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«Una società in grande deflazione»

di Carla Collicelli (Censis)

La ripresa che tutti aspettiamo non è ancora arrivata, e questo rende faticoso per tutti il periodo che stiamo attraversando. Non mancano gli sforzi, che tanti soggetti vitali della società hanno fatto e stanno facendo nel tentativo di superare mediocrità più o meno antiche ed anacronistiche del nostro sistema-paese e di accelerare la marcia verso un nuovo sviluppo. Come chiede l'Europa, ma anche come chiedono le nuove condizioni di contesto economico e politico internazionale, e soprattutto come chiedono i cittadini, specie quelli in difficoltà. Ma questi sforzi hanno qualche volta il sapore della fuga in avanti, altre volte quello di una transizione lenta e silenziosa, forse troppo lenta. Nel frattempo la disarticolazione della società continua ad avanzare, e con essa la soggettività sempre più spinta, la distanza tra le molecole, ed anche l'isolamento ed in molti casi la solitudine degli individui.
Il risultato generale che il Rapporto Censis sulla situazione sociale del paese al 2014 sottolinea può essere riassunto in tre concetti-chiave. Una società a sistemica (primo concetto), e cioè "non più governabile con i tradizionali modelli sistemici (piramidali, collegiali, concertativi), visto che le catene di comunicazione e di comando (top-down e bottom-up) sembrano sempre più sfilacciate". Una società cibernetica (secondo concetto), che non riesce però a riempire di significati le reti su cui si basa, né ad interconnettere tra loro i diversi ambiti e circuiti (il Rapporto ne indica 7, tutti di vitale importanza, e non interconnessi tra loro). Soprattutto una società in "grande deflazione" (terzo concetto), non solo economica, ma anche di iniziative delle imprese, di aspettative individuali e collettive, di mobilità, e di rappresentanza degli interessi collettivi. La via di uscita viene indicata in una politica rinnovata - di nuovo quindi la politica -, ma in un'ottica di disincrostazione da vecchie retoriche e populismi, e di ritorno alla realtà concreta, ai soggetti di base, ed ai valori intriseci della cultura nazionale e locale.
I fenomeni dell'anno, citati dalla parte generale del Rapporto, sono il cinismo dei soggetti individuali e familiari, l'atonia del grande capitalismo, la dissipazione del capitale umano e la cattiva o debole valorizzazione del patrimonio culturale, la separatezza dei poteri reali in Europa, la sottovalutazione del ruolo dei corpi intermedi, la potenza economica e culturale mondiale della italian way of life (27,4 miliardi di euro di export nel 2013, +26,9% dal 2007, e la collocazione dell'Italia al primo posto per "godibilità", ed al quarto per qualità estetica del territorio e spirito di accoglienza, nelle graduatorie reputazionali mondiali), e tanti altri.
La parte del Rapporto dedicata al welfare ed alla sanità riprende il concetto di deflazione come cifra complessiva anche del sociale del paese. In particolare la austerity, che della deflazione fa parte a pieno titolo, sta rischiando di strangolare il welfare, producendo la accentuazione delle disuguaglianze – di reddito, cultura, territorio ed offerta di servizi -. La dipendenza dei giovani dalle famiglie, ben oltre il raggiungimento formale dell'età adulta, la stessa bassissima natalità, e soprattutto la mancata copertura di bisogni di massa, come la non autosufficienza di anziani e disabili, sono le evidenze più eclatanti di una simile situazione.
Un dato positivo rilevato dal Censis e riportato nel capitolo Welfare è quello per cui i cittadini, benché sempre più evoluti ed autonomi, non giudicano auspicabile un eventuale smantellamento del sistema pubblico di copertura sanitaria, sociale e previdenziale, che porterebbe danni pesanti per l'equità e l'inclusione sociale. Ma al tempo stesso forte è la richiesta di lotta alle disuguaglianze vecchie e nuove, specie per quanto riguarda l'accesso ai servizi, il sostegno alla procreazione ed alla famiglia, il supporto alle giovani generazioni, la coesione sociale e la solidarietà. Le manovre sui bilanci pubblici in risposta alla crisi dovrebbero assecondare le forme di "nuovo welfare" e di welfare spontaneo, ma al tempo stesso produrre meccanismi solidi di sostegno e d inclusione.
Particolarmente grave risulta il rischio di scissione tra welfare e giovani, segnalato dal Rapporto, evidente nei dati, più pesanti per i giovani che per le altre fasce di età, della rinuncia a prestazioni anche essenziali di welfare e di sanità, della sfiducia nella copertura pensionistica futura e del necessario ricorso all'aiuto da parte di genitori e nonni. Fanno fede a tale proposito lo sbilanciamento della spesa sociale in Italia a favore del pilastro pensionistico (61,9% del totale) e le tante evidenze sull'impegno dei longevi nella cura di altre persone anziane parzialmente o totalmente non autosufficienti (in modo regolare 972.000, e di tanto in tanto (3,7 milioni), e soprattutto dei nipoti (3,2 milioni continuativamente e quasi 5,7 milioni di tanto in tanto), e nel sostegno economico alla famiglia di figli e nipoti (oltre 1,5 milioni continuativamente e circa 5,5 milioni di tanto in tanto).
Ed altrettanto incisivo è il richiamo al ruolo crescente della comunicazione tecnologica, ed in particolare dell'informazione sanitaria e sociale, nel quadro del sistema di welfare italiano, ed ai rischi ad essa connessi. Tutti sono più informati, ma al tempo stesso anche più incerti e confusi, e ciò non facilita affatto il corretto incontro tra domanda ed offerta e la ricerca di formule appropriate di intervento.