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Garante privacy: via dai siti di dieci Comuni le ordinanze sui Tso con i dati in chiaro. Diffondere informazioni sulla salute dei cittadini è vietato

Vietato pubblicare on line sui siti dei Comuni dati sullo stato di salute dei cittadini. Perché la trasparenza incontra un limite assoluto nel rispetto della dignità delle persone. Il Garante per la privacy ha fatto oscurare dai portali di dieci enti locali i dati contenuti in alcune ordinanze con cui i sindaci disponevano il trattamento sanitario obbligatorio per alcuni cittadini affetti da disturbi psichici. I provvedimenti contenevano in chiaro non solo i dati anagrafici (nome, cognome, luogo e data di nascita) e la residenza, ma anche la patologia di cui soffrivano o altri dettagli giudicati davvero eccessivi (in un caso si parlava di «persona affetta da manifestazioni di ripetuti tentativi di suicidio»).

Nelle ordinanze, con le quali i sindaci disponevano il ricovero immediato di diversi cittadini, erano infatti indicati "in chiaro" non solo i dati anagrafici (nome, cognome, luogo e data di nascita) e la residenza, ma anche la patologia della quale soffriva la persona (ad es. "infermo mentale"), o altri dettagli davvero eccessivi, quali ad esempio l'indicazione di "persona affetta da manifestazioni di ripetuti tentativi di suicidio".

Il trattamento dei dati effettuato dai Comuni è risultato dunque illecito al vaglio del Garante: come ha ricordato l'Autorità, le disposizioni del Codice della privacy, richiamate anche dalle Linee guida sulla trasparenza on line della Pa emanate dallo stesso Garante nel 2011, vietano espressamente la diffusione di dati idonei a rivelare lo stato di salute delle persone.

Le ordinanze, per giunta, oltre a essere visibili e liberamente consultabili sui siti istituzionali dei Comuni, attraverso link che rimandavano ll'archivio degli atti dell'ente, erano nella maggioranza dei casi facilmente reperibili anche sui più usati motori di ricerca, come Google: bastava digitare il nome e cognome delle persone interessate.

Nel disporre il divieto di ulteriore diffusione dei dati, l'Autorità per la privacy ha prescritto alle amministrazioni comunali non solo di oscurare i dati personali, presenti nei provvedimenti, da qualsiasi area del sito, ma anche di attivarsi presso i responsabili dei principali motori di ricerca per fare in modo che vengano rimosse le copie web delle ordinanze e di tutti gli altri atti aventi ad oggetto il ricovero per trattamento sanitario obbligatorio dagli indici e dalla cache.

I Comuni, inoltre, per il futuro dovranno far sì che la pubblicazione di atti e documenti in Internet avvenga nel rispetto della normativa privacy e delle Linee guida in materia di trasparenza on line della Pa.

«La sacrosanta esigenza di trasparenza della Pubblica amministrazione - ha commentato Antonello Soro, presidente dell'Autorità - non può trasformarsi in una grave lesione per la dignità dei cittadini interessati. Prima di mettere on line sui propri siti dati delicatissimi come quelli sulla salute, le pubbliche amministrazioni, a partire da quelle più vicine ai cittadini, come i Comuni, devono riflettere e domandarsi se stanno rispettando le norme poste a tutela della privacy. E devono evitare sempre di recare ingiustificato pregiudizio ai cittadini che amministrano. Oltretutto, errori gravi e scarsa attenzione alle norme comportano come conseguenza che il Garante debba poi applicare pesanti sanzioni». L'Autorità procederà, infatti, ad avviare nei confronti dei Comuni interessati le previste procedure sanzionatorie per trattamento illecito di dati personali.