Dal governo

Tagli: Federfarma e Assobiomedica sugli scudi

Si moltiplicano gli allarmi sulle nuove prospettive delineate dal testo dell'intesa sui tagli da 2,352 mld per il 2015 tra Governo e Regioni. Federfarma e Assobiomedica sugli scudi e scende in campo anche la politica con un esponente della maggioranza, Raffaele Calabrò (Ncd).

Federfarma ritiene che «se fossero confermati i nuovi tagli alla spesa farmaceutica territoriale anticipati dalla stampa, si continuerebbero a impoverire il servizio farmaceutico e le farmacie, già colpite in passato da innumerevoli interventi».

La spesa farmaceutica territoriale, spiega la federazione nazionale dei titolari di farmacia, è infatti «già stata fortemente ridotta negli ultimi anni tanto da essere oggi tornata ai livelli del 2001, malgrado l'aumento della cronicità e dell'età media della popolazione. Inoltre, si tratta di una voce di spesa trasparente perché la pubblica amministrazione ha a disposizione i dati di spesa e di consumo forniti dalle farmacie in tempo reale».

«Sarebbe assurdo - osserva Annarosa Racca, presidente di Federfarma - che i tagli, invece di incidere sugli sprechi e i molti disservizi della sanità, andassero ancora una volta a colpire la farmaceutica e, al suo interno, proprio la farmaceutica territoriale, il comparto più monitorato di tutti».

Sulla stessa linea d’onda Assobiomedica: «Così si mortifica l’intera filiera: rispettare i contratti Pa-imprese è un obbligo giuridico». «Tagliare 2,35 miliardi alla Sanità - commenta il presidente Stefano Rimondi - significa mortificare l'intera filiera della salute e uno dei pochi settori produttivi del nostro Paese, che porta innovazione per le cure e la prevenzione dei cittadini, oltre che sviluppo economico. La pretesa di rinegoziare o il conseguente recesso unilaterale da contratti validissimi ed efficaci stipulati fra pubblica amministrazione e imprese a seguito di gare, espletate in conformità alle normative europee, è il colmo. È ora che la PA accetti il criterio, valido in tutto il mondo, ma negletto in Italia, che rispettare i contratti non è una facoltà, ma un obbligo giuridico, e questo rispetto vale sia per i prezzi stabiliti nella gara sia per il pagamento delle forniture».

Critiche anche sul payback. «Ancora peggiore è il meccanismo del payback per i dispositivi medici – continua Rimondi - difficilmente applicabile, iniquo per la salvaguardia della qualità del Servizio sanitario nazionale, e che può compromettere la sopravvivenza stessa di moltissime aziende del nostro settore».

Assobiomedica ribadisce di aver apprezzato l’ìmpegno della ministra Lorenzin per evitare tagli lineari, «ma non può non contestare iniziative regionali che non hanno rispetto delle imprese, che con i loro contributi fiscali sono indispensabili per il sistema regionale».

«Attendiamo – conclude Rimondi - gli sviluppi legislativi per capire meglio cosa si vuole fare della sanità italiana, evidentemente considerata da alcuni come una voce di spesa da tagliare anziché un'opportunità di crescita e innovazione da cogliere».

Calabrò (Ncd): «Ampi margini di miglioramento nell’intesa». Un invito a non generalizzare arriva dal deputato Ncd Raffaele Calabrò, capogruppo presso la commssione Affari sociali che lancia un appello: «Stessi tagli per sistemi sanitari regionali diversi che, invece, dovrebbero poter scegliere dove e come tagliare, ottenendo risparmi più efficienti. Il testo dell'Intesa indica la strada giusta verso la riduzione degli sprechi, ma restano margini di miglioramento: si pensi alla previsione di rinegoziare beni, servizi e dispositivi per ridurre volumi di acquisto che porterà a calibrare gli acquisti non in base ai bisogni effettivi, ma in relazione ai tetti di spesa. Dubbi anche sull'affidamento diretto con buona pace della qualità dei devices e della massima correttezza delle gare».

E sulle sanzioni per i medici un richiamo alla prudenza: «Ben venga l'appropriatezza, ma senza eccessi. Sanzionare economicamente un medico per una singola prestazione, a rischio di inappropriatezza, e la riduzione della tariffa al 60 per cento per le giornate oltre soglia per i ricoveri clinicamente appropriati, rischia di farci passare dalla medicina difensiva, che danneggia le casse dello Stato, ad una medicina che per motivi sempre economici, danneggia il paziente, negandogli un giorno di ricovero anche se necessario.- prosegue Calabrò -.Insisto, sarebbe stato meglio lasciare alle Regioni la libertà di decidere come e dove tagliare».


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