Dal governo

#lavoltabuona anche per la Sanità pubblica? Adesso o mai più presidente Renzi

di Fondazione Gimbe

Il 31 gennaio l'elezione del Presidente della Repubblica ha dominato la scena mediatica, oscurando la scadenza in cui le Regioni dovevano presentare le proprie proposte al Governo per recuperare i 4 mld richiesti dalla Legge di Stabilità. Senza troppi clamori, dopo oltre 3 mesi di scaramucce a distanza, per adempiere al compito assegnato pare che le Regioni abbiano definitivamente rinunciato ai 2 mld previsti dal Patto per la Salute, vanificando tutti gli sforzi del Ministro Lorenzin.
«Riversare sulla salute dei cittadini le conseguenze del conflitto istituzionale con lo Stato – afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe - parlando di "Pacco per la Salute" o perseguendo la strategia "no money no Patto" che ha ritardato per quasi due anni la sottoscrizione del Patto per la Salute - non rappresenta per le Regioni un'operazione di immagine in questo insolito, ma indiscutibile, periodo di stabilità del Governo».
«Se da un lato è evidente che nella legge di Stabilità il Governo ha "giocato di fioretto" – continua Cartabellotta - non prevedendo esplicitamente tagli alla Sanità, ma chiedendo alle Regioni di recuperare 4 mld, dall'altro è certo che l'articolo 1 del Patto per la Salute ha fissato le risorse per gli anni 2014-2016 "salvo eventuali modifiche che si rendessero necessarie in relazione al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e a variazioni del quadro macroeconomico"».
Se le Regioni hanno sottoscritto il Patto per la Salute accettando quella clausola - fortemente voluta dal Mef – perché Chiamparino ha denunciato che la legge di Stabilità incrina il rapporto di lealtà istituzionale e di pari dignità tra enti dello Stato? In realtà, questa volta il Governo ha posto le Regioni nella condizione ideale per attuare un virtuoso processo di disinvestimento (da sprechi e inefficienze) e riallocazione (in servizi essenziali e innovazione). Infatti, la Legge di Stabilità oltre a ribadire che «i risparmi derivanti dall'applicazione delle misure contenute nel Patto rimangono nella disponibilità delle singole Regioni per finalità sanitarie», ha precisato che «il conseguimento degli obiettivi di salute e assistenziali da parte dei direttori generali costituisce adempimento ai fini dell'accesso al finanziamento integrativo del Ssn e comporta la loro decadenza automatica in caso di inadempimento». Cosa mancava alle Regioni per avviare il processo di disinvestimento e riallocazione, coinvolgendo e responsabilizzando le Aziende sanitarie e queste a cascata i professionisti sanitari?
«Con questa rinuncia le Regioni - precisa Cartabellotta - hanno dimostrato che, in assenza di una regia nazionale, non sono in grado di attuare una spending review "interna", perché avvezze a difendere strenuamente servizi e prestazioni sanitarie inefficaci, inappropriati e spesso dannosi per mere logiche di consenso elettorale».
Peraltro, alla notizia della rinuncia ai 2 mld, tranne la Regione Veneto che ha alzato le barricate, solo stakeholders privati (Farmindustria, Assobiomedica, AIOP, Federfarma, Assobiomedici) hanno pubblicamente espresso il loro disappunto chiedendo al Governo di intervenire, ragionevolmente preoccupati per i loro profitti.
«Dopo aver mirabilmente ricomposto il puzzle politico ricompattando la sinistra, sbriciolando il centro-destra e mettendo all'angolo i grillini – conclude Cartabellotta – è tempo che Renzi si impegni in prima persona affinché sia #lavoltabuona anche per il Ssn, perché mettere in discussione la Sanità pubblica significa compromettere non solo la salute, ma soprattutto la dignità dei cittadini e la loro capacità di realizzare ambizioni e obiettivi che dovrebbero essere visti dalla politica come il vero ritorno degli investimenti in Sanità. Se invece la salvaguardia del Ssn non rientra nell'agenda di Governo perché è già stata silenziosamente imboccata la strada dell'intermediazione assicurativa e finanziaria dei privati e la politica non intende più tutelare la salute dei cittadini italiani, che sia comunque #lavoltabuona per riformulare l'art. 32 della Costituzione».