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La proposta: un conto corrente salva-conti nel Ssn

di Ettore Jorio, Università della Calabria

Uno dei grandi problemi che affligge il bilancio della sanità delle Regioni è rappresentato da una congenita anomalia determinata dalla mancata attuazione del contenuto dell'articolo 8-quinquies del vigente Dlgs 502/1992, nonostante la esaustiva definizione dell'accordo da distinguersi da quella più culturalmente digerita di contratto. Un dilemma interpretativo da risolvere nella pratica, attesa l'influenza che il precetto riveste nella gestione dei rapporti economici delle Asl e delle Regioni con gli erogatori delle prestazioni salutari in senso lato. Tra questi, quelli che assicurano ai cittadini il livello essenziale di assistenza di ricovero per acuti.

Tra Asl e Ao, basta un C.C. Al riguardo, si evidenziano sensibili disparità di trattamento tra le condizioni economico-finanziarie riservate agli esercenti l'attività di spedalità privata e quelle garantite alla ospedalità pubblica, in particolare a quelle assicurate dalle Ao, che posseggono indistinta personalità giuridica pubblica e autonomia imprenditoriale. Invero, a queste ultime, a differenza di quanto avviene per gli omologhi erogatori privati - che sono retribuiti a produzione nei limiti del budget assegnato loro annualmente - vengono corrisposti finanziamenti, prescindendo dal risultato "imprenditoriale" conseguito. Viene, infatti, finanziato il loro funzionamento a regime, garante delle retribuzioni del personale e dei costi caratteristici (e non solo). Una modalità consolidatasi nel tempo che suscita non poche perplessità, sia in riferimento alla esecuzione dei contratti (che, nel caso di specie, non ci sono!) tra le Asl e le Ao eroganti che in relazione al presupposto giuridico-economico in base al quale la Regione accolla (in via preventiva e "a corpo"!) alle Asl nel loro complesso il costo dell'insieme delle Ao, facendo così gravare la relativa spesa sui finanziamenti destinati alle aziende territoriali. Un sistema che genera una costosissima anomalia consistente nella retribuzione forfettizzata di mantenimento della filiera delle aziende ospedaliere/universitarie prescindendo, spesso, dalla produttività assistenziale assicurata dalle medesime alla collettività. Una retribuzione "vuoto per pieno" che, se adeguatamente corretta, darebbe l'occasione di dirottare, a garanzia dei costi "improduttivi", finanziamenti utili al territorio da destinare, per esempio, alla prevenzione ovvero all'assistenza domiciliare.
Trascurando in questa sede l'approfondimento del concetto retributivo di prestazione a budget relazionato alla regola della c.d. regressione tariffaria (che darebbe, tra l'altro, tanta più ragione alla certezza dei servizi relativi per 365 giorni l'anno), si suppone ipotizzare una diversa categorizzazione contrattuale dei rapporti di fornitura tra Asl e Ao/Aou. Gli stessi potrebbero essere regolati, quanto alla gestione dei relativi rapporti economici, da un contratto di conto corrente ordinario con una previsione budgettata pari al costo di funzionamento delle Ao/Aou salvo poi garantire alle stesse la disponibilità finanziaria sulla base della produzione reale annua. Un modo per rendere trasparente l'assistenza erogata dalle Ao/Aou nonché di rappresentare fedelmente, nelle rispettive contabilità economico-patrimoniali, le partite creditorie relative alle prestazioni eseguite in contrapposizione alle partite debitorie delle Asl territorialmente competenti. Queste ultime saranno, ovviamente, tenute a richiedere il rimborso alle altre in ragione della residenza dell'assistito beneficiario diretto della prestazione.
L'esercizio di una tale modalità fornirebbe, altresì, l'occasione alla Regione - oltre che di acquisire una corretta rendicontazione dei centri di costo specifici - di ripartire annualmente alle Asl l'intero fabbisogno standard regionale (oggi Fsr) ed, eventualmente, di integrare in favore delle Ao la differenza tra quanto prodotto "imprenditorialmente" e quanto necessario per garantire il "normale" funzionamento aziendale. Non solo. Darebbe anche modo di regolarsi consequenzialmente anche in termini di assottigliamento delle risorse umane ivi stabilmente occupate, se eccessive, destinandole altrove.