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I costi standard applicati per i beni ma anche per i servizi

di Maurizio Dore (presidente Federsanità Anci Piemonte)

Miglior costo per processo, per Pdta o per patologia ricompresa nei Lea. Il tema dei costi standard, inizialmente correlato a quello del federalismo, risale almeno al D.Lgs. 56/2000. Quasi tre lustri. Dopo molti rinvii il punto di svolta, in attuazione della legge delega 42/2009, sembrava essere il D.Lgs 68/2011 "di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario". Il combinato disposto degli artt. 26 e 27 del suddetto Decreto pone le premesse per una generale sovrapposizione e confusione nell'uso dei termini fabbisogno, spesa e costo standard. Cui si aggiungono regole di fissazione degli standard non univocamente interpretabili, assenza di indicazioni sulle spese in conto capitale, insufficiente definizione delle modalità di dimensionamento dei flussi di perequazione tra Regioni, problemi nell'individuazione delle Regioni benchmark e nella loro graduazione.

Considerazioni che fanno dire della difficoltà di dare forma empirica a un modello di finanziamento che tenga assieme efficientamento ed equità.
A queste considerazioni di carattere più generale, più aderenti e conseguenti alla non chiarezza del dettato normativo, si aggiunge un secondo nodo che attiene agli aspetti tecnici di costruzione e definizione del costo standard. E in proposito emerge chiaramente un equivoco o, forse, ancor più, una scorciatoia. Quello che si perimetra con ossessionante ricorrenza come costo standard per bene (dalla garza alla siringa) o servizio (dalla mensa alla pulizia) in realtà non vale ad esprimere un effettivo benchmark comparativo tra i migliori mix-input produttivi sanitari di alcune Regioni capofila nell'efficienza e, aspetto non trascurabile, di outcome in ordine agli esiti di cura.

In sostanza la scorciatoia - prezzo di riferimento del bene o servizio, peraltro, in tempi recenti oggetto di contenziosi sulla loro bontà - non considera la necessità di una analisi globale dei singoli output/outcome avvalendosi della possibile interazione tra la disponibilità di strumenti ampiamente applicati in altri contesti quali la contabilità analitica e il procedimento bottom-up con cui si può addivenire alla definizione del miglior costo per processo, per Pdta o per patologia ricompresa nei Lea, consentendo, in tal modo, mediante sommatoria, di definire il fabbisogno di risorse standard da assegnare alla singola Regione.

La realtà ci pone, invece, di fronte ad un finanziamento standard che premia le singole Regioni sulla base della maggiore popolazione residente, di un maggiore indice di anzianità con eventuale correzione applicando un indicatore – peraltro non è chiaro con quale peso – di deprivazione socio-economica. Con una specifica ulteriore, derivante dal tenore del comma 6 dell'art. 27 del suddetto Decreto, laddove prevede che "i costi standard sono computati a livello aggregato per ciascuno dei tre macrolivelli di assistenza…… e che il valore di costo standard è dato, per ciascuno di essi erogato in condizione di efficienza e appropriatezza, dalla media pro-capite pesata del costo registrato dalle regioni di riferimento".

La sostanza è che, mancando in sede regionale strumenti inequivocabili e omogenei di metrica di valutazione dei costi integrati con i modelli e le strutture di offerta dei servizi, il fabbisogno viene individuato in sede politica e non in sede tecnica.