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Adozione sociale in Campania: prendere le famiglie per mano

di Peppe Cirillo, Paolo Siani (Associazione Culturale Pediatri)

Il 7% dei minorenni italiani vive in condizioni di povertà assoluta. Il record è nel Mezzogiorno con il 10,9% rispetto al 4,7% del Nord del Paese, Mezzogiorno dove i minori che vivono in famiglie con tre o più figli, hanno un rischio di povertà pari al 70% a fronte del 46,5% a livello nazionale.
In Italia vivono in una situazione di povertà relativa 2 milioni di minori pari al 17,6% di tutti i bambini e gli adolescenti. Sono 723mila i minori invece, pari al 7% del totale, quelli che vivono in condizioni di povertà assoluta. Per cambiare verso all'Italia occorre partire da qui. Dalla povertà che significa esclusione sociale e assenza di diritto di cittadinanza o meglio presenza di diritti condizionati. Come spesso è accaduto in Italia, la legislazione nazionale, potenzialmente avanzata - si pensi alla legge 285/1997, la 229/1999, la 328/2000 - ha tracciato linee di indirizzo e orizzonti operativi di grande rilevanza, relativamente all'integrazione, alla complessità del benessere e della qualità della vita. Tuttavia, l'elevato profilo normativo non è stato in grado di avere un impatto sulle Regioni più in ritardo, con una traduzione operativa, per efficienza ed efficacia, inversamente proporzionale alla qualità della politica e al capitale sociale delle singole Regioni. Più è basso il livello della politica e del capitale sociale, più sono disattese le indicazioni legislative nazionali, meno è valutata la qualità delle procedure e dei risultati e meno sono state incisive le innovazioni proposte rispetto alla ordinarietà dei servizi. Tutto questo è accaduto per le politiche sociosanitarie ed educative per le famiglie e i bambini degli ultimi anni, con il risultato finale di un aumento delle diseguaglianze nella equità dell'offerta dei servizi, della loro efficacia.
L'effetto paradossale - peggiorato dall'insorgenza di una crisi economica grave, insieme a una nuova scala di valori con la diffusa prevalenza della componente finanziaria ed economica rispetto al lavoro, al capitale umano, al capitale sociale, alla comunità - è che risulta cresciuta la disattenzione complessiva verso l'infanzia e si è affievolita la consapevolezza diffusa che l'investimento nelle famiglie e nei bambini rimanga uno degli investimenti più produttivi, anche economicamente, per la Nazione. E questo nonostante non manchino, a livello nazionale e internazionale, prove di efficacia, a breve, medio e lungo periodo, rispetto ai programmi di sostegno all'infanzia nei primi anni di vita (i primi mille giorni). Se è vero che l'investimento nel capitale umano è l'investimento più produttivo anche da un punto di vista economico, lasciare al loro destino i bambini che nascono da famiglie in difficoltà socio-economica significa di fatto condannare una parte consistente della popolazione a un destino di marginalità e di esclusione, e determinare per la società un carico di povertà e devianza che può minare alla base qualsiasi possibilità di sviluppo.

Adozione sociale.Siamo convinti che sostenere i genitori può contribuire a realizzare una società migliore. È possibile farlo sostenendo la relazione madre-bambino e così promuovere il "ben-essere" delle nuove generazioni. Esiste evidenza dell'efficacia degli interventi precoci di sostegno genitoriale, con inizio durante la gestazione e durante le prime epoche della vita, su diverse dimensioni della salute e del benessere, sia del bambino che dei genitori. Esistono inoltre evidenze che questi interventi determinano risparmi e riduzione di tutta una serie di costi sociali, prodotti inevitabilmente dall'esclusione sociale, con effetti più o meno a lungo termine, per la gran parte in modo irreversibile.
I programmi di aiuto e sostegno precoci sono vitali e devono essere sostenuti per un lungo tempo. Maggiori priorità devono anche essere date per assicurare fondi precocemente nel ciclo di sviluppo (primi mille giorni di vita) e che di più sia investito per gli interventi che hanno dato prova di efficacia, incrementando la proporzione di investimenti allocati in questa area. Questo investimento dovrebbe essere focalizzato proporzionalmente al gradiente sociale per assicurare un efficace sostegno ai genitori (cominciando in gravidanza e continuando durante la transizione del bambino nella scuola primaria), includendo educazione precoce di qualità e cure sanitarie al bambino.
Per ridurre la gravità del gradiente sociale nella salute le azioni devono essere universali ma con una scala e un'intensità che sono proporzionali al livello di svantaggio (universalismo proporzionale). Un'azione di maggiore intensità è necessaria per coloro che hanno un maggiore svantaggio economico e sociale, ma focalizzare solo sui più svantaggiati potrebbe non ridurre il gradiente nella salute, ma contrasterebbe solo una piccola parte del problema.

Chance Secondigliano. ll Programma adozione sociale di sostegno precoce ai bambini e alle famiglie, nasce dalla sperimentazione nel quartiere napoletano di Secondigliano del 1994, su iniziativa dell'Associazione culturale pediatri, insieme all'Assessorato alla dignità del Comune di Napoli (così si chiamava, e non a caso, l'Assessorato alle Politiche sociali), nell'ambito della più grande cornice programmatica di "Napoli bambini di Europa". Il Programma Adozione sociale rappresenta il primo progetto italiano di sostegno precoce alla famiglia dopo la nascita di un bambino, analoghi programmi sono stati sperimentati successivamente in numerose città italiane.
Sinteticamente prevedeva: l'accoglienza nei punti nascita, l'attivazione dei servizi territoriali di residenza della madre, visite domiciliari e un progetto personalizzato, concordato con le famiglie, definito da un'équipe multidisciplinare territoriale.
Successivamente il Programma si estende con la legge 285 all'intera città di Napoli e quindi nel 2009 per un triennio, grazie anche a fondi europei per lo sviluppo sociale, a sette ambiti sociali della Regione Campania (per un totale di 16.555 nati per anno). Si è realizzata quindi una sperimentazione molto estesa, che ha prodotto una matrice organizzativa preziosa per riformare in modo radicale ed efficace i servizi territoriali per l'infanzia e le famiglie. Nel 2012, la sperimentazione è stata sospesa perché non più finanziata, pur essendo indicata tra i servizi essenziali del piano sociale regionale. Noi pensiamo che questa esperienza vada ripresa e anzi estesa a tutte le Regioni soprattutto del Mezzogiorno, realizzando quell'intervento precoce e integrato per le famiglie che ha le maggiori probabilità di efficienza ed efficacia relativamente allo sviluppo dei bambini e quindi dell'intera società. È necessario un tavolo programmatico che con l'ausilio di tutte le realtà che operano nell'assistenza e nell'educazione per l'infanzia, possa dar vita a un Piano per l'infanzia. Un piano strategico che abbia l'obiettivo di adottare sin dalla nascita i neonati delle famiglie a rischio psico-sociale creando un sistema organico di politiche sociali, sanitarie e d'istruzione che possa garantire quell'effettiva uguaglianza di partenza e di pari opportunità tra i minori di tutto il Paese oggi fortemente compromessa dal grande squilibrio economico. Sebbene un intervento ritardato sia meglio di niente e possa aiutare i genitori con una genitorialità sotto stress, l'intervento precoce determina migliori e più durevoli risultati per i bambini. I genitori possono trarre beneficio dall'aspetto sociale del lavoro di gruppo tra pari che è certamente preferibile al lavoro individuale.