Dal Governo

Comitati etici: via libera alla selezione regionale

Una ventina di membri esperti delle diverse discipline scientifiche, aperti all'integrazione di consulenti esterni ad hoc per aree specifiche, in carica tre anni e totalmente indipendenti dalla struttura presso cui operano.
Pronti a dotarsi di un regolamento trasparente e a pubblicizzare modalità di valutazione e criteri di adozione dei pareri tenendo d'occhio le dichiarazioni di Helsinki, la Convenzione di Oviedo, le norme di Buona pratica clinica e le guideline più aggiornate dell'Ema in tema di valutazione dell'efficacia delle sperimentazioni cliniche.

Questo l'identikit di riferimento dei Comitati etici che dovranno sopravvivere alla cernita imposta alle Regioni dal decreto della Salute 8 febbraio 2013 «Criteri per la composizione e il funzionamento dei comitati etici», pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 96 del 24 aprile 2013.

La misura affida alle Regioni il compito di riorganizzare la propria rete di Ce entro giugno, rispettando il parametro di un comitato per milione di abitanti, fatta salva la possibilità di prevederne uno in più competente sugli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico. Tra i criteri di selezione fissati dalla Legge «Balduzzi» figura però anche la valutazione delle performance dei comitati esistenti nel corso dell'ultimo triennio.

Obiettivo ultimo dell'operazione, sforbiciare la "pletora" dei decisori, ancora troppo sopra la media Ue: uno ogni 250mila abitanti, contro il rapporto europeo di 1 a 500mila; 245 in tutto nel 2011 con almeno 10 componenti a testa, quelli censiti a giugno dall'Osservatorio Aifa. È dunque chiaramente destinata a una sostanziale asciugatura la lista di 155 Ce allegata al decreto che ha ricevuto il via libera delle Regioni: vi figurano quelli che nel triennio 2009-2011 hanno emesso almeno un parere unico su un protocollo di ricerca riguardante i medicinali o i dispositivi medici, sull'impiego di procedure chirurgiche o cliniche o sullo studio di prodotti alimentari. Solo due hanno superato i cento pareri (Il Ce del S. Raffaele di Milano e quello dell'Aou di Pisa); solo 25 hanno espresso almeno 30 pareri nel periodo in esame; per tutti gli altri performance scarsissime, fino ad arrivare agli ultimi 22 che hanno licenziato meno di una pratica a testa. Alle Regioni, dunque, il compito di scegliere chi salvare e chi no, tenendo conto delle opere e garantendo il rispetto della composizione suggerita e dei percorsi etici.

A garantire l'indipendenza del Ce sarà l'assenza di subordinazione gerarchica del Comitato rispetto alla struttura, dalla presenza di componenti esterni per almeno un terzo del totale; dall'estraneità e dall'assenza di conflitti d'interesse dei votanti rispetto alla sperimentazione proposta.

Il disco verde al protocollo sotto esame sarà concesso tenendo conto anche di tre princìpi etici vincolanti elencati nel decreto:

- in linea generale i pazienti del gruppo di controllo non possono essere trattati col placebo se ci sono trattamenti efficaci noti o se l'uso del placebo comporta sofferenza, prolungamento della malattia o rischio;

- il consenso informato non è garanzia sufficiente e non esime il Comitato dalla necessità di una valutazione globale del trattamento;

- il protocollo deve garantire il diritto alla pubblicazione e diffusione dei risultati da parte degli sperimentatori che hanno condotto lo studio, nel rispetto delle disposizioni vigenti in tema di riservatezza dei dati sensibili e di tutela brevettuale e che non devono sussistere vincoli di diffusione e pubblicazione dei risultati da parte dello sponsor.