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Dirigente medico: l'involuzione della specie

di Nicola Tambasco (Consiglio Regionale Anaao Assomed Regione Umbria) David Giannandrea (Responsabile Regione Umbria Settore Anaao Giovani)

Fin dalla fine degli anni 70 il medico ospedaliero è stato inquadrato dapprima nel ruolo di assistente e aiuto e più recentemente in maniera unificata come dirigenza medica con ruoli diversificati e trattamento economico proporzionato. Il processo è stato graduale e professionalizzante e come avviene nelle società moderne, il contratto collettivo che ne è conseguito risultava essere superiore e con acquisizione di sempre maggiore specificità professionali rispetto al precedente.

In questa ottica, il ruolo del contratto a tempo determinato ha conservato un valore connesso alla sostituzione temporanea di personale oppure relativamente ad occupazione di breve durata nelle more di concorso, quando vi è la necessità di usufruire di personale in tempi rapidi.

Però, da circa 15 anni in concomitanza della spinta all'aziendalizzazione degli ospedali, alcuni nosocomi hanno cominciato a confondere le carte. I Dg hanno deciso di creare popolazioni di assunti a tempo determinato snaturando la finalità di un inquadramento professionale. Ciò impedisce una crescita professionale, ma ha la finalità di non far risultare il soggetto nel bilancio degli assunti e, ancor peggio, utilizzando contratti capestro in cui l'amministrazione stessa si salva da qualsiasi controversia legale o assicurativa rivalendosi sul contrattista a basso costo.

Nonostante questo atteggiamento a dir poco nefasto, il personale medico ha continuato a lavorare con enorme dignità al pari o anche più dei colleghi inquadrati con contratto a tempo indeterminato. Inoltre, dai dati Istat si evince che il personale dirigenziale del Ssn è diminuito, complice anche la spending review, ma la spesa per il personale è aumentata.

Come è possibile questo paradosso? Sono due le possibilità: o sono aumentati gli stipendi dal 2010 in maniera esponenziale, oppure le uscite dichiarate derivano dal pagamento di tutto il personale precario della sanità (includendo anche infermieri, dirigenza sanitaria, tecnici di laboratorio…). Ad avvalorare la seconda ipotesi c'è il fatto che è veramente difficile incontrare un medico a tempo indeterminato sotto i 35 anni e sempre più spesso ci si avvicina ai 50 anni prima della stabilizzazione.

Di fatto, si può dire che il precariato è il risvolto della medaglia della progressiva scomparsa del dirigente medico a tempo indeterminato.
E' tempo di riflessioni. Gli accordi contrattuali sono tali perché vengono stabiliti criteri validi per entrambi i contraenti e non perché un'unica amministrazione sia in grado di stabilire le regole. Questo atteggiamento monocratico è contrario alla logica della contrattazione aziendale e collettiva.

E' certo che è necessario mantenere i trend previsti dai Lea ma i problemi non possono essere riversati solo sul personale medico.