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«Triplo positivo», individuato nuovo sottotipo di carcinoma mammario

di Patrizia Vici (Responsabile struttura semplice Carcinoma della mammella - INT Regina Elena Irccs)

Il cancro della mammella è una malattia estremamente eterogenea, costituita da tipi di tumori molto diversi, che hanno insorgenza, sensibilità a farmaci e comportamento clinico molto differenti.

Verso un nuovo sottotipo "triplo positivo". Recentemente, nel corso di un congresso svoltosi a novembre 2014 presso l'Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma, un panel di esperti ha posto l'attenzione sulla possibile esistenza di un ulteriore sottogruppo di carcinoma della mammella, il tumore "triplo positivo", costituito da espressione di entrambi i recettori ormonali e dal recettore Her-2. Tale entità costituirebbe un sottotipo della variante Her-2-like, ma con caratteristiche piuttosto differenti, sia dal punto di vista di comportamento clinico, che di sensibilità alle varie terapie. Il convegno, organizzato sotto la mia responsabilità scientifica, ha coinvolto ricercatori di fama nazionale e internazionale, tra i quali il Dr. Angelo Di Leo, Direttore dell'Oncologia dell'Ospedale di Prato, e il Dr. Filippo Montemurro, Direttore dell'Oncologia dell'IRCC di Candiolo. Nel corso del convegno sono state focalizzate le differenze tra i vari sottotipi di carcinoma della mammella, le loro peculiarità biologiche, e soprattutto il comportamento clinico, e conseguentemente sono state ipotizzate procedure terapeutiche maggiormente mirate e personalizzate.
Il carcinoma della mammella Her-2 positivo viene infatti tuttora considerato come un'entità distinta, ma piuttosto omogenea, nei confronti della quale il trattamento standard è costituito sempre dalla chemioterapia, associata ad un agente biologico anti-Her-2. Dati recenti ed evidenze emerse durante il convegno suggeriscono invece come anche la malattia Her-2 positiva, al pari del sottogruppo di tumori endocrino-sensibili e dei tumori tripli negativi, presenti un'eterogeneità biologica che può condizionare sensibilmente l'outcome delle pazienti. Ciò è principalmente ascrivibile alla positività o meno dei recettori ormonali, riscontrabile in circa la metà dei tumori Her-2 positivi, e pertanto viene individuato l'ulteriore sottogruppo definibile "triplo positivo".
È noto da tempo come la positività di Her-2 si traduca in una ridotta sensibilità alla terapia ormonale, per l'attivazione di interferenze biologiche complesse e bi-direzionali.
Recenti risultati mostrano un beneficio dalla combinazione di un agente anti- Her-2 e terapia endocrina, senza chemioterapia, nel sottogruppo di tumori "tripli positivi", anche se il beneficio appare di minore entità rispetto alla combinazione di un anti-Her-2 con la chemioterapia, e pertanto nella pratica clinica la scelta preferenziale è ancora sempre costituita dall'approccio chemioterapia e blocco di Her-2, mentre la terapia ormonale viene solitamente impiegata in sequenza, dopo la chemioterapia. In realtà, sembrerebbe che anche nell'ambito del sottogruppo di tumori Her-2 positivi, notoriamente ritenuti a cattiva prognosi, esista un subset a prognosi particolarmente favorevole, anche in assenza di trattamento con anti-Her-2 e chemioterapia, e ciò suggerisce che, in particolari sottogruppi, il trattamento standard solitamente impiegato, e cioè chemioterapia e agente anti-Her-2, potrebbe addirittura costituire un sovratrattamento. Data la complessità delle interazioni biologiche tra le vie biochimiche di attivazione della via dei recettori ormonali e del recettore Her-2, e le interferenze con ulteriori vie esistenti nella cellula neoplastica, molte delle quali ancora poco conosciute, nonchè le implicazioni cliniche conseguenti, focalizzare l'attenzione sui meccanismi alla base di tali interazioni, e quindi ottimizzare le scelte terapeutiche e la selezione dei farmaci appare di fondamentale rilievo. L'auspicabile identificazione di fattori che possano definire i sottogruppi di tumori "tripli positivi" a prognosi più favorevole, nei quali l'impiego della chemioterapia possa essere procrastinato, oppure l'individuazione di biomarcatori di ridotta efficacia della chemioterapia o degli agenti anti-Her-2, potrebbe certamente costituire una svolta rilevante nella gestione delle pazienti affette da carcinoma della mammella, sia in fase precoce che in malattia avanzata.