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Le proposte della Corte dei conti per il Patto? Per Fiaso sfondano una porta aperta

di Fabio Valerio Alberti, Presidente FIASO, Federazione Italiana Aziende sanitarie ed Ospedaliere

Sembra sin troppo banale condividere l'appello della Corte dei Conti alla riforma dei ticket, all'applicazione dei costi standard e alla ripresa degli investimenti.

Tutte cose che come Fiaso abbiamo proposto da tempo, ma che fino ad oggi non hanno trovato applicazione in reali provvedimenti di legge. Sui ticket, ben prima che il tema arrivasse sul tavolo del Patto per la salute, abbiamo proposto al Ministro della salute una riforma all'insegna dell'equità, che agganciando le esenzioni, anche quelle per patologia, al reddito Isee, prevedendo una franchigia, in modo da porre un tetto annuo alla spesa. Tutto questo in modo da liberare risorse per ridurre la compartecipazione alla spesa per specialistica e diagnostica, che ha assunto nel tempo proporzioni tali da generare preoccupanti fenomeni di esclusione sociale. Per non parlare del fatto che ticket più elevati delle tariffe private hanno finito per generare problemi di competitività delle aziende pubbliche, con un dirottamento di prestazioni verso l'esterno a costi interni di gestione pressoché invariati.

Riguardo ai costi standard poi bene hanno fatto i magistrati contabili a sollecitarne la loro applicazione, visto che troppe volte, anche da autorevoli esponenti del Governo, sentiamo parlare di loro messa a regime già avvenuta. Vale allora la pena ricordare che quei costi standard già approvati altro non sono che un diverso criterio di riparto del Fondo sanitario, che su 110 miliardi ha spostato appena poche centinaia di milioni. Altro che garze e siringhe allo stesso prezzo. Come se poi bastasse questo a risanare i conti della sanità. Quello che da tempo come Fiaso sosteniamo è invece la necessità di rivedere in profondità anche i criteri di riparto intra-regionali, che oggi assegnano le risorse alle aziende sanitarie senza aderenza ai reali fabbisogni del territorio e senza premialità verso chi è efficiente rispetto a chi non lo è, ponendo questioni etiche di fondo rispetto alle risorse assegnate a territori differenti.

Riguardo i prezzi d'acquisto invece ben vengano le centrali di acquisto se ben raccordate con chi nelle aziende ha il polso del reale fabbisogno di beni e servizi. Ma attenzione a non voler standardizzare anche quello che non lo è, soprattutto nel campo della diagnostica strumentale, dove l'innovazione produce una costante diversificazione dell'offerta che non può essere ignorata, pena la caduta dei livelli di assistenza offerti.
Infine gli investimenti. Diciamolo con chiarezza: da almeno dieci anni non si investe più in sanità. I nostri ospedali sono tra i più datati d'Europa e la loro dotazione strumentale non tiene più il passo dell'innovazione tecnologica. Bisogna tornare ad investire in sanità, perché questo fa bene alla salute ma anche alla nostra economia, visto il valore industriale dell'indotto sanitario e la capacità di incrementare la produttività insita in un sistema sanitario efficiente.

Il ministro Lorenzin ha assicurato che i risparmi derivanti dal Patto per la salute resteranno "in casa". Questo è anche l'auspicio della Fiaso che, visti gli attuali livelli di finanziamento, ritiene indispensabile che le risorse derivanti dall'applicazione del Patto siano destinate interamente a una ripresa degli investimenti in sanità.