Dal governo

Allo studio taglio di 2-2,5 miliardi. Un miliardo in meno col Fondo 2014

di Roberto Turno (da Il Sole-24 Ore)

Non bastavano i risparmi previsti da mister spending, Carlo Cottarelli: 300 mln quest'anno, 800 mln nel 2015 e 2,4 mld nel 2016. Ma senza contare la potatura delle spese per beni e servizi sanitari e non sanitari, che fin da quest'anno solo per la sanità potrebbero valere fino a 1 miliardo.

E non bastavano neppure le indicazioni delle regioni, pronte ad aggiungere altri colpi d'accetta tra centrali d'acquisto e farmaci. I tecnici di via XX Settembre hanno in preparazione in queste ore un'altra sfoltitura alle spese di asl e ospedali: un taglio secco al Fondo sanitario nazionale di quest'anno che varrebbe almeno 1 miliardo, e poi forse ancora di più nel 2015. Tagli che si aggiungerebbero ai 25 mld già assestati di minori spese questi anni in maniera lineare al Ssn. Un totale di minori spese che solo per quest'anno potrebbe valere almeno intorno a 2-2,5 mld.

Aveva già messo non a caso le mani avanti nei giorni scorsi, Beatrice Lorenzin: «Non sono d'accordo con Cottarelli, non sono in linea per lo meno sul metodo. La sanità non può sopportare altri tagli, men che meno lineari». Qualcosa evidentemente il ministro sapeva che si stava muovendo tra Economia e Ragioneria. E, forte del pressing che nella stessa direzione stanno imprimendo i governatori, ha subito fatto muro: le misure le decidiamo con le regioni nel «Patto» per la salute.

Di più, aspetto cruciale: qualsiasi risparmio deve restare in casa del Ssn. Per investire, programmare, far ripartire la macchina delle cure pubbliche schiacciata dal peso della sostenibilità del sistema a bocce ferme.
Invece il ministro – che ancora ieri da Bruxelles ha rilanciato la sua ricetta dicendosi sicura che il Def «non prevede tagli ma risparmi», quantificati ancora in 10 mld in tre anni – dovrà ricredersi e alzare nuove barricate prima del varo del Def. Quarantott'ore per cercare di ribaltare in extremis le soluzioni che – sebbene ancora non decise – si stanno profilando davanti alla necessità per il Governo di trovare le coperture per le maxi riforme messe in cantiere da Matteo Renzi. Il quale, naturalmente, dovrà dire la sua su eventuali nuovi tagli alla salute.

Il taglio da 1 mld allo studio dei tecnici del Mef, farebbe scendere il Fondo sanitario (non ancora ripartito tra le regioni, che dovranno applicare i costi standard) a 112,452 mld tutto compreso, quello per il 2015 a 116,563, se non meno. Con un effetto scivolamento che potrebbe valere anche per il 2017 (sulla carta 122 mld). Insomma, un'altra batosta. Che avrebbe l'ulteriore effetto di far crescere le tensioni e di rincrudire i rapporti politici, sindacali e sociali.

Insomma, un passo complicato. Anche perché tra le misure allo studio, ad esempio, c'è quella del taglio agli stipendi dei dirigenti, che potrebbe toccare medici e dirigenti non medici. E perché per i governatori, oltre che per il ministro, c'è una vangelo da rispettare: qualsiasi risparmio va lasciato nel Servizio sanitario. Questa la parola d'ordine al tavolo del «Patto» per la salute che proprio ieri ha ripreso i lavori dopo una lunga fase di stallo nel trapasso da Enrico Letta a Renzi. O prendere o lasciare, è la minaccia: i risparmi restino nel Ssn, altrimenti il «Patto» salta, con tutte le conseguenze del caso. Soprattutto in un momento in cui la crisi sta mettendo in ginocchio le famiglie e l'abbandono o la rinuncia alle cure a pagamento, tra ticket o ricorso al privato per aggirare l'imbuto delle strutture pubbliche sempre più in affanno, riguarderebbero secondo tutte le ricerche fino a 9 milioni di italiani.

Anche di questo si ragionerà al tavolo del Def e della spending review. E certo non sarà un aspetto secondario quando martedì 8 – proprio nel giorno del varo del Def – si svolgeranno gli «Stati generali della sanità» convocati da Lorenzin, dove dovrebbe intervenire anche Renzi. Non è un caso che ieri il presidente di Farmindustria, Massimo Scaccabarozzi, abbia accennato al fatto che un taglio da 1 miliardo varrebbe per le industrie del farmaco 150 mln, mettendo a rischio a 2-3mila posti di lavoro. E che alla stessa cifra abbia fatto riferimento, contestandola, il presidente della commissione sanità del Senato, Emilia Grazia De Biasi (Pd). Per non dire della bocciatura di giovedì dell'Ocse a Cottarelli: la spesa sanitaria in Italia è inferiore di un terzo a quella dei Paesi dell'area euro e il divario dal 2000 s'è triplicato. Conclusione: qualsiasi taglio non finalizzato all'abbattimento di inefficienze colpirebbe l'accesso ai servizi e la qualità dell'assistenza soprattutto per chi meno ha.