Dal Governo

Tdm: cure all'estero costose e a rischio burocrazia

di Barbara Gobbi e Rosanna Magnano

Cure all'estero ad alto rischio di burocrazia e troppo costose per i pazienti. E oltretutto, sulla direttiva che riguarda le cure transfrontaliere l'Italia procede lentamente e a "fari spenti", senza un adeguato coinvolgimento delle associazioni dei malati e soprattutto senza informare i cittadini delle nuove possibilità offerte a partire da domani per tutti gli assistiti dell'Unione europea. Sono le principali debolezze rilevate dal Tribunale per i diritti del malato (Tdm) in un dossier presentato oggi nel corso dell'evento organizzato a Roma, presso la Biblioteca del Senato "Giovanni Spadolini" per fare il punto sulla Direttiva sull'assistenza sanitaria oltreconfine proprio nel giorno che ne precede l'entrata in vigore ufficiale in tutti gli Stati Membri.

Le potenzialità del nuovo quadro normativo sono notevoli e secondo il Tdm l'Italia non dovrebbe perdere il treno della Direttiva, ma applicarla pienamente. Con la possibilità di accedere a informazioni di qualità, la garanzia della sicurezza delle cure, il diritto al risarcimento e a forme di risoluzione alternative delle controversie, rafforzando così la cornice dei diritti non solo per chi si sposta per motivi di cura, ma anche per le persone che sul territorio di un Paese Ue vivono e si curano. L'Italia per ora è in ritardo e si è concessa più tempo rispetto alla scadenza prevista dalla direttiva : il 4 dicembre è infatti la data ultima che il nostro Paese si è dato per l'approvazione del Dlgs attuativo del testo comunitario.


Il vero ostacolo è la burocrazia. In assoluto, «gli Stati membri - si legge nel dossier - sembrano decisamente più preoccupati delle questioni tecnico-giuridico legate all'adeguamento e revisione della normativa nazionale che della gestione delle ricadute concrete che tali disposizioni potranno avere da qui a breve».

Ma non ci sono solo le scartoffie: stando alle premesse e tenendo conto del fatto che ciascun paziente deve anticipare i costi del trattamento all'estero e chiedere successivamente il rimborso - elemento ovviamente disapprovato dalle associazioni dei pazienti - le previsioni tra le associazioni dei pazienti sono pessimistiche: di fatto «solo una piccola percentuale di pazienti utilizzerà l'opportunità di ottenere cure all'estero».

Ad oggi, gli aspetti legati al costo delle cure all'estero, non sembrano affatto «sanati» dalla nuova Direttiva: anzi, denuncia il Tdm, il timore che gli ostacoli si spostino dal versante amministrativo-burocratico a quello economico appare realistico.

La cartina di tornasole delle segnalazioni. Tutto ciò si riflette nella casisitica rilevata dalla segnalazioni giunte al Pit salute di Cittadinanzattiva, nel corso del 2012: il Tribunale per i diritti del malato ha ricevuto 269 segnalazioni sul tema delle cure all'estero. Oltre un terzo dei cittadini (36%) ha lamentato la mancata o ritardata autorizzazione da parte dell'Asl di residenza; un altro 27% segnala eccessiva burocrazia o la carenza di informazioni sulle procedure da seguire; il 23% il rifiutoall'autorizzazione; il 13% problemi relativi al rimborso delle spese.

Chi si cura oltreconfine. Sempre dalle segnalazioni raccolte dall'associazione, emerge che il 35% dei cittadini va all'estero per effettuare interventi chirurgici di alta specializzazione; il 29% per accedere a terapie innovative; il 18% per avere diagnosi certa; il 13% per effettuare visite specialistiche; il 5% per sottoporsi ad un trapianto. Le cure all'estero sono richieste più frequentemente da pazienti con patologie oncologiche (32% dei casi giunti al Tdm); con patologie neurologiche (30%), con malattie rare (17%), con problemi cardiologici (13%) o di natura ortopedica (8%).


Manca una cornice comune. Ci sono anche preoccupazioni legate specificatamente sia al recepimento della Direttiva che alle ricadute concrete. Per esempio l'eccesso di discrezionalità che la direttiva lascia agli Stati membri. «Ci sono infatti troppi casi - continua il Tdm - in cui si afferma che "lo Stato dovrebbe/potrebbe" piuttosto che "lo Stato deve". Questo può dare adito ad una libera interpretazione della Direttiva diversa da Paese a Paese. In alcuni casi, la legge di recepimento nazionale non menziona aspetti importanti della Direttiva, quali per esempio le prescrizioni in tema di informazione».

Il nodo risorse. Ma il problema che fa da ombrello su tutti gli altri è la generale scarsità di risorse: «I continui tagli alla sanità pubblica e l'attuale assenza di fondi da investire - sottolinea il dossier - rischiano di impedire che i principi della Direttiva possano essere effettivamente attuati e rispettati».

Più gravi le ripercussioni nei Paesi che vivono una condizione economica svantaggiata o ad alto impatto turistico (particolarmente appetibili per le persone anziane che possono decidere di trasferirsi per trascorrere il periodo della pensione in uno stato diverso da proprio) temono il depauperamento del Servizio Sanitario per le persone che vivono nel proprio Paese, l'eccessivo indebitamento o l'aumento dei tempi di attesa generato dalla mobilità.

Barriere culturali. Poi ci sono le difficoltà di carattere culturale, come la scarsa apertura degli operatori sanitari verso i pazienti di altri paesi e la questione della lingua come principale ostacolo al riconoscimento delle prescrizioni mediche. Infine un'eccessiva responsabilità data al paziente nell'auto-orientarsi nella scelta.