Dal governo

Lorenzin boccia l’emendamento delle Regioni sulla responsabilità patrimoniale dei medici

di Ernesto Diffidenti


Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, boccia l’emendamento delle Regioni che prevede la responsabilità patrimoniale dei medici in caso di prescrizione di esami inappropriati. «È l’emendamento delle Regioni a cui ho detto no», ha affermato a margine di un convegno al ministero, riferendosi, appunto, all’emendamento sui tagli alla sanità presentato nella Stato-Regioni. Domani i sindacati medici hanno convocato una conferenza stampa proprio per esprimere la propria posizione contraria all’ipotesi in discussione.

In ogni caso il ministro auspica l’intesa. «Giovedì - ha aggiunto Lorenzin - abbiamo la conferenza Stato-Regioni. Noi abbiamo presentato la nostra proposta, le regioni hanno presentato i loro emendamenti, alcuni dei quali sono ricevibili mentre altri no. Spero che da qui a giovedì ci siano le condizioni per un’intesa che ci permetta di affrontare la rinuncia all’aumento del fondo sanitario nazionale fatta dalle regioni, senza gravare sui servizi ai cittadini».


Giacomo Milillo, segretario nazionale della Fimmg, tira un sospero di sollievo. «Siamo rassicurati dalla presa di posizione del ministro della Salute Beatrice Lorenzin - ha detto - che ha smentito la condivisione da parte del Governo dell’emendamento della Conferenza delle Regioni sulla responsabilità patrimoniale dei medici. La Conferenza stampa di domani, convocata a Roma dalle principali sigle sindacali dei medici convenzionati e dipendenti, rappresenta l’occasione per portare a conoscenza dei cittadini e delle istituzioni la logica che sostiene le proposte deliranti delle tecnocrazie regionali, logica che viene puntualmente riproposta in ogni provvedimento e che è causa di sempre più gravi conseguenze sull’assistenza e sulla tutela della salute dei cittadini. Rinnoviamo al ministero la disponibilità del sindacato ad un confronto serio e approfondito sul tema dell’appropriatezza».

I medici pediatri esprimono incredulità e preoccupazione
Giampietro Chiamenti, presidente della Federazione italiana medici pediatri (Fimp) esprime «incredulità e preoccupazione» in seguito all’emendamento che introduce anche la responsabilità patrimoniale per i medici che prescrivono prestazioni inappropriate.
L’obiettivo del conseguimento di un sempre più elevato livello di appropriatezza, sia essa clinica che organizzativa, è ritenuto dalla Fimp importante e fondamentale, ma deve risultare da un confronto istituzionale, che si basi su criteri di evidenza scientifica, tra tutti gli attori del Sistema e non da norme costrittive che prevedono rivalse economiche a danno dei medici. «Siamo molto preoccupati per l’assistenza ai nostri pazienti, bambini ed adolescenti - sottolinea la Fimp -, che si basa essenzialmente sulla prevenzione e l'educazione sanitaria, oltre che su diagnosi e cura, che è messa fortemente in discussione dagli indirizzi organizzativi e clinici che le Regioni vogliono mettere in atto, di fatto mettendo a serio rischio la qualità del Servizio sanitario nazionale. Per questo - conclude Chiamenti - facciamo appello in primis al Governo, ma anche a tutte le associazioni che hanno a cuore la salute dei bambini, e ai genitori, per l’avvio di una seria riflessione che possa porre gli opportuni rimedi e fermi queste derive pericolose».

Il sindacato autonomo Snami prende posizione sulla proposta delle Regioni
«Siamo d'accordo - sostiene il presidente Angelo Testa - che ognuno di noi deve essere responsabile delle proprie azioni ma, in questa circostanza, il contendere è ben altro. La presunta inadeguatezza sarebbe nei confronti di una sorta di linee guida vincolanti non certamente codificate dai medici. Invece, secondo noi, si tratta palesemente di un tentativo imprudente ed ingenuo di risparmiare raschiando il fondo del barile, che invece risulterà foriero di ulteriori costi, per il dilagare della medicina difensiva». Per Salvatore Santacroce, vicesegretario nazionale dello Snami «potrebbero paventarsi, da parte delle Regioni, percorsi impositivi rigidi che poco hanno a che fare con le funzioni proprie di una medicina di famiglia volta a fornire corretti percorsi di diagnosi e cura ed erogazione delle prestazioni sanitarie nei confronti dei propri pazienti». Nino Grillo, altro vicesegretario Snami, «paradossalmente si andrà a spendere di più perché aumenteranno i comportamenti difensivi dei medici che, con la minaccia di essere sanzionati, tenderanno ad avere dubbi su ogni prescrizione ed entreranno in conflitto perenne tra adottare un comportamento corretto e deontologico oppure uno da attore in un teatrino, dettato da logiche esasperate di difesa personale».

Critiche anche dall’Alleanza per le professioni mediche (Apm)
«Le Regioni - sostiene l’Alleanza - piuttosto che incidere sugli sprechi che sono sotto gli occhi di tutti, compresa la magistratura, hanno scelto di tagliare ancora una volta i servizi sanitari ai cittadini e di far ricadere sacrifici e oneri sui medici. Nessun sacrificio viene invece richiesto ai ricchi emolumenti dei consiglieri regionali e dei vertici delle partecipate regionali. Inoltre, nessun ridimensionamento è in programma per quanto riguarda gli elefantiaci apparati burocratici regionali». Secondo Apm, inoltre, mentre gli operatori della sanità continuano a discutere sul “comma 566”, «la politica, assecondando i desiderata dell’Ipasvi, taglia i primariati medici e fa lievitare le strutture complesse delle professioni infermieristiche e amministrative, seguendo anche in questo il dettato del comma 566, ove prevede che “non debbano esserci maggiori spese per la finanza pubblica».

Ipavsi: «Non cercare capri espiatori, ma aprire un confronto costruttivo»
Pronta la replica dell’Ipasvi. «Il taglio delle strutture complesse (e semplici) - sottolinea il presidente, Barbara Mangiacavalli - è comparso nella prima bozza di standard ospedalieri a fine 2012. Ben prima quindi dell’accordo delle Regioni sulle competenze avanzate degli infermieri e quando ancora il 'comma 566' non era nemmeno nelle idee del legislatore . Poi nei primi documenti sul Patto della Salute è stato confermato sia come previsione diretta che successivamente con un rinvio agli stessi standard. In quelle bozze c’era anche l’eliminazione dei piccoli ospedali con meno di 60 posti letto, trasformata poi in una misura che riguardava solo le strutture private accreditate e ulteriormente, nella versione finale, solo chi ha meno di 40 posti letto e non è struttura monospecialistica». Insomma, secondo Ipasvi, «non bisogna cercare capri espiatori ma aprire le porte a un confronto costruttivo».


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