoposta a una discrezionalità di percorsi connaturata, come già detto, con la vita stessa dei servizi. A questo spesso si aggiungono lunghi tempi di pagamento che mettono in crisi le imprese sane e costituiscono un terreno fertile per le infiltrazioni della criminalità organizzata. Anche questo è un tema rilevante, in particolare in alcune Regioni del Sud, ma non solo. Per questo motivo stiamo predisponendo un progetto di collaborazione, insieme all' Università di Torino, con la Commissione nazionale antimafia.

Poiché anche i Servizi sanitari sono posti di fronte all'applicazione della legge 190/2012 sulla prevenzione della corruzione e al D.lgs. 33/2013 sulla trasparenza, presentiamo in questo numero di Monitor alcuni dei contributi e degli spunti di riflessione emersi nel corso del Convegno nazionale "Trasparenza, legalità ed etica nel Servizio sanitario nazionale" organizzato da Agenas, che si è svolto il 3 dicembre a Roma nell'Aula dei Gruppi parlamentari presso la Camera dei Deputati.

Nel corso dell'incontro si sono alternati rappresentanti delle istituzioni, dei Ministeri della salute e della Funzione pubblica, delle Regioni, dell'Autorità nazionale anticorruzione (Anac, già Civit) e delle Aziende sanitarie, con rappresentanti del mondo dei servizi e della società civile (Libera, Gruppo Abele, Avviso Pubblico, Coripe, Ispe e Cittadinanzattiva).
Tutti gli interventi, dall'analisi dei rischi, alla condivisione degli impegni e delle esperienze, hanno sottolineato la volontà comune di evitare di fare di queste scadenze un mero adempimento nor— mativo, limitandosi a forbiti esercizi burocratici e retorici. La retorica, in particolare quella del cambiamento, è utile quando contiene sostanza. La retorica vuota, che è un'arte in questo Paese, in ossequio al principio che tutto cambi perché tutto resti come prima, non ci piace.

Il nostro Servizio sanitario si basa su grandi principi e valori che, tuttavia, per continuare a essere condivisi hanno bisogno di buoni servizi e di rispetto per i diritti dei cittadini. "Non si puà pensare alla sanità come azienda, alla salute come prodotto, al paziente come cliente", così il richiamo del cardinale Carlo Maria Martini alla prima Conferenza nazionale sulla sanità nell'ormai lontano 1999, "Ci sono bisogni collettivi e qualitativi che non possono essere soddisfatti mediante i meccanismi del mercato. Ci sono esi'enze umane importanti che sfuggono alla sua logica, ci sono dei beni che in base alla loro natura non si possono e non si devono vendere e comprare. Ed aproprio questa giustizia sociale a stare alla base della ragione etica dello stato sociale. Tali ragioni implicano anche che ogni soggetto del vivere civile si assuma, per quanto gli compete e in stretta sinergia con gli altri, il dovere di un'attiva e creativa partecipazione al bene comune nella convinzione che tutti siamo responsabili di tutti".

Il bene comune, appunto, concetto che, in tema di sanità, rimanda all'art. 32 della Costituzione: "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività".
Bene comune, ordine etico e civico. In proposito il teologo Vito Mancuso, in un suo intervento sulla stampa di alcuni mesi fa ha scritto: "Il segreto della vita in tutte le sue dimensioni l'equilibrio, e l'etica non altro che l'equilibrio esercitato tra persone responsabili. [...] Il nostro un Paese di individui che si credono furbi perché trasgrediscono le regole dell'ordine etico e civico, ma che in realtà sono semplicemente ignoranti perché tale continua trasgressione produce il caos quotidiano dentro cui siamo costretti a vivere, fatto di approssimazione, dffidenza, nervosismo, disattenzione, e tasse eleva tissime cui corrispondono servizi spesso ben poco elevati."

Etica, quindi, come equilibrio esercitato tra persone responsabili, un richiamo forte e chiaro a quella responsabilità che tutti abbiamo accettato quando abbiamo liberamente scelto di operare in un grande progetto comune come il Servizio sanitario nazionale, per rendere l'accesso alle cure un diritto di tutti. Rispondere a tale diritto, in fondo, è il primo dovere di legalità.