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Specializzazioni mediche: non rottamiamo ciò che funziona!

di Raffaele Calabrò, capogruppo Ncd commissione Affari sociali Camera dei Deputati, consigliere per la sanità del presidente della Regione Campania Caldoro

Non rottamiamo ciò che funziona! Da qualche tempo c'è chi, a più riprese e in più sedi, tenta di stravolgere la formazione specialistica dei giovani medici, che finora si è basata, e quasi sempre con ottimi risultati, su una scuola forte capace di seguire e coordinare l'insegnamento, accompagnando il giovane specializzando nelle diverse aree del suo percorso formativo. C'è invece chi, in nome della celerità e della modernità a tutti i costi, preme per l'inserimento automatico dei medici specializzandi, ammessi al biennio conclusivo del corso, all'interno delle aziende del Servizio sanitario nazionale, sganciati da un'organizzazione coordinata dell'Università. Insomma, è in atto uno scontro culturale tra chi vorrebbe adottare la formula meno università e più corsie degli ospedali (come se nei Policlinici le attività cliniche non si svolgessero o si svolgessero necessariamente male) con l'unica conseguenza di reclutare nuove forze di lavoro a basso costo.

E chi, invece, resta fermamente convinto che la qualità dell'assistenza sanitaria, che questo malmesso Ssn riesce ancora a garantire, sia anche frutto di una completa e adeguata formazione che le Università, in stretta collaborazione in rete con i centri di eccellenza del Ssn, sono ancora capaci di assicurare.

Non si tratta di difendere baronie accademiche come pur qualcuno pensa, ma di farsi sostenitori di un sistema che ha retto negli anni, anche se va senz'altro ammodernato. Siamo in un momento storico in cui appare urgente riorganizzare il sistema di accreditamento e di monitoraggio delle scuole di specializzazione, basandolo sui volumi e sugli esiti di cura delle diverse aree della propria disciplina, prevedendo il ridimensionamento o la chiusura di quelle scuole che non presentino standard elevati e organizzando, invece, una rete efficiente con le strutture del Servizio sanitario nazionale, coordinata dalla stessa scuola.

Parimenti peregrino, appare l'inquadramento nella categoria DS del comparto sanitario che, come è noto, equivale ad un profilo non medico, per quelli che scegliessero il percorso breve per un inserimento nel Ssn: laurea e abilitazione all'esercizio professionale. No, grazie, non abbiamo bisogno di medici di serie A e serie B perché questa sarebbe la naturale evoluzione di due diverse tempistiche e modalità di formazione: ci troveremmo giovani che verrebbero utilizzati e, quindi, teoricamente formati in strutture con diversi livelli di assistenza con un gap notevole rispetto a quelli formati con tutti i crismi.

Non scherziamo, nel campo della formazione medica non sono ammesse innovazioni, percorsi rapidi e altre diavolerie, perché a farne le spese sarà il benessere dei cittadini. Che ci piaccia o no la formazione cambia se lavori nel piccolo ospedale di periferia o nei centri di eccellenza dove vanno necessariamente organizzate le scuole di specializzazione, le uniche in grado di attrezzare i futuri camici bianchi per far fronte alle continue evoluzioni di una medicina sempre più specialistica.