Dal governo

Spending in sanità, Palazzo Chigi: «Nessun taglio ma no agli sprechi»

di Rosanna Magnano

«Nessuno vuole tagli alla sanità ma nessuno vuole gli sprechi». E' questo un primo commento di Palazzo Chigi alla dura presa di posizione arrivata dalla Conferenza delle Regioni sull'ipotesi circolata in questi giorni di una nuova spending review da 3 miliardi per il Ssn. Un chiarimento a metà che lascia comunque senza risposte. Che si tratti di tagli o di lotta agli sprechi, infatti, la fonte a cui attingere rischia di essere sempre la stessa: il Fondo sanitario nazionale (Fsn) destinato alle Regioni. Una spada di Damocle sulla testa dei governatori, già pronti a fare muro.

Di fronte alla smentita di Palazzo Chigi alle notizie diffuse dalla stampa, il presidente della conferenza delle Regioni, Sergio Chiamparino, conferma la posizione espressa in mattinata: «Ne prendo atto con soddisfazione ma voglio chiarire - ha aggiunto - che, un conto è se si dice che bisogna risparmiare nella sanità attraverso la riorganizzazione e modernizzazione e su questo noi ci siamo impegnati sottoscrivendo il patto per la salute. Se invece vuole ridurre il Fondo sanitario, allora questo incontrebbe la nostra opposizione».

In gioco c'è appunto il Patto per la salute 2014-16, che con l'ipotizzato taglio da 3 miliardi al Fsn rischierebbe di saltare. Su questa eventualità Chiamparino si era pronunciato senza mezzi termini questa mattina: «Con il Governo abbiamo siglato in agosto un patto d'onore sulla sanità: se si rompe viene meno il rapporto di fiducia e collaborazione. Il Patto per la salute - ha detto - ci ha impegnato, entro il 31 dicembre, a scrivere piani di riordino dei servizi sanitari e ha previsto un fondo da 109 miliardi di euro, con un aumento di circa 2,5 miliardi in più l'anno, per il 2015 e il 2016 per finanziare il servizio sanitario nazionale».

Chiamparino ha anche reso noto di aver scritto una lettera alla ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, a cui ha chiesto di mantenere le somme e gli impegni pattuiti e di essersi attivato per un confronto con il Governo.

Il governatore del Veneto, Luca Zaia, non ci sta e minaccia una vera e propria rivolta. «Provino a tagliare un solo euro alla sanità veneta - promette - e mi troveranno personalmente steso di traverso sulla strada che vogliono percorrere di distruzione della sanità in Italia, in particolare dove, come in Veneto, ogni euro risparmiabile è già stato risparmiato senza aspettare i superesperti di turno. Qui da noi ridurre ancora la spesa equivarrebbe inevitabilmente a tagliare l'assistenza agli utenti. Ci pensino bene, prima che possa mettersi in moto una vera rivolta». Una posizione dura e, ribadisce, «senza alcun margine di trattativa».

Rivolgendosi al Presidente del Consiglio Matteo Renzi, Zaia annuncia l'invio di una tabella «talmente chiara che, se solo avrà la bontà di studiarla, gli farà capire i molti perché del nostro totale, secco, immodificabile no. E ci sia permesso di dubitare seriamente sull'ennesima promessa che i tagli non saranno lineari. Sinora infatti - incalza Zaia - la mannaia è caduta sulla sanità in maniera assolutamente non selettiva, colpendo prima di tutto chi ha già razionalizzato».

«Il giochino perfido è finito - aggiunge Zaia - perché attuare un taglio in certi territori è facile come bere un bicchier d'acqua; farlo qui da noi avrebbe conseguenze facilmente immaginabili: il taglio dei servizi alla gente, perché qui il grasso che cola e gli sprechi li abbiamo e liminati da tempo. Il Governo vuole ridurre la sanità italiana come tante altre nel mondo dove prima di misurarti la pressione ti chiedono la carta di credito? Ci sta riuscendo perfettamente, ma presentando un conto altissimo ai cittadini: la perdita del diritto costituzionale alla salute».

Interviene anche il presidente della Campania, Stefano Caldoro vice presidente della Conferenza delle Regioni:«Sulla sanità voglio dire una cosa sola: in quest'ultimo periodo col Governo abbiamo raggiunto degli accordi importanti. Ora i patti vanno rispettati». Sul rischio di nuovi tagli alla sanità contenuti nell'operazione di spending review sulla quale sta lavorando il Governo, Caldoro ha sottolineato che «questo non vuol dire che non siamo pronti ad affrontare tutti i discorsi e gli impegni che abbiamo preso sull'efficienza».

E da Enrico Rossi arriva l'invito a pescare dalle «pensioni d'oro». «Non si deve tagliare la sanità - afferma il governatore Enrico Rossi in un post su facebook - che ha già dato molto al risanamento del Paese e che è l'unico settore in cui spendiamo nella media europea per avere servizi migliori di chi spende più di noi. Se si devono trovare risorse è bene cercarle nelle pensioni sopra tremila euro, una cifra alta e più che sufficiente per vivere, soprattutto in un Paese dove la sanità è pubblica e per tutti. La solidarietà - sostiene Rossi - non si taglia e per fare giustizia in periodi difficili si chiede a chi ha di più di contribuire».

Tagli insostenibili per la Lombardia. «Un taglio dei fondi destinati alla sanità significherebbe la riduzione dei servizi e il rischio dell'aumento dei ticket. Non ci sono alternative». A spiegarlo è stato Massimo Garavaglia, assessore al Bilancio della Lombardia e coordinatore degli assessori regionali agli Affari finanziari al termine della Conferenza delle Regioni. «Sarebbe però soprattutto una sconfitta per il Governo - ha aggiunto Garavaglia - che aveva annunciato di aver messo in sicurezza i conti della sanità».

Per il presidente del Lazio, Nicola Zingaretti, ulteriori tagli sarebbero una sciagura. «Io mi auguro che non corrispondano al vero le indiscrezioni sui tagli alla sanità - sottolinea il governatore del Lazio - perché altrimenti sarebbe una sciagura di proporzioni inenarrabili per la nostra vita. A luglio abbiamo firmato il patto per la salute, che è un patto d'onore, come ha detto Chiamparino, un punto di innovazione della sanità e non si può dopo quaranta giorni rimetterlo in discussione. Le parole del presidente Chiamparino sono state chiare e corrette. Ovviamente, grande disponibilità e impegno nella riduzione degli sprechi in sanità. Proprio per questo, a luglio abbiamo sottoscritto un patto che, attraverso l'innovazione, ha questo obiettivo. Sulla base di questo patto sono stati definiti dei budget, siamo nel
vivo della fase di applicazione di questo programma e non è possibile prendere in considerazione, dopo poche settimane, l'idea di stracciare o di rimettere in discussione quel patto. Per fortuna, mi sembra che in queste ore ci siano stati dei chiarimenti che mi auguro siano confermati dagli atteggiamenti concreti del governo».

Netto il commento della Liguria: «Il Governo non deve toccare la sanità e deve fare quello che c'è scritto nel patto per la salute che è stato concordato tra lo Stato e le regioni». Anche il vicepresidente della Regione Liguria e assessore alla salute Claudio Montaldo boccia la proposta del Governo di tagliare finanziamenti alla sanità. «Tutte le regioni sono contrarie – dice Montaldo – perché abbiamo appena sottoscritto il patto per la salute tra Governo e Regioni che prevede un quadro di risorse ben preciso, sia per il 2015 che per il 2016, non casuale, ma funzionale a garantire la copertura dei nuovi livelli essenziali di assistenza e dei nuovi farmaci che sono vitali per un numero elevato di persone. Rinunciare a tali finanziamenti non significa non alimentare il grasso della sanità, ma non finanziare prestazioni necessarie per i cittadini».

L'assessore alla salute della Liguria si dice inoltre «contrario a qualsiasi manovra di compartecipazione perché colpirebbe i redditi medio-bassi e cittadini che già subiscono gli effetti della crisi e inoltre sottrarrebbe risorse allo sviluppo dei consumi». Montaldo invita il Governo e il premier a riferirsi al patto per la salute, «che contiene una serie di misure concordate per risparmiare sui beni e i servizi senza intaccare le prestazioni, prevedendo la concentrazione degli acquisti, sia a livello regionale che sovra regionale, e un'ulteriore riorganizzazione del sistema nel segno dell'appropriatezza. Solo su questo le regioni sono pronte ad accettare la sfida».


Secondo l'ex ministro Renato Balduzzi, i margini per razionalizzare la spesa ci sono. «Fornitura di beni e servizi, prezzi di riferimento, riequilibrio tra spesa ospedaliera e territoriale: queste le aree principali - spiega Balduzzi - dove poter fare operazioni di razionalizzazione della spesa sanitaria, senza compromettere i servizi. Aree peraltro già individuate dalla spending review del governo Monti».

«Bisogna uscire dalla logica dei tagli - continua l'ex ministro - è necessario razionalizzare e non ridurre la spesa». Secondo Balduzzi, infatti, «i tagli lineari costituiscono un alibi per le regioni non virtuose. E la revisione della spesa sanitaria del 2012 - conclude Balduzzi - non era costituita da tagli lineari, ma anzi dava strumenti per intervenire in aree critiche».


E per un altro ex ministro della Salute, Girolamo Sirchia, andrebbe «reimpostata una politica del farmaco più attenta». «I medici, certo non tutti ma in generale - precisa - prescrivono troppo, mettendo in ricetta i prodotti più strani che spesso hanno un'efficacia molto limitata. Vanno quindi coinvolti nel taglio a questo spreco e va rivisto il prontuario terapeutico, cambiando i criteri sulla base dei quali fissare asticelle. Basta alla politica 'molecole uguali prezzi uguali'. Basta con i 'me too', medicinali quasi 'copia' di altri già disponibili. Bisogna premiare la vera innovazione e ridisegnare le sperimentazioni cliniche con questo obiettivo».

Cgil: «Con nuovi tagli non si assicurano i Lea». Allarme dalla Cgil: «Aggiungere ai 30 miliardi di tagli già effettuati negli scorsi anni sulla sanità un ulteriore 3% è assolutamente insostenibile. Una scelta di questo tipo equivarrebbe alla decisione di non assicurare più i Livelli essenziali di assistenza, come peraltro già avviene in alcune regioni". Lo hanno detto Vera Lamonica, segretario confederale della Cgil e Stefano Cecconi, responsabile delle politiche della Salute di Corso d'italia.

«Come sostiene la Conferenza delle Regioni - continuano i dirigenti sindacali - un intervento di tali proporzioni azzera di fatto il Patto per la Salute firmato a inizio agosto». Inoltre non convince l'ambigua risposta di Palazzo Chigi: «la smentita dell'esecutivo non è propriamente una smentita - dicono Lamonica e Cecconi - quindi non ci rassicura affatto. Gli sprechi e le inefficienze ci sono, spesso frutto di corruzione e malgoverno - continuano - e vanno combattuti con decisione. Le risorse così recuperate vanno restituite ai cittadini, con più servizi e meno ticket. Questi i motivi per cui la Cgil ha lanciato la campagna di mobilitazione "Salviamo la Salute", partita proprio in questi giorni. Una campagna che attraversa l'Italia con lo scopo di mettere fine alla stagione dei tagli e rilanciare il sistema di welfare sociale e sanitario pubblico e universale».


Acoi: «Coinvolgere gli operatori nel taglio agli sprechi». «La lotta agli sprechi è una necessità per garantire una buona sanità pubblica, rispettando gli standard di qualità e sicurezza delle prestazioni, ma per tagliare realmente gli sprechi senza minare le fondamenta del servizio sanitario ai cittadini è necessario coinvolgere nella riorganizzazione del sistema tutti gli operatori che ogni giorno lavorano con sacrifici e difficoltà».
Lo dichiara Diego Piazza, presidente dell'Associazione dei Chirurghi Ospedalieri Italiani.

«Ad oggi la spesa sanitaria pubblica - continua Piazza - è di molto inferiore alla media europea, ma siamo comunque disponibili a discutere di tagli, non ci spaventa. Quello che non è accettabile è l'assenza di un percorso definito e le finalità che portano ad intraprenderlo». Con le risorse economiche a disposizione, e con un sistema con centri di spesa decentralizzati, quali sono le prestazioni che possono essere fornite ai cittadini dalla sanità pubblica? Il rischio è quello di non avere più i mezzi per soddisfare i bisogni dei pazienti. Un esempio per tutti: In Sicilia su dodici centri che hanno attivato le procedure per la fecondazione eterologa solo uno appartiene al servizio sanitario pubblico, mentre gli altri undici sono privati».

«Se si vogliono spostare gli attori sanitari verso il comparto privato - conclude l'Acoi - e si vuole subappaltare una fetta del sistema sanitario il governo deve avere il coraggio di dirlo».