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Accesso programmato a Medicina valore da preservare

di Segretariato italiani giovani medici (Sigm)

La salute e le risorse umane della sanità sono un valore non una merce; la definzione del contingente di medici e di professionisti dell'area sanitaria da formare va sottoposto a programmazione quali-quantitativa a tutela della salute dei cittadini; e il sistema di selezione per l'accesso alla formazione e al mondo del lavoro deve essere trasparente, meritocratico e non discrezionale.

Quello della formazione medica pre e post lauream, rappresenta l'unico ambito in cui il diritto allo studio dello studente deve trovare un punto di equilibrio con la tutela del diritto alla salute del cittadino.
Per questo il numero programmato per l'accesso a medicina è un valore e come tale va preservato. Questo deve essere il punto fermo, da cui partire per cercare di migliorare l'attuale modalità di accesso ai corsi di laurea di medicina basata attualmente su una prova a quiz. Ciò soprattutto in relazione a quanto sta accadendo a seguito dei crescenti pronunciamenti del Tar che, negli ultimi anni, stanno minando l'impianto dell'accesso programmato, con gravi ripercussioni sul sistema salute.

Si è aperto, pertanto, un dibattito in tema di revisione dell'accesso ai corsi di laurea di medicina basati su un'estemporanea prova a quiz con l'ipotesi di adottare soluzioni mutuate dal modello francese. In tal contesto, taluni si lanciano in esternazioni senza neanche aver contezza di tale interessante modello, che coniuga alla meritocrazia anche un perfetto equilibrio tra accessi a medicina, alla formazione post laurea e al mondo del lavoro, essendo fondato sull'accesso programmato.

In verità, è difficile capire se potrebbe funzionare anche nel nostro Paese. Infatti, se, da un lato, superare l'estemporaneità dell'attuale sistema di accesso al percorso formativo in medicina è un obiettivo a cui tendere idealmente, dall'altro lato, va considerato che le università italiane non sembrano in atto attrezzate (in termini, organizzativi, strutturali e ordinamentali) ad affrontare l'impatto di un potenziale contingente di accessi a medicina, stimato in circa 60.000 matricole l'anno.

E in assenza di una rivisitazione complessiva del sistema universitario italiano, tra i più statici e conservatori, il rischio è quello di far scontare scelte dettate dall'emotività del momento sulle spalle dei singoli studenti, che rischiano di perdere tempo prezioso con percorsi universitari non definiti, e sul portafoglio delle loro famiglie, con il solo risultato certo di vedere impennare gli introiti delle università, mai così in difficoltà con i finanziamenti erogati dal governo, attraverso le tasse universitarie.

Fermo restando che ogni paese ha le sue peculiarità socio-culturali e quindi ogni modello è per sua natura irripetibile senza considerare aggiustamenti sostanziali, quello a cui bisogna tendere è un modello che non scarichi il rischio della scelta professionale sul singolo studente, ma che bensì programmi e poi selezioni il capitale umano di ambito scientifico con una formazione a più livelli che valorizzi le scelte vocazionali con riferimento alle scienze di base, incanalando gli studenti con le carte in regola (crediti acquisiti) in percorsi di studio definiti (medicina, infermieristica, veterinaria, odontoiatria, farmacia e altre professioni sanitarie), fermo restando la possibilità per tutti di potersi cimentare nell'accesso ai corsi di area sanitaria.

L'addestramento professionale del medico, che è garanzia della tutela della salute del paziente, si fonda su un percorso formativo caratterizzato da un ottimale rapporto docente/studenti e sulla disponibilità di un'adeguata casistica clinica, reperibile all'interno delle strutture assistenziali. E tale casista non è illimitata, per quanto presenti potenzialità di ampliamento attraverso l'effettiva implementazione di reti formative integrate tra università, territorio e ospedale.

Il sistema dell'accesso programmato in linea di principio garantisce tali condizioni e, pertanto, va salvaguardato. Peraltro, osservando i dati dell'Oms relativi al rapporto tra medici e popolazione assistita, si evidenzia come l'Italia sia uno dei Paesi con il rapporto più alto nell'EU (3,9:10.000, con una media EU che si attesta a 3,2:10.000, per l'anno 2010): tale evidenza richiama ulteriormente l'attenzione sul tema della programmazione delle risorse umane del settore sanitario. A maggior ragione perché ai giorni nostri si deve tenere in debito conto anche il tema della compartecipazione di competenze professionali coi profili non medici.

È necessario, pertanto, avere un approccio di sistema per effettuare un'adeguata programmazione del fabbisogno di professionalità mediche, non limitandosi agli aspetti quantitativi, ma avendo almeno pari attenzione per quelli qualitativi. Il progressivo invecchiamento della popolazione, unitamente ai mutati scenari epidemiologici, impongono il superamento del modello ospedalo-centrico nel sistema integrato territorio-ospedale, rispetto al quale molte Regioni tardano ad adeguarsi.

Eppure nessuno in questo momento si pone il problema di un indispensabile incremento del contingente di profili medici generalisti, essendo rimasto invariato e sottodimensionato nell'ultimo quinquennio il numero di accessi disponibili per la formazione specifica di medicina generale. Né si stanno formando quegli specialisti che occorrono al sistema delle cure integrate per soddisfare il crescente bisogno di salute espresso in forma di multi-cronicità, co-morbosità e disabilità.

In conclusione, tutto si può migliorare anche l'attuale sistema di accesso a Medicina, che è stato oggetto di continue impugnazioni in sede di giustizia amministrativa. Non giova fare annunci o assumere decisioni frettolose per un sistema che nelle risorse umane ha la sua principale ricchezza, ma si istituisca un tavolo di lavoro tecnico congiunto tra Miur e Ministero per valutare le criticità e le possibili soluzioni.

A prescindere da quale sia il sistema di selezione in adozione, è indispensabile cominciare ad orientare i giovani sulla base di un approccio vocazionale, a partire dalle scuole superiori, onde evitare un sovraffollamento "non consapevole" dei corsi di studio, soprattutto nell'ambito socio-sanitario. Si cerchi in via preferenziale di rendere immune l'attuale sistema di accesso dai ricorsi e, solo laddove ciò non sia possibile, si apra a nuovi modelli. Nessuna barriera ideologica può essere posta sulle regole e sulle riforme, ma da alcuni punti fermi non si può derogare: accesso programmato, criteri oggettivi, trasparenti e meritocratici, qualità della formazione.