Dal Governo

Spending review: tagli da 3,2 miliardi sui beni non sanitari

di Roberto Turno (da Il Sole-24 Ore)

Mense e carburanti, luce e telefoni, trasporti e consulenze, lavanderie e smaltimento rifiuti, riscaldamento e manutenzioni. La forbici del supercommissario Enrico Bondi potrebbero tagliare nel medio-breve termine ad asl e ospedali la bella cifra di 3,237 miliardi. Risparmi da "costi standard" per l'acquisto di beni e servizi non sanitari – non le famose siringhe a mille velocità di spesa, insomma – che potrebbero abbattersi soprattutto sul Centro-Nord e sulle Regioni considerate più "virtuose". Tagli contro i quali i governatori, alla lettura del librone di Bondi finora tenuto segretissimo, sono letteralmente trasaliti. Sia per l'entità della posta in gioco. Sia perché il metodo seguito dai tecnici governativi a loro dire farebbe acqua da tutte le parti.


La richiesta secca fatta ufficialmente dalle Regioni, insomma, è di ricominciare daccapo nell'analisi e di andare anche rapidamente a caccia di risparmi ma sulla base di ben altri criteri. Valutando caso per caso, Regione per Regione. Con tutte le tare del caso. Come invece il Governo non avrebbe intenzione di fare, a dispetto di qualsiasi valutazione scientifica, forse fiutando il rischio che alla fine tutti i risparmi possano finire in cavalleria.


Nel mirino – come anticipato in un ampio servizio del prossimo numero del settimanale «Il Sole-24 Ore Sanità» – sono finite le spese 2011 per beni e servizi non sanitari sostenute da ogni asl, ospedale gestito dalle asl e ospedale-azienda. Per le asl s'è calcolato il costo rispetto al bacino di popolazione, per gli ospedali rispetto al numero di dimissioni. E già questo metodo viene contestato in toto. I risultati poi parlano da sé.


Per gli acquisti delle asl il risparmio teorico è stimato in 1,1 miliardi, il 31% dei costi attuali: dal top per valore assoluto del Lazio con 202 milioni ai 6 milioni della Basilicata, ma con picchi percentuali che vanno (escluse le "speciali") dal 47% dell'Umbria e dal 44% della Liguria fino al 6% della Lombardia, all'8,4% della Campania e al 16% della Sicilia. Altri 831 milioni (media del taglio del 23%) dovrebbero risparmiare gli ospedali gestiti dalle asl: il Veneto dovrebbe tagliare 202,7 milioni (36,58% dei suoi costi) e il Lazio 120 milioni (40,3%), solo le briciole il Sud tra Sicilia (1%), Puglia (5%), Molise (11%) ma anche al Nord la Liguria (9,3%). Infine ospedali-azienda e Irccs (istituti di ricovero e cura a carattere scientifico) che potrebbero risparmiare 1,3 miliardi: 477 milioni dalla Lombardia (27% di taglio) ma il Lazio lascerebbe sul campo il 45% delle spese attuali e il Veneto ne perderebbe il 40%, mentre la Sicilia avrebbe un taglio del 3,7% e la Puglia del 6,3% su una media nazionale del 24,4 per cento.


Il risultato finale sarebbero appunto risparmi teorici totali per 3,237 miliardi. Con la fetta più grande attesa dal Lazio (580 milioni), ma con il Centro-Nord che dovrebbe avere meno spese per oltre 2,2 miliardi, dai 496 milioni della Lombardia ai 445 del Veneto, ai 227 dell'Emilia fino ai 191 della Toscana. Al Sud perderebbe di più la Campania (196 milioni), le altre Regioni molto meno con l'eccezione dei 140 milioni indicati per la Sardegna.


Risparmi tutti da verificare, naturalmente. Anche perché i governatori contestano il percorso seguito da Bondi. Che non considera i modelli organizzativi locali – in Lombardia ad esempio gli ospedali sono tutti scorporati dalla asl – né le scelte di esternalizzare o meno le attività o di raggrupparle a carico di una sola asl. Ma anche non considera la mobilità o calcola in maniera sbagliata il bacino di utenza delle asl. Fino ad arrivare a premiare chi dimette di più, con molti ricoveri e spesso impropri se non inutili. Altro che premiare la virtù, accusano i governatori. Quelli del Centro-Nord naturalmente.