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Il Servizio sanitario alla ricerca di nuovi equilibri

di Alessandro Solipaca (Segretario scientifico dell'Osservatorio nazionale sulla salute nelle Regioni dell'Università Cattolica di Roma)

La spesa sanitaria pubblica corrente nel 2012 ha subito una riduzione prossima all'1%, si tratta della conferma di un trend in diminuzione che questo settore ha sperimentato già agli inizi degli anni '90, quando il nostro Paese si trovò a dover stringere la cinghia per rispettare i parametri previsti dall'accordo di Maastricht ed entrare in Europa. Verrebbe da chiedersi se siamo entrati in un'epoca virtuosa nella quale si inizia a ridurre l'inefficienza e tagliare gli sprechi oppure siamo difronte ad un periodo di reale contrazione dell'assistenza sanitaria pubblica, in risposta ad una crisi economica considerata non più congiunturale ma strutturale.
I dati contabili analizzati dal Rapporto Osservasalute ci riferiscono che sono sempre di più le Aziende sanitarie locali in pareggio di bilancio e che le realtà del Mezzogiorno si allineano sempre di più a quelle del Centro-Nord, ben indirizzate sulla strada del risanamento dei conti pubblici di questo settore. L'esame dei libri contabili presentato nel Rapporto ci dice di più, per esempio che il finanziamento pro capite dal fondo sanitario regionale è più basso per le Aziende con bilancio in deficit, così come la loro capacità di reperire finanziamenti aggiuntivi. Questo dato conferma il sospetto, già espresso in altre analisi svolte a livello regionale, che l'allocazione dei finanziamenti non sia ben tarata rispetto ai bisogni di assistenza della popolazione bacino di utenza delle Asl.
La domanda che i cittadini si dovranno porre è: che conseguenza avrà la riduzione della spesa sanitaria pubblica e il risanamento dei bilanci sui livelli di assistenza sanitaria erogati? Anche qui la risposta non è facile, sarà il tempo a chiarire meglio questi aspetti, di certo ci sono i dati presentati nel Rapporto che riferiscono di un aumento, nel 2012 rispetto al 2011, del 7% della spesa privata dei cittadini per l'acquisto di farmaci. Altro dato certo è che la spesa per il personale del Sistema sanitario nazionale nel 2011 è stata di 36 miliardi, in diminuzione del 1,4% rispetto al 2010, questo ha comportato una riduzione del numero di personale operante nelle strutture sanitarie. Da questo deriva un tasso di turnover del 78%, cioè se un utente nel 2010 poteva contare su 100 addetti (tra medici, infermieri, tecnici e amministrativi) nel 2011 il numero si riduce a 78.
Un altro dato certo è che gli italiani continuano a vivere sempre più a lungo, quest'anno il Rapporto ha approfondito le determinanti positive dell'aumento della speranza di vita osservata nel nostro Paese, fiore all'occhiello di un Sistema sanitario nazionale dispendioso dal punto di vista economico ma in grado di produrre buoni risultati in termini di salute. Dal 2006 al 2010 si sono guadagnati 365 giorni per gli uomini e 183 per le donne, gli indicatori presentati evidenziano che il contributo maggiore all'aumento della speranza di vita proviene dalla diminuzione della mortalità per le malattie circolatorie e per i tumori. La riduzione della mortalità per le patologie circolatorie ha permesso di guadagnare 141 giorni di vita agli uomini e 131 alle donne, quella per i tumori 115 giorni agli uomini e 29 alle donne. I numeri citati aprono una duplice riflessione: ci si ammala ancora ma si sopravvive di più e i divari di genere si stanno assottigliando. A conforto di ciò, anche i dati Istat sulle condizioni di salute della popolazione ci riferiscono che le patologie croniche sono più diffuse a causa dell'invecchiamento, ma hanno una prevalenza (standardizzata per tener conto della struttura demografica della popolazione, n.d.r) stabile rispetto al passato. Da questo si evince che nel corso degli anni non si è ridotto il numero di malati, ma è aumentata la loro sopravvivenza. Riguardo alle differenze di genere, i dati suggeriscono che i passi avanti maggiori siano stati fatti per gli uomini, evidentemente più lontani delle donne da una durata della vita che potremmo definire biologica.
Tutto questo è merito del Servizio sanitario nazionale o è la conseguenza di un processo naturale? A questa domanda non è facile rispondere sulla base di evidenze scientifiche forti, tuttavia i guadagni di vita osservati nel corso degli anni sono stati ottenuti grazie alla riduzione di mortalità per patologie per le quali la prevenzione secondaria, l'efficacia e la tempestività delle cure sono decisive. Sicuramente una parte rilevante del merito è da attribuire all'innovazione farmaceutica e a quella della diagnostica strumentale, accessibile al cittadino, è bene sottolinearlo, grazie alla presenza di un sistema sanitario pubblico.
Non ci siamo sul piano dell'equità, i cittadini del Mezzogiorno continuano ad avere una salute peggiore, in termini di speranza di vita (tra gli uomini 78,8 anni nelle regioni del Mezzogiorno, contro il 79,7 del Centro-Nord; tra le donne, 83,9 anni nel Mezzogiorno, 84,7 nel Nord e 84,8 nelle regioni centrali), inoltre tali divari si riscontrano anche in ambito sociale, poiché nel nostro Paese sono ancora le classi sociali medio-alte a godere di uno stato di salute migliore.
A giudicare dai dati sugli stili di vita e le abitudini alimentari presentati nel Rapporto Osservasalute, la sanità pubblica stenta ancora in tema di promozione di stili di vita salutari, cioè nelle azioni finalizzate ad incentivare la così detta prevenzione primaria; infatti se da un lato si assiste ad una timida diminuzione dei fumatori (nel 2010 fumava il 22,8% degli over-14, nel 2012 il 21,8%) e dei consumatori a rischio di alcol (12,5% nel 2011 contro 13,4% del 2010 tra gli adulti e 11,4% nel 2011 contro il 12,8% del 2010 tra gli 11 e i 18 anni), dall'altro continuano ad aumentare le persone obese (passano dal 10% degli italiani nel 2011 al 10,4% nel 2012). Questo fenomeno dell'eccesso di peso è ancor più preoccupante per il futuro se lo si osserva per i minori, tra i quali la prevalenza si attesta al 27%. Queste evidenze presentate dal Rapporto non devono essere trascurate dal sistema sanitario, anzi rappresentano un forte segnale d'allarme, poiché è ormai riconosciuto dalla letteratura scientifica internazionale che l'assunzione di corretti stili di vita influenza i fattori di rischio strettamente associati a diverse patologie croniche. Continuando a trascurare questo aspetto, in prospettiva , si rischia l'aumento di quella fascia di soggetti che richiedono cure continue e complesse, con conseguenze sulla qualità della vita dei cittadini e sulla spesa sanitaria.
In conclusione il Rapporto Osservasalute descrive un sistema sanitario pubblico alla ricerca di migliori equilibri, stretto dalla morsa finanziaria, ma in grado di assolvere tra mille difficoltà la sua funzione principale. La tenuta del sistema dipenderà molto dalle scelte che si faranno in futuro, il timore è legato al frequente ricorso ai tagli lineari come unico strumento di governance della spesa e alla sensazione, a giudicare dalla cronaca quotidiana, che una grossa parte di responsabilità rispetto alla crescita della spesa osservata negli anni si possa attribuire agli elevati livelli di corruzione e ai conflitti di interesse di cui soffre questo settore.