Dal governo

La spending delle Regioni: ECCO IL TESTO

di Roberto Turno (da Il Sole-24 Ore)

Di cifre non ne fanno. Non è il momento, meglio andar cauti, anche perché il principio lo considerano sacro: tutti i risparmi devono restare nel Servizio sanitario nazionale per investire in «efficacia ed efficienza» delle cure. Ma, detto questo, sono pronti ad aggredire l'intera spesa (36,1 miliardi) per beni e servizi di asl e ospedali: farmaci, dispositivi medici, emoderivati e vaccini, protesi, ristorazione, servizi di pulizia e lavanderia, trasporto, vigilanza, smaltimento rifiuti. Anche le spese di manutenzione di immobili e impianti e i costi energetici. Eccola la spending review dei governatori per la sanità pubblica.

Una cura di risparmi e di "buona spesa", che vede nelle centrali d'acquisto e nei processi sia di programmazione che di trasparenza e competizione nelle gare, il motore del cambiamento. Quanto meno annunciato. Ma non senza toccare alcuni punti nevralgici del sistema: come una indefinita «revisione del modello distributivo dei farmaci» o la spinta ai farmaci generici e a quelli biosimilari.

È con queste premesse, e con l'impegno di darne sostanza nel «Patto per la salute» al tavolo col Governo che ripartirà il 4 aprile, che le regioni sono pronte a presentare le loro proposte a Carlo Cottarelli in vista della stretta che si profila sulla revisione della spesa pubblica. Una revisione che nel "piano Cottarelli" soltanto per beni e servizi varrebbe almeno 10,3 miliardi in tre anni, dei quali la spesa sanitaria costituisce senz'altro un boccone prelibato, anche se non cifrato a parte. Messe a punto dalla "commissione salute" delle regioni, le proposte saranno convalidate a ruota dai governatori. Magari con qualche limatura, anche se la rotta ormai è tracciata. Dopo di che, da maggio in poi, una volta chiuso il «Patto», si dovrebbe partire con la stretta alle spese fuori ordinanza. E chissà, risparmiare davvero.

Rafforzare la governance del sistema degli acquisti in ambito sanitario, è la parola d'ordine, per potenziare la pianificazione e l'aggregazione della domanda di beni e servizi. Con una serie di precisi paletti: centrali d'acquisto in tutte le regioni; obbligo di affrontare alcune categorie merceologiche (farmaci e affini, dispositivi medici ad alta standardizzazione come le siringhe, servizi di pulizia, lavanderia, ristorazione, vigilanza) a livello aggregato sia con centrali d'acquisto che con aggregazioni stabili di enti come le «aree vaste», per poi estendere ad altre categorie standardizzabili a livello centrale; prezzi di riferimento; processi strutturati di programmazione degli acquisti; formazione degli operatori; massima demateralizzazione dei processi d'acquisto.

Sui farmaci, poi, si propongono quattro direttrici: acquisti online, gare che creino concorrenza tra principi attivi diversi ma con «sovrapponiblità terapeutica», immediato ingresso tra i generici dei principi attivi che scadono, aggiornando le regioni sulla scadenza dei brevetti, sviluppo nel mercato dei farmaci biosimilari. E quel nuovo, benché imprecisato, «modello distributivo dei farmaci» che potrebbe spalancare sempre più le porte alla distribuzione diretta scavalcando le farmacie.