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Esclusiva/ Ecco il Programma nazionale Esiti 2014

Dalle fratture del collo del femore ai parti cesarei. Dall'asportazione della colecisti in laparoscopia al trattamento dell'infarto. Dal by-pass aortocoronarico all'steroctomia. E così via. Il programma nazionale Esiti 2014 - sviluppato da Agenas per conto del ministero della Salute e presentato oggi a Lungotevere Ripa - dà conto del complesso quadro delle cure erogate da Sud a Nord Italia, nelle Regioni così come nelle singole aziende ospedaliere e sanitari. «Non chiamatela classifica - avvertono dalla Salute - chiarendo che i 58 indicatori di esito/processo, i 50 volumi di attività e i 23 indicatori di ospedalizzazione sono «strumenti di valutazione a supporto di programmi di auditing clinico e organizzativo finalizzati al miglioramento dell'efficacia e dell'equità nel Ssn». Ma se il Pne «non produce classifiche», saltano agli occhi i dati più clamorosi.

I cesarei. I dati 2014 confermano la classica "macchia di leopardo", con grandi differenze regionali. Ma due dati saltano agli occhi: da una parte, decresce dal 29% del 2008 al 26% del 2013 la proporzione di parti cesarei primari, dall'altra migliora una serie di regioni del Sud. Basilicata, Calabria e Sicilia cominciano finalmente ad avvicinarsi alla media nazionale, seppure con una grande variabilità interna. Permane il gradiente nord-sud, con le regioni del nord Italia intorno al 20% (il valore medio nazionale è del 26%) e le regioni del Sud con valori vicini al 40% che. La Campania si conferma anche quest'anno maglia nera con valori intorno al 40%. Mentre Liguria e Valle D'Aosta sono per il nord le uniche regioni a presentare valori superiori a quelli nazionali.
Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità sin dal 1985 afferma che una proporzione di cesarei superiori al 15% non è giustificata. Il parto cesareo rispetto a quello naturale comporta infatti maggiori rischi per la donna e il bambino e dovrebbe essere effettuato solo in presenza di indicazioni specifiche. Il regolamento del ministero della Salute sugli standard quantitativi e qualitativi dell'assistenza ospedaliera fissa al 25% la quota massima di cesarei primari per le maternità con più di 1.000 parti e 15% per le maternità con meno di 1.000 parti.

Il risultato più favorevole lo produce l'Ospedale di Carate Brianza (Monza) che a fronte di 1.629 interventi ha registrato un esito pari al 5,16% di cesarei, seguito dall'ospedale di Borgo S. Lorenzo (Fi) con il 5,95% su 421 parti e dall'ospedale Civile di Palmanova (Udine) con il 6,55% di parti cesarei primari su un totale di 687. È invece la CCA Villa Cinzia di Napoli, con 92,7% di cesarei primari su 543 parti, la struttura che ha registrato l'esito più sfavorevole preceduta dalla CCA Mater Dei di Roma con l'87,28% (su 180 parti effettuati) e dalla CA S. M. La Bruna di Torre Del Greco con l'81,8% su 323 parti.

Le fratture di femore. Solo il 45,7% delle fratture di femore nell'anziano sono state operate nel 2013 entro le 48 ore, lo standard previsto entro cui si riducono mortalità e complicanze per il paziente. Rispetto al 2008, quando la proporzione era del 28,7%, si è registrato un significativo miglioramento, anche se si è ancora al di sotto dello standard atteso, superiore all'80%. In particolare, la proporzione di fratture di femore sopra i 65 anni di età operata entro due giorni è passata dal 28,7% del 2008 al 45,7% del 2013, restando però ancora al di sotto dello standard atteso, superiore all'80%. Sulla base dei dati di mortalità a un anno, si stima che il numero di decessi prevenuti in questo periodo, grazie all'anticipazione dell'intervento, è di circa 6000. A fronte però di un valore nazionale medio del 45.7%, anche in questo caso si osserva una notevole variabilità intra e interregionale con valori per struttura ospedaliera che variano da un minimo del 10% ad un massimo del 90%.La performance più favorevole l'ha registrata l'Ospedale di Merano con l'89,9% (su 110 interventi annui), seguito dall'Ospedale S. Croce Castelnuovo di Garfagnana in Toscana con l'89,6% (77 interventi) e dall'Ospedale di Clès (Pa Trento) con l'87,9% su 104 operazioni. L'esito più sfavorevole l'ha registrato, invece, l'ospedale Barone Romeo Patti in provincia di Messina con il 10% di operazioni (su un totale di 63) effettuate entro le 48 ore, preceduto dall'Ospedale S. Francesco di Nuoro con il 10,1% (su un totale di 117 operazioni) e dall'Ospedale A. Fiorini di Terracina con il 10,2% su 185 interventi.

Il nodo dei volumi di attività: troppo bassi nell'80% delle strutture.Nel 2013 i punti nascita che effettuano meno di 500 parti l'anno (e che dovrebbero essere chiusi in base all'accordo Stato-Regioni del 2010) sono ben 133. E' questa un'altra delle informazioni che emergono dal Pne 2014 e che spalanca una finestra sulla stretta correlazione tra volumi di attività e migliori risultati ottenuti. Le evidenze scientifiche sull'associazione tra volumi di parti ed esiti di salute materno-infantile mostrano infatti - viceversa - un'associazione tra bassi volumi ed esiti negativi.
Questa la suddivisione, regione per regione, delle 133 strutture che effettuano meno di 500 parti l'anno: Abruzzo (4); Basilicata (2); Calabria (1); Campania (20); Emilia Romagna (8); Friuli (3); Lazio (12); Lombardia (8); Marche (1); Molise (1); Piemonte (6); Bolzano (4); Trento (4); Puglia (9); Sardegna (10); Sicilia (18); Toscana (8); Umbria (6); Veneto (8).
A guardare la tabella, salta agli occhi come alcune strutture realizzino ad esempio 35 parti l'anno, come Villa Regina in provincia di Bologna, oppure 21 parti come l'ospedale Nagar in provincia di Trapani. Ma si tratta di dati da prendere con le molle. Come spiegano gli esperti dell'Agenas, in questa particolare tabella sono infatti incluse anche le case di cura private non accreditate che non sempre si riescono a distinguere solo dalla denominazione: per esempio nel Lazio, delle 12 strutture sotto 500, 6 sono case di cura private non accreditate.

In generale, oltre l'80% delle strutture ospedaliere italiane presenta volumi di attività troppo bassi. Su 490 strutture che eseguono più di 10 interventi per tumore alla mammella, ad esempio, solo il 24% presentano volumi di attività superiori a 150 interventi annui, che è il numero minimo indicato dalle line eguida internazionali. Non va meglio per le strutture dove vengono curati tumori al polmone, al colon, allo stomaco. Eppure, tiene a sottolineare la direttrice scientifica di Agenas Marina Davoli, «la mortalità diminuisce man mano che aumenta il volume di attività. Insomma, si cura meglio dove si cura di più».

I commenti. I risultati del 2013 documentano sensibili miglioramenti delle situazioni regionali che nel 2010 e 2011 registravano condizioni di erogazione gravemente carenti per alcuni gruppi di patologie». Così il direttore di Agenas Francesco Bevere commenta gli "Esiti 2014", precisando che «laddove le regioni hanno assegnato ai Dg delle aziende sanitarie obiettivi di miglioramento relativi alle criticità evidenziate nel Pne, si è osservata una sensibile riduzione di quelle criticità, così come un miglioramento sempre più evidente quando si è intervenuti coinvolgendo direttamente i clinici, il personale sanitario e le società scientifiche». Un percorso da proseguire, secondo Bevere, secondo cui «la partnership con le regioni e con i professionisti è la carta vincente».

A sottolineare l'importanza dei dati e la necessità di "fare meglio" anche sul fronte delle rilevazioni, non sempre attendibilissime, è intervenuta la ministra della Salute Beatrice Lorenzin: «Per i direttori generali adeguarsi ai parametri del Programma nazionale esiti non è optional, ma un dovere. Dalle Regioni a statuto speciale - ha aggiunto Lorenzin - abbiamo difficoltà ad avere i dati. Fornire i dati dovrebbe invece essere un obbligo per le amministrazioni». Per la ministra, non riceverli «è inaccettabile». Lorenzin ha infine precisato che il Pne «non è uno strumento punitivo, ma ha l'obiettivo di intervenire per modificare le anomalie».

Per l'Ipasvi, il Programma nazionale esiti 2014, presentato oggi dall'Agenas, conferma indirettamente i timori e gli allarmi che il mondo delle professioni sta ormai lanciando da mesi: dalla manacanza di assistenza nella fase di mantenimento post-intervento - anche per l'effetto "svuotamento" di personale dagli ospedali nelle Regioni dove gli infermieri sono ormai all'osso - alle carenze del territorio e all'effetto «tampone» giocato dai Pronto soccorso. Per Annalisa Silvestro, presidente della Federazione nazionale Ipasvi e senatrice in commissione Igiene e sanità a Palazzo Madama, le soluzioni ci sarebbero: «si aggrediscano le duplicazioni esistenti di centri decisionali, di funzioni e strutture che non danno risposte ai veri bisogni dei cittadini e che assorbono risorse impropriamente e penalizzano l'equità di accesso alle cure. Queste, oltre agli altri sprechi, sono le cose su cui le Regioni devono coraggiosamente intervenire per ottenere veri e duraturi risparmi, non riducendo il numero dei professionisti dedicati alla cura e all'assistenza, mettendo così a rischio (i dati parlano chiaro) oltre alla tenuta del sistema anche la salute dei pazienti».


«Il miglioramento delle performance ospedaliere evidenziato dal Piano nazionale esiti è anche frutto della continua azione di miglioramento quali quantitativo condotta in questi anni di magra dalle Aziende sanitarie», commenta il Presidente della Fiaso (Federazione Italiana Aziende Sanitarie ed Ospedaliere), Francesco Ripa di Meana. «L'abbattimento delle giornate inutili di degenza e il più diffuso raggiungimento degli standard internazionali di sicurezza, relativi al numero di interventi l'anno per reparto, sono infatti frutto della riorganizzazione della rete ospedaliera messa in atto da Regioni e management in questi anni». «Questo –prosegue Ripa di Meana- a dimostrazione che a volte spendere meno può anche fare il bene di assistiti e cittadini».
«Certo – aggiunge - il Piano esiti evidenzia ancora coni d'ombra sui quali sarà necessario agire, specie analizzando i dati comparati fra presidi e/o aziende simili e di stesse aree, ma il trend di miglioramento impresso in questi anni in gran parte degli ospedali verrà sicuramente mantenuto visto che si allargherà la platea delle Aziende e Regioni che applicheranno gli obblighi previsti nel Patto, specie quelli relativi alle reti ospedaliere orizzontali e verticali. Il nostro compito - aggiunge il Presidente Fiaso - è di gestire al meglio con quello che abbiamo, usando la leva della riorganizzazione dei presidi, delle reti e dei percorsi clinici. L'importante - conclude - è però affermare che eventuali tagli non colpiscano indiscriminatamente chi questa razionalizzazione l'ha già in larga misura fatta e chi no».


«E' evidente che gli italiani subiscono una discriminazione geografica su una questione fondamentale. Il diritto alla salute. Il Pne 2014 conferma anche la nostra posizione sui volumi, sulla necessità di dedicare attenzione al numero degli interventi specialistici e favorire la creazione di centri specializzati, in modo da avere percentuali di successo sempre maggiori. Un discorso che si lega anche alla nostra proposta di introdurre meccanismi premiali per le unità che ottengono i migliori risultati. I medici e i professionisti della sanità continuano a dare il meglio con dedizione in una situazione di forte difficoltà, non solo economica. Saremmo lieti di mettere la nostra esperienza e il nostro sapere a disposizione delle istituzioni, con l'unico obiettivo di riformare al meglio il Servizio Sanitario Nazionale». Lo afferma il presidente Acoi (Associazione Chirurghi Ospedalieri Italiani) Diego Piazza.