Dal Governo

Contro il traffico d'organi il Comitato di bioetica chiede norme ad hoc, anche penali

Prevedere una regolamentazione giuridica, nazionale e internazionale, introducendo anche nuove fattispecie penali, per contrastare e prevenire il traffico di organi umani. È questa la raccomandazione finale del Comitato nazionale di bioetica, che oggi ha pubblicato il suo parere sul «traffico illegale di organi umani tra viventi». Un fenomeno definito «drammatico», pericoloso per la salute pubblica e individuale, che viola i diritti fondamentali e la dignità dell'essere umano. A maggior ragione perché le vittime sono soprattutto le persone più vulnerabili: prigionieri, condannati a morte, bambini (spesso rapiti proprio per acquisire organi). Il traffico ripercorre le moderne rotte internazionali tracciate dal capitale: dal Sud al Nord, dal terzo al primo Mondo, dai poveri verso i ricchi. Nel peggiore dei casi questo traffico si traduce in forme di esproprio, sfruttamento e coercizione.

Il principio base che bisogna far rispettare - recita il documento, redatto da da Lorenzo d'Avack, vicepresidente vicario del Comitato nazionale per la bioetica, e da Adriano Bompiani, presidente onorario del Cnb, e discusso in plenaria il 23 maggio 2013 - è che il corpo umano o le sue parti sono fuori dal commercio. A tal fine si è auspicato che gli Stati collaborino a livello internazionale per migliorare le pratiche del trapianto e della donazione degli organi e cooperino, nel rispetto degli strumenti internazionali pertinenti e del proprio diritto interno, nella misura la più larga possibile, a svolgere indagini su eventuali infrazioni commesse sul proprio territorio e al di fuori di questo.

Per il Comitato è inoltre necessario stabilire in via convenzionale, con trattati multilaterali fondati sul principio di doppia incriminazione, il mutuo riconoscimento della fattispecie di reato, al fine di garantire adeguata collaborazione fra i Paesi richiedenti e i Paesi nei quali il fatto è stato commesso intenzionalmente.

In allegato al parere c'è una postilla con la quale si richiama l'attenzione sulla posizione del medico o della struttura medica nei Paesi di origine, investiti dei loro compiti terapeutici e di assistenza, quando l'attività viene richiesta da quel paziente acquirente che abbia operato in clandestinità.



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