Dal governo

Manovra, sanità: è caccia ai tagli per le Regioni

di Roberto Turno (da Il Sole 24-Ore di oggi)

Beni e servizi, dispositivi medici, cliniche private, farmaci, centrali uniche d'acquisto. A suon di spending review. E chi più ne ha, più ne metta. Sotto a chi tocca: per i tagli alla sanità che dovranno scattare nel 2015, sono aperte le scommesse. Tagli che saranno inevitabilmente plurimiliardari: il colpo di scure alle regioni indicato dalla manovra per il prossimo anno (e i seguenti) è di 4 mld (3,452 mld per le "ordinarie", 548 mln per quelle a statuto speciale), cui si aggiungono altri 2,3 mld circa per effetto trascinamento dal passato. Un taglio totale da 6,3 mld che dovrebbe toccare la spesa sanitaria per la quota parte, più o meno l'80%, che essa occupa nei bilanci regionali.

Più o meno il 3% dell'intero fondo sanitario nazionale, che verrebbe in sostanza decurtato anche oltre i 2 mld o poco più che in linea teorica avrebbe ottenuto con la stessa manovra e col «Patto» per la salute 2014-2016. Col risultato aggiuntivo che la stessa speranza di dedicare i risparmi agli investimenti nel settore – altra promessa del «Patto» – andrà a carte quarantotto.

E così è già toto-pronostici nelle regioni e tra le categorie per capire a quale punto si collocherà l'asticella della potatura dei fondi sanitari e chi, e dove, colpirà di più la frusta di Matteo Renzi. Non è un caso che l'intera filiera del farmaco ha subito manifestato ampie preoccupazioni al Governo, e che lo stesso abbiano fatto le case di cura private accreditate col Ssn che hanno scritto una lettera aperta al premier.

E che sulle spine siano ovviamente tutte le regioni, colpite tra l'altro da tagli lineari quasi vecchio stampo, che non sembrano distinguere tra chi in questi anni ha fatto i compiti a casa, e chi non li ha fatti o mai abbastanza. Con i governatori in regola che non ci stanno, e quelli con i conti più in bilico che hanno ben pochi spazi per tagliare di più. In tutto questo, si sono aggiunti altri emendamenti del Governo, tra finanziamento dei farmaci innovativi e regole per i criteri di riparto, che hanno suscitato tra le regioni altri motivi di dissenso verso palazzo Chigi.

Un quadro, insomma, tutt'altro che roseo. Anche perché, se quella sarà la portata finanziaria della manovra sanitaria, non si tratterà soltanto di eliminare il grasso in più nelle spese di asl e ospedali: il sospetto di ridurre il grado di assistenza sanitaria, è tutt'altro che aleatorio. Anche se non giustifica affatto gli allarmi di chi vorrebbe solo finanziamenti in più in barba alle responsabilità, agli sprechi e alla corruzione così diffusa nel settore. Nel quale, vale ricordarlo, il blocco dei contratti dura ormai da più di quattro anni. E una volta che saranno sbloccati? Anche questa, per gli anni a venire, non per il 2015, è una mina assai difficile da disinnescare e che lascia capire quanto delicato sia, e sempre più sarà, l'aspetto della sostenibilità del sistema sanitario pubblico a bocce legislativamente ferme.

Fatto sta che per i governatori sarà un'impresa trovare in tempi rapidi la classica quadra per spartirsi la mole dei tagli, e poi decidere ciascuno come fare in casa propria. Compito che si assumerà il Governo con un Dpcm a fine gennaio, se non avverrà prima da parte delle regioni. Che però potrebbero aspettare che sia il Governo a fare la prima mossa, se è vero che tocca all'Esecutivo indicare la direzione di marcia dei tagli.

Con due ulteriori complicazioni. La prima di carattere politico: a maggio (presumibilmente) in molte regioni si voterà per il rinnovo di consigli e giunte, e non sarà facile (ma anche per il Governo) andare al voto con la bandiera dei tagli alla salute da presentare in campagna elettorale agli elettori. La seconda complicazione è più "tecnica", ma non meno insidiosa: l'applicazione del «Patto» che è praticamente in stand by con una quindicina di scadenze già inattuate e che tali resteranno nei prossimi mesi. Dai Lea ai ticket, dagli standard ospedalieri quasi riscritti alle cure h24, dal «Patto» per la sanità digitale fino al piano cronicità, passando per la riforma di Aifa e Agenas alle cure transfrontaliere. Finora è rimasto tutto lettera morta. Il rischio è che la paralisi duri ancora mesi e mesi.