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Giurisprudenza divisa: «Il Dl Balduzzi è vera rivoluzione?»

di Giorgio Vaccaro

Il confronto interpretativo era sul portato dell'articolo 3 della Legge Balduzzi che recita testualmente: «L'esercente la professione sanitaria che nello svolgimento della propria attività si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, non risponde penalmente per colpa lieve. In tali casi resta comunque fermo l'obbligo di cui all'articolo 2013 del codice civile. Il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto della condotta di cui al primo periodo».
Il dopo Dl Balduzzi. Le sentenze intervenute in tema, si dividevano tra due estremi interpretativi. Il primo che valutava la legge come «innovativa della disciplina della responsabilità medica» e, quindi, che sarebbe intervenuto cambiamento del diritto vivente in grado di «gettare alle ortiche - l'utilizzabilità, in concreto, della teoria del contatto sociale». Il secondo estremo, contrario, «ha ritenuto che nessuna portata innovatrice deriverebbe dalla legge Balduzzi, in merito alla responsabilità civile del medico. Il motivo di questo secondo orientamento sarebbe che, il richiamo all'articolo 2043 Cc contenuto nell'articolo 3 «andrebbe riferito solo al giudice penale, per il caso di esercizio dell'azione civile in sede penale, mentre la responsabilità civile del medico andrebbe comunque ricondotta al disposto dell'articolo 1218 del Cc in caso d'inadempimento». A sminuire la portata del decreto, anche la Corte di cassazione, anche con l'ultima pronuncia dell'aprile del 2014 (Cass. nr. 8940): «L'esercente la professione sanitaria che, nello svolgimento della propria attività, si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica - non risponde penalmente per colpa lieve» fermo restando in tali casi "l'obbligo di cui all'articolo 2043 del Cc" non esprime alcuna opzione, da parte del legislatore, per la configurazione della responsabilità civile del sanitario come responsabilità necessariamente extracontrattuale, ma intende solo escludere, in tale ambito, l'irrilevanza della colpa lieve».
Nel motivare l'iter logico della decisione, l'estensore della sentenza Patrizio Gattari, conferma che nessuna portata innovativa può avere l'art. 3 della legge Balduzzi, perché «la struttura sanitaria (pubblica o convenzionata o anche non convenzionata) convenuta dal danneggiato, è responsabile ai sensi dell'articolo 1218 del Cc che impone al debitore di una prestazione l'obbligo di risarcire il danno, ove non sia lui stesso a provare che l'inadempimento sia stato determinato da impossibilità della prestazione, derivante da causa a lui non imputabile. Ancora, si legge: «ferma la responsabilità ex articolo 1218 della struttura sanitaria, qualora il danneggiato intenda agire in giudizio contro il medico, occorre distinguere l'ipotesi in cui il paziente abbia concluso un contratto con il professionista, da quella in cui le parti non hanno concluso nessun contratto». Pertanto, non si prospetta nessuna minor tutela codicistica per il paziente proprio nei casi nei quali la scelta del professionista abbia costituito una delle motivazioni del rapporto di cura.
Il punto chiave. Il nodo centrale del portato di cui all'articolo 3, può, dunque, immaginarsi solo affermando che «La norma imponga di rivedere il criterio d'imputazione della responsabilità risarcitoria del medico dipendente o collaboratore di una struttura sanitaria per i danni provocati - in assenza di un contratto concluso dal professionista con il paziente». Continua il giudice milanese «compito dell'interprete non è quello di svuotare di significato la previsione normativa, bensì di attribuire alla norma il senso che può avere, in base al suo tenore letterale ed all'intenzione del legislatore (art. 12 delle preleggi)... il Parlamento italiano in sede di conversione del decreto legge, per seguire le finalità, ha voluto indubbiamente limitare la responsabilità degli esercenti una professione sanitaria e alleggerire la loro posizione processuale, anche attraverso il richiamo al 2043 Cc. introducendo al comma 3 del medesimo articolo, un criterio limitativo dell'entità del danno biologico risarcibile in tali casi al danneggiato».
Conseguenze di una tale lettura «al di fuori dei casi in cui il paziente sia legato al professionista da un rapporto contrattuale, il criterio attributivo della responsabilità civile al medico, va individuato in quello della responsabilità da fatto illecito ex articolo 2043 Cc, con tutto ciò che ne consegue, sia in tema di riparto dell'onere della prova, sia in termini di prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento del danno» e dall'altro «così interpretato l'articolo 3, co. 1 della legge Balduzzi porta dunque, inevitabilmente, a dover rivedere l'orientamento giurisprudenziale, pressoché unanime dal 1999, che riconduce in ogni caso la responsabilità del medico all'articolo 1218 Cc (inadempimento delle obbligazioni - responsabilità del debitore) anche in mancanza di un contratto concluso dal professionista con il paziente».