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Adolescenza e suicidi: non lasciamo soli i ragazzi

di Marco Sarchiapone (professore di Psichiatria Dipartimento di Medicina Università del Molise)

Secondo l'ultimo report dell'Oms, nel mondo ogni anno più di 800mila persone si tolgono la vita, il che corrisponderebbe a una morte ogni 40 secondi. Questi dati sono ancora più allarmanti se si pensa che tra i giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni, il suicidio rappresenta la seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali. È per questo che l'Oms si è posta come obiettivo per il 2020 una riduzione del 10% dei tassi di suicidio.

Sebbene il suicidio venga descritto come un evento improvviso e non prevedibile, nell'adolescenza come in altre fasi della vita, spesso esso costituisce l'esito di un lungo processo associato a un disturbo mentale, in molti casi non diagnosticato o non trattato. In particolare, in età giovanile è possibile riscontrare una vera e propria sindrome in cui comportamenti a rischio, quali abuso di sostanze, gesti autolesivi non suicidari, rapporti sessuali non protetti, inattività fisica e persino abitudini alimentari non corrette, risultano tra loro compresenti e correlati al comportamento suicidario. Ciò ha condotto allo sviluppo di diverse strategie di prevenzione che purtroppo hanno spesso prodotto risultati conflittuali o non sono riuscite a dimostrare la loro efficacia su base scientifica.

Un nuovo studio pubblicato sulla rivista scientifica The Lancet ha invece dimostrato che è possibile ridurre del 50% i comportamenti suicidari tra gli adolescenti europei, attraverso un programma che mira ad accrescere la consapevolezza emotiva, il senso di responsabilità verso le proprie scelte e la capacità di prendersi cura della propria e altrui salute mentale.
Lo studio è basato sui dati del progetto «Saving and empowering young lives in Europe» cofinanziato dall'Unione europea all'interno del 7° Programma Quadro per un importo di circa 3 milioni di euro.

Il progetto, diretto da Danuta Wasserman del Karolinska Institutet di Stoccolma, ha coinvolto oltre 11mila studenti in quasi 170 scuole appartenenti a dieci diversi Paesi dell'Ue. Il campione comprendeva anche più di mille studenti italiani, reclutati sotto la mia guida come responsabile scientifico del Dipartimento di Medicina e scienze per la salute dell'Università degli Studi del Molise.

Nel progetto è stata testata l'efficacia di tre diversi programmi di intervento per la prevenzione delle condotte suicidarie, confrontandoli con un gruppo di controllo. I programmi di intervento erano:

- Question, persuade and refer. Un metodo di origine americana in cui gli insegnanti e altri membri del personale scolastico, attraverso un breve training, imparavano a riconoscere i segnali verbali e non verbali della presenza di rischio suicidario negli studenti e a motivare questi studenti a chiedere aiuto;

- Professional screening. Un metodo appositamente ideato per il progetto che prevedeva l'identificazione degli studenti a rischio attraverso un questionario. Gli studenti identificati venivano ulteriormente valutati da psicologi o psichiatri che eventualmente li indirizzavano verso forme appropriate di trattamento;

- Youth aware of mental health. Un programma appositamente sviluppato per il progetto da ricercatori svedesi del Karolinska Institutet e statunitensi della Columbia University. Il programma prevedeva, oltre alla distribuzione di opuscoli e poster nelle aule, la partecipazione a tre incontri di gruppo in cui venivano esplorati i temi della salute mentale, della consapevolezza emotiva e la possibilità di chiedere aiuto per sé e per gli altri. In particolare, gli studenti venivano attivamente coinvolti in giochi di ruolo in cui potevano esplorare le loro emozioni e sentimenti e imparare così a gestire situazioni di vita difficili;

- Control. Il gruppo di controllo prevedeva un intervento minimo mediante i poster informativi sulla salute mentale utilizzati nel programma Yam.

Lo studio ha dimostrato una forte efficacia a lungo termine del programma Yam. A un anno dall'intervento, infatti, l'incidenza dei tentativi di suicidio era inferiore del 50% negli studenti che avevano seguito il programma rispetto al gruppo di controllo (0,7% contro 1,5%). Inoltre il programma si è rivelato altrettanto efficace nel ridurre l'incidenza di ideazione suicidaria tra gli adolescenti (0,7% contro 1,4%). Negli altri due programmi di intervento, invece, l'incidenza dei tentativi di suicidio e dell'ideazione suicidaria era simile a quella del gruppo di controllo.

I punti di forza del programma Yam sembrano risiedere proprio nel fatto che esso offre agli studenti gli strumenti necessari per prendersi cura della propria e altrui salute mentale, prevenendo così i comportamenti suicidari, mentre negli altri programmi tale responsabilità viene demandata al personale scolastico o a operatori sanitari che non sempre sono in grado di riconoscere gli adolescenti a rischio e intervenire tempestivamente.

Il programma Yam si svolge in 5 ore nel corso di quattro settimane e si basa su un metodo in cui gli studenti, attraverso brevi conferenze specificamente strutturate, manifesti nella classe e un opuscolo più completo da portare a casa, imparano a riconoscere la malattia mentale e promuovere la salute mentale. Il metodo prevede anche la partecipazione a sessioni di role play in cui gli studenti manifestano anche i loro sentimenti e apprendono strategie di coping per varie situazioni di vita difficili, che possono portare a comportamenti suicidi.

I risultati dello studio rendono evidente la necessità di promuovere una maggiore consapevolezza sul tema della salute mentale soprattutto durante l'adolescenza, fase della vita in cui si compiono scelte di vita e si instaurano abitudini capaci di influenzare sia l'attuale che il futuro stato di salute. Per questo motivo la scuola diviene luogo di elezione per l'implementazione di questi programmi, in quanto principale agenzia educativa e di socializzazione che offre un contesto sicuro in cui discutere e imparare a gestire problemi importanti, quali quelli connessi alla salute mentale e al comportamento suicidario.