Dal governo

Stamina, ecco perché il Comitato di esperti ha detto stop. Pani (Aifa): «Già tutto scritto nell'ordinanza del 2012». E Vannoni va in Albania

Ecco in anteprima le motivazioni della bocciatura del metodo Stamina da parte del Comitato di esperti nominato dal ministro della Salute:

- Le modalità Stamina per la preparazione di cellule staminali mesenchimali (Msc) non sono adeguate. Le Msc prodotte con i metodi Stamina non possiedono i requisiti per la definizione di queste cellule come "agenti terapeutici". Dunque i protocolli Stamina non rispettano i requisiti necessari per l'avvio di una sperimentazione clinica.

- Poiché il protocollo e le modalità Stamina non hanno i requisiti scientifici necessari per eseguire un trial clinico, compresa la valutazione della sicurezza e dell'efficacia, il Comitato riferisce al Ministero della Salute che non esistono le condizioni per avviare una sperimentazione con il cosiddetto metodo Stamina, avendo soprattutto come riferimento la sicurezza del paziente.

Secondo il Comitato non è infine possibile rispondere, o non vale la pena fornire una risposta su nessuno dei seguenti requisiti:


a) identificazione delle patologie da includere nella sperimentazione
b) definizione dei protocolli clinici per ogni patologia
c) individuazione degli step della sperimentazione sulla base delle procedure autorizzate da Aifa
d) Identificazione degli Ospedali o istituzioni, pubbliche o private, qualificate o autorizzate, dove i pazienti possono essere curati


Sull'atto finale della vicenda è intervenuta anche l'Aifa (v. correlato). «Il Metodo Stamina non è "sperimentabile per mancanza di presupposti scientifici". Per stabilirlo - sottolinea il direttore generale Aifa, Luca Pani - ci sono voluti due (!) Comitati scientifici di esperti nominati dal Ministero della Salute, un'indagine parlamentare, centinaia di udienze nei tribunali di tutto il Paese, tre anni di controversie giudiziarie e battaglie mediatiche combattute sulle spalle dei malati e delle loro famiglie. Conflitti che hanno rischiato di mandare in frantumi quel poco di cultura e credibilità scientifica che ancora sopravvive nel Paese che, molto tempo fa, diede i natali a Galileo».

Secondo Pani, «era già tutto scritto, nero su bianco, fin dal 16 maggio 2012. Nell'ordinanza dell'Agenzia Italiana del Farmaco, la prima emessa nella sua storia, sono elencate una serie di gravissime violazioni che, rilette oggi alla luce di tutto quello che è successo, non lasciano spazio a interpretazioni».

L'ordinanza testimoniava i risultati di un'ispezione congiunta con i Carabinieri dei Nas, in esecuzione a una precisa richiesta dell'Autorità Giudiziaria e conteneva molti elementi di criticità. «Li avevamo elencati tutti: dalle caratteristiche non GMP (Good manufacturing practice ndr) dei laboratori, alla lavorazione del materiale biologico svolta da due collaboratori di una fondazione privata senza un protocollo che ne certificasse il razionale e la metodologia. Trenta mesi fa certificavamo come i medici che inoculavano il "preparato" ottenuto tramite questo metodo segreto non conoscessero il contenuto di ciò che iniettavano nei pazienti, violando palesemente le regole della deontologia professionale (che vieta di seguire metodi segreti), come poi loro stessi hanno ammesso».

«È sconvolgente - sottolinea Pani - rileggere quelle quattro pagine e pensare che, solo pochi mesi dopo il divieto disposto dall'unica agenzia regolatoria competente, numerosi giudici del lavoro avrebbero accolto i ricorsi presentati dalle famiglie dei pazienti, senza mai consultarci, intimando di riattivare i "trattamenti" presso gli Spedali Civili di Brescia».


«Nel corso degli ultimi tre anni - copnclude il direttore dell'Aifa - abbiamo osservato, da più parti, la sistematica violazione di codici di comportamento che in una società avanzata costituiscono un patrimonio comune. Siamo ancora in tempo per tirare le somme e riportare l'ordine, componendo i conflitti culturali che si sono creati. La nostra responsabilità nei confronti di chi soffre ci impone di evitare che eventi come questi possano tornare a ripetersi».


E Stamina continua..in Albania. «Posso dire che la terapia di Vannoni è la migliore esistente al mondo, ma che il solo modo di accedervi sarà quello di seguirlo in un centro estero. Io sono andato a mie spese nel paese europeo che pare voglia accettare questa terapia a norma delle sue leggi. Ho constatato che il servizio sanitario di quel paese è adeguato a questo progetto; fatto questo ho completato il mio compito e non faccio parte del progetto». Così Marino Andolina, vicepresidente di Stamina Foundation, in un messaggio diffuso dal Movimento Vite Sospese sul proprio profilo Facebook, all'indomani della bocciatura del metodo da parte del nuovo comitato nominato dal ministro della Salute Beatrice Lorenzin.

A quanto si apprende dai messaggi postati sui profili Facebook di alcune famiglie di bambini a cui sono state praticate infusioni secondo il metodo Stamina il Paese europeo in cui potrebbero svolgersi le terapie è l'Albania.

«Ho visitato in un altro Paese europeo il laboratorio dove viene preparato un prodotto alternativo alla terapia con staminali (non sono cellule); testimonio che il laboratorio è a norma di legge europea (GMP), che il prodotto è sicuro e un giorno potrebbe rappresentare un superamento della terapia con cellule staminali. Ho suggerito ad alcuni pazienti di recarsi in quel paese ed alcuni hanno avuto dei risultati incoraggianti" aggiunge Andolina, sottolineando che «In Italia non c'è modo di ottenere cure con staminali al di fuori dei trial approvati; esiste poi una flebile speranza che la legalità abbia il sopravvento e che le terapie a Brescia riprendano. Lo spero fortemente e garantisco la mia disponibilità ai giudici che imporranno le cure, ma questo riguarderà in ogni caso un numero limitato di bambini. Solo per questo obiettivo mi considero ancora parte del progetto Stamina».