Dal Governo

Impignorabili i beni delle Asl nelle Regioni in rosso

di Roberto Turno (da Il Sole-24 Ore)

L'illusione è durata lo spazio di un mattino. Con un emendamento alla legge di stabilità, la settimana scorsa, sembrava fatta, ma era solo un'illusione, appunto, perché a gelare le speranze delle imprese creditrici della sanità pubblica ci aveva già pensato il "decretone Balduzzi", con una clausola addirittura più penalizzante.

E così ancora una volta i fornitori del Ssn devono mettersi l'anima in pace: per tutto il 2013 non saranno possibili pignoramenti da parte dei creditori nelle asl e negli ospedali delle Regioni commissariate o in piano di rientro dai debiti sanitari. Una valanga di debiti in sospeso: si calcola (per difetto) non meno di 7 miliardi.

La storia, molto italiana e molto parlamentare, tipica di una legge che si incrocia con un'altra in corso d'opera, vale raccontarla. A dare la sensazione dell'eliminazione del blocco della pignorabilità nel 2013 è stato un emendamento alla legge di stabilità che cancella la misura prevista nel testo originario del Ddl del Governo. Gli stessi parlamentari, alla Camera, pensavano forse che fosse così. Non quelli più esperti di "cose sanitarie", però, e neppure le aziende fornitrici del Ssn che almeno inizialmente avevano sperato nel ritorno alla normalità.

Quell'emendamento alla legge di stabilità – che finirà nel testo su cui oggi si voteranno tre fiducie – altro non è stato, infatti, che l'eliminazione di una norma doppione che nel frattempo proprio la Camera aveva già inserito nel "decretone Balduzzi" varato a fine ottobre.

La proroga ancora per il 2013 della non pignorabilità da parte dei creditori nelle Regioni commissariate o sotto la tutela dal Governo per i mega deficit sanitari, infatti, ha camminato insieme con due strumenti legislativi per due mesi di fila. Poi da una parte (la legge di stabilità) è saltata, nel decreto Balduzzi (che è legge) invece è rimasta. E quella vale. Con una norma capestro in più: l'estinzione del diritto dei pignoramenti e delle prenotazioni a debito sulle rimesse finanziarie trasferite dalle Regioni ad asl e ospedali. Una beffa nella beffa.

«In questo modo le spese legali sostenute finora saranno praticamente perse. Si azzerano le azioni esecutive e quando il blocco sarà rimosso, dovremo ricominciare daccapo», commenta il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi. «Così – aggiunge – si comprimono ancora di più i legittimi interessi delle imprese, tra l'altro dimenticando anche la recentissima direttiva europea». Dura anche la reazione di Stefano Rimondi, presidente di Assobiomedica: «Una scelta dissennata, un vero e proprio attentato ai principi di un'economia di mercato. Si continuerà a premiare le peggiori aziende sanitarie, scaricando sulle imprese oneri aggiuntivi».

Su 5 miliardi di crediti in sospeso, le aziende di Assobiomedica ne vantano 3 nelle Regioni con piano di rientro (Campania, Lazio, Molise, Basilicata, Calabria, Sicilia, Piemonte) di cui 2,1 in quelle commissariate (Lazio, Campania, Molise, Abruzzo, Calabria). La sola Campania ha debiti per 876 milioni. Le farmaceutiche hanno invece crediti per 4 miliardi: 1,5 nelle Regioni commissariate, 2,4 tra tutte quelle sotto piano di rientro.

Dal Senato sono in arrivo intanto altre sorprese. Se col decreto sviluppo (commissione Industria) resta in bilico la norma della spending review della prescrizione dei farmaci per principio attivo, nel Ddl sanitario omnibus riappaiono oggi in commissione Igiene due norme cancellate dal "decretone Balduzzi": la prescrizione off label (riferita al caso di un prodotto per patologie oculari) e la rinegoziazione dei prezzi per i farmaci che l'Aifa giudicherà troppo alti in rapporto al beneficio previsto. Se l'azienda non accetta, il farmaco uscirà dalla classe A e sarà interamente a carico dei cittadini.