Dal Governo

Spending review: l'Enpam annuncia ricorso contro «tripla tassazione»


«La previdenza di categoria rischia di ricevere lo schiaffo della spending review imposta dal Governo. Di fatto sarebbe una nuova tassa che sottrarrebbe soldi destinati alle pensioni, vanificando l'autonomo e doveroso percorso di controllo della spesa che la Fondazione ha già efficacemente intrapreso». Parole dure, quelle del presidente dell'Enpam, Alberto Oliveti, contro la norma della spending review che prevede che gli enti e gli organismi pubblici taglino i costi intermedi del 5% quest'anno e del 10% l'anno prossimo e che versino i relativi proventi all'Erario. Oliveti non solo dice di condividere l'iniziativa dell'associazione degli enti privati previdenziali di voler ricorrere alla giustizia europea ma annuncia un ricorso tutto italiano: «Come Enpam crediamo di dover adire anche la via nazionale, fino a giungere di fronte alla Corte Costituzionale, per ribadire il nostro status di fondazione di diritto privato senza scopo di lucro».
«Crediamo sia tempo di finire di essere trattati come pubblica amministrazione o come aziende private a seconda della convenienza per le casse dello Stato», sottolinea il presidente Enpam, ricordando che gli iscritti vengono già sottoposti a una doppia tassazione: gli enti previdenziali privati, infatti, devono pagare le imposte sui proventi del patrimonio (che servono a pagare pensioni) mentre i pensionati vengono tassati integralmente sui loro assegni. Ora si aggiunge la terza tassa della spending review.
Nella stessa nota Oliveti interviene anche sulle ipotesi di "estensione" del decretone sui medici di medicina generale ventilate da alcune Regioni, avvisando che «un eventuale passaggio dei medici di famiglia da un rapporto di convenzione a uno di dipendenza, trascurando il fatto che attualmente i contributi vengono pagati sul lordo dei compensi e non solo sugli onorari professionali, avrebbe effetti nefasti sulla previdenza della categoria». A parità di compenso netto, infatti, la base imponibile per i contributi previdenziali è più ampia nel rapporto di convenzione rispetto a quello di dipendenza. Le aliquote a carico del Ssn, invece, sono più basse. Il mero passaggio allo status di dipendente, senza modifiche al sistema contributivo, comporterebbe quindi una riduzione delle pensioni future dei medici.
«Come ente previdenziale abbiamo il dovere istituzionale di monitorare con attenzione le dinamiche lavorative dei medici, per i riflessi che hanno sul fronte contributivo – continua Oliveti –. Anche impostazioni progettuali o iniziative che prevedano la fornitura di servizi o di personale da parte delle aziende sanitarie locali, al posto dell'erogazione ai medici delle relative indennità, debbono tener opportuno conto della questione previdenziale».
«I medici di famiglia - aggiunge Oliveti - sono inoltre danneggiati dallo scarso investimento di risorse pubbliche nella loro attività e dall'eccessiva regolamentazione che schiaccia la loro autonomia professionale e capacità di iniziativa privata».