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Farmindustria, cosa non torna

di Massimiliano Abbruzzese (vicepresidente Associazione Slow Finance)

Gentile Direttore,
ho letto con piacere la sua intervista al Presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi.
Ci sono molti elementi che hanno attirato la mia attenzione e, nella speranza di arricchire la discussione, ho deciso di condividere con lei e con i suoi lettori alcune riflessioni (spero utili).

Premessa la soddisfazione per l'aumento dell'occupazione nel settore farmaceutico, anche alla luce dei dati Istat di ieri sulla disoccupazione, come il dottor Scaccabarozzi ritengo sia giunto il momento di pensare a un modello di sanità diverso. Allo stesso modo mi sembra doveroso esporre alcune precisazioni riguardo le sue dichiarazioni.

Intanto, secondo i dati forniti dalla stessa Farmindustria (Vedi "Indicatori farmaceutici" luglio 2014), il numero di addetti è passato dai 69.500 del 2008, anno dell'inizio della crisi economica, ai 62.300 del 2013. Dunque, l'aumento di 3.000 addetti, che riporta le lancette al 2011 (65.000), potrebbe risultare un dato fuorviante. Tutto questo a fronte di un continuo aumento del valore della produzione che, per lo stesso periodo (2008 - 2013), è passato da 23,769 a 27,611 miliardi di euro. Ma questi dati, seppur di tutto rispetto, non hanno nulla a che vedere con le performance in borsa delle maggiori case farmaceutiche. Infatti, come riporta un recente articolo pubblicato da Forbes le industrie del settore, meglio note come BigPharma, hanno avuto risultati stellari.

Ecco qualche esempio: Actavis ha avuto un rendimento a cinque anni del 549,9%; Gilead Sciences (detentore del brevetto del Sofosbuvir medicinale per l'eradicazione dell'epatite C) ha totalizzato un più 335,7%; Novartis deve "accontentarsi" di un più 100%. Potrei andare avanti così ancora per un bel pezzo ma i dati non sarebbero molto diversi, anzi: Bristol-Myeers Squibb + 183,1%; Biogen + 534,9%; Novo Nordisk + 253,3%.

Pensare, quindi, che un eventuale taglio delle risorse messe a disposizione delle regioni per l'acquisto di medicinali possa decretare il licenziamento di 20.000 addetti risulta fuori da ogni logica comprensione.
Naturalmente è utile ribadire che qualsiasi forma di controllo e trasparenza per debellare le cattive abitudini nella gestione della cosa pubblica, anche e soprattutto quelle riguardo il nostro sistema sanitario nazionale, deve essere la benvenuta. In questo l'applicazione del Dlgs 118/2011 può risultare determinante.

A proposito di trasparenza, c'è un altro aspetto delle dichiarazioni del presidente Scaccabarozzi su cui vale la pena soffermarsi. Si tratta del "nuovo dato che arriva dagli Usa" riguardo lo sviluppo dei farmaci che impegna risorse per 2,8 miliardi di dollari. Ebbene, non più tardi di qualche mese fa l'Agenzia Italiana per il Farmaco (Aifa), a firma del Direttore Luca Pani, ha pubblicato un articolo dal titolo: "Dall'Etica del profitto al profitto dell'Etica: sofosbuvir come esempio di farmaci dal costo insostenibile, una sfida drammatica per i sistemi sanitari e un rischio morale per l'industria".

Chissà se l'hanno letto anche in Farmindustria. In proposito potrebbe essere utile che, come l'Aifa e il Senato americano, il dottor Scaccabarozzi voglia conoscere dettagliatamente i costi di ricerca&sviluppo, marketing e pubblicità e far chiarezza sui potenziali conflitti di interesse sulle Società scientifiche che raccomandano i farmaci.

Non le porto via ulteriore tempo e la ringrazio per l'attenzione che vorrà dare a questa mia. Un cordiale saluto e un augurio di buon lavoro a lei e a tutti gli addetti del settore farmaceutico incluso il dottor Scaccabarozzi.