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Ricerca indipendente Aifa: avanti tutta, ma attenzione agli sprechi

di Nino Cartabellotta (presidente Fondazione Gimbe)

I trial clinici controllati e randomizzati costituiscono il gold standard della ricerca per valutare l'efficacia degli interventi sanitari, ma la loro reale utilità per la comunità medico-scientifica e per l'assistenza sanitaria è condizionata da sprechi che possono influenzare negativamente i trial a vari livelli, in quanto è possibile che siano non registrati, interrotti, non pubblicati, distorti o semplicemente irrilevanti.

Trial non registrati.
Verifiche sullo status di registrazione dei trial pubblicati dimostrano che circa il 40% non è mai stato registrato. Ovviamente, considerato che questa stima non può tenere conto dei trial non registrati e mai pubblicati, un enorme numero di trial sono andati completamente perduti in quanto mai registrati: sino alla fine degli anni '90 perché non esistevano i registri di trial; successivamente perché, di fatto, non esiste alcun obbligo alla registrazione delle sperimentazioni cliniche, che rimane ancora una decisione volontaria di ricercatori e sponsor, anche se promossa da varie organizzazioni e iniziative, tra cui AllTrials.

Trial interrotti. Una percentuale considerevole di sperimentazioni cliniche registrate non è mai stata completata, anche se questo dato è difficile da quantificare. Talvolta l'interruzione del trial è la scelta migliore, come nel caso di studi che si rivelano inutili dopo il loro inizio perché sui trattamenti in studio emergono nuove e conclusive informazioni; in altri casi l'interruzione è dovuta all'incapacità di reclutare un numero sufficiente di partecipanti, criticità che in genere emerge dopo alcuni mesi dall'avvio della sperimentazione. Nella maggior parte dei casi, tuttavia, l'interruzione dei trial potrebbe essere evitata prestando maggiore attenzione alla pianificazione e alle considerazioni iniziali sul reclutamento prima di avviare la sperimentazione.

Trial non pubblicati. Il problema della mancata pubblicazione dei trial completati è noto da oltre 20 anni, è ampiamente documentato in letteratura, ma non è mai stato risolto in maniera definitiva. Una revisione sistematica condotta nel 2010 dal Nhs National Institute for Health Research (Nihr), ha documentato che circa il 50% dei trial condotti sui farmaci, anche se completati, non vengono mai pubblicati per esteso dalle riviste biomediche e che i trial con risultati positivi hanno il doppio delle probabilità di essere pubblicati rispetto a quelli con risultati negativi. Questi fenomeni riguardano tutti i trial, indipendentemente dal numero di pazienti arruolati, dal Paese in cui viene condotta la sperimentazione clinica, dalla fase di sviluppo di un farmaco o dalla fonte di finanziamento istituzionale o commerciale.

Trial distorti. Paradossalmente, proprio i trial pubblicati possono essere l'anello debole delle conoscenze: infatti, consistenti evidenze dimostrano che solo alcuni degli outcome previsti originariamente nel protocollo vengono riportati e molti di questi vengono manipolati durante l'analisi e il reporting. Inoltre, le deduzioni dei ricercatori tendono a enfatizzare i benefici e a minimizzare i rischi degli interventi sanitari, con conseguente distorsione del loro profilo rischio-beneficio.

Trial irrilevanti. Molti trial, registrati o meno, completati o meno e pubblicati o meno, rappresentano uno spreco perché i quesiti a cui rispondono e/o gli outcome misurati sono clinicamente irrilevanti. Se si considera il numero di trial avviati ogni anno, questa scarsa rilevanza finisce per rappresentare la causa principale degli sprechi della ricerca clinica.
Oggi l'intero processo della conduzione delle sperimentazioni cliniche dovrebbe essere caratterizzato da una maggiore accountability: i ricercatori che avviano una sperimentazione dovrebbero essere rintracciabili per fornire informazioni sullo status della ricerca, in particolare per colmare il gap conoscitivo sui trial non pubblicati e su quelli di cui non si conosce l'esito. I trial controllati dovrebbero essere adeguatamente randomizzati (attualmente oltre la metà di quelli pubblicati non lo sono) e utilizzare varianti metodologiche coerenti con il loro obiettivo. Dovrebbero rispondere a quesiti rilevanti per pazienti e cittadini, che hanno il diritto di essere informati - grazie a una revisione sistematica delle evidenze disponibili - sulla reale necessità della ricerca per cui si apprestano a firmare il consenso. Dovrebbero essere di adeguata potenza statistica e utilizzare nel gruppo di controllo il miglior trattamento già disponibile. Dovrebbero sempre essere registrati in banche dati a pubblico accesso riportando tutti i dettagli richiesti. Dovrebbero evitare di affidare allo sponsor la proprietà dei dati, che dovrebbero essere sempre resi pubblici, anche in forma grezza.

Il 12° Rapporto nazionale su "La sperimentazione clinica dei medicinali in Italia" pubblicato dall'Agenzia italiana per il Farmaco (Aifa), riporta che nel periodo 2008-2012 sono state approvate in Italia 3.684 sperimentazioni cliniche, di cui 1.381 (37,5%) finanziate da promotori non profit. A tal proposito, la legge che nel 2004 ha istituito l'Aifa chiedeva alle aziende farmaceutiche di contribuire con il 5% delle spese promozionali a un fondo destinato a un programma di ricerca indipendente sui farmaci. Attraverso questo programma l'Aifa ha finanziato ben 207 progetti di ricerca con quasi 100 milioni di euro negli anni 2005-2008 e nel 2010, mentre non si conoscono ancora i risultati definitivi del bando 2012, l'ultimo a essere pubblicato. Oggi numerose istituzioni di ricerca hanno chiesto a gran voce sia di completare la valutazione del bando 2012, sia di riprendere il programma di ricerca indipendente, fondamentale per valutare l'efficacia di interventi sanitari trascurati dall'industria. Questa richiesta è stata anche oggetto di una interrogazione parlamentare da cui sono emersi da un lato l'impegno dell'Aifa di completare la valutazione del bando 2012, dall'altro la disponibilità per la ricerca indipendente di circa 38 mln di euro relativi agli anni 2010-2015 e mai stati utilizzati.
Nella consapevolezza che è indispensabile ripristinare la cadenza annuale del programma di ricerca indipendente dell'Aifa perché rappresenta una straordinaria opportunità per ricercatori, professionisti sanitari e pazienti, le evidenze accumulate negli ultimi anni sugli sprechi della ricerca suggeriscono che oggi sarebbe opportuno conoscere il "fato" degli studi finanziati. In particolare, quanti tra i 207 progetti sono stati pubblicati e quanti invece non lo sono perché ancora corso, interrotti o non pubblicati. Questi dati, al momento della riattivazione del programma, potrebbero fornire informazioni utili per rimodulare i criteri di selezione dei progetti e le modalità per erogare le tranche del finanziamento, al fine di massimizzare il value e ridurre gli sprechi della ricerca indipendente.

Considerato che anche i nuovi Lea prevedono l'impegno per Stato e Regioni di attivare «un programma nazionale di valutazione comparativa di efficacia», in un'era di risorse sempre più limitate le Istituzioni pubbliche non possono più limitarsi a «finanziare progetti di ricerca», ma devono costruire una nuova alleanza con i ricercatori al fine di garantire la pubblicazione di evidenze rilevanti per la pratica clinica e indispensabili per la sostenibilità del servizio sanitario.