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In Italia l’aria inquinata causa il 7% dei decessi. In Lombardia e Campania si muore di più

di Rosanna Magnano

Un italiano su tre è esposto a livelli di inquinamento atmosferico oltre le soglie massime ammesse dalla legge. Le conseguenze: aumento di sintomi respiratori, aggravamento di patologie croniche cardiorespiratorie, tumore polmonare, aumento della mortalità e della speranza di vita. I killer della nostra salute - quello sulle responsabilità politiche è un discorso a parte - si chiamano particolato atmosferico (soprattutto la sua frazione fine , il Pm2,5) , biossido di azoto (NO2) e ozono ( O3). L'impatto in cifre fa paura: oltre 30mila decessi ogni anno (il 65% nelle regioni del Nord) solo per quanto riguarda il particolato fine (PM2,5), una cifra che rappresenta, incidenti esclusi, il 7% di tutte le morti. In termini di mesi di vita persi, significa che l'inquinamento accorcia mediamente la vita di ciscun italiano di 10 mesi: 14 per chi vive al nord, 6,6 per chi abita al Centro e 5,7 al Sud e isole. Eppure il solo rispetto dei limiti di legge salverebbe 11mila vite l'anno. A condizione che i decisori politici puntino dritto verso una mobilità sostenibile e una riduzione delle emissioni in agricoltura, senza trascurare la grande sfida del verde urbano e della «riforestazione» delle città, che mitigherebbe notevolmente l’impatto dell’inquinamento sulla salute.

Questi i risultati più rilevanti del progetto Ccm Viias (Valutazione integrata dell'impatto dell'inquinqmento atmosferico sull'ambiente e sulla salute) finanziato dal Centro controllo malattie del ministero della Salute e coordinato dal Dipartimento di Epidemiologia del Servizio sanitatio regionale del Lazio con la collaboraziine di Università e Centri di ricerca.

Le regioni dove si muore di più a causa delle polveri sottili sono Lombardia (oltre 160 decessi ogni 100mila residenti) e Campania (oltre 130 decessi). Per il biossido di azoto le morti correlate sono più frequenti in Lombardia, Lazio e Campania. L’esposizione all’ozono uccide di più in LIguria, Toscana e Puiglia.

I dati - presentati oggi a Roma, a pochi giorni dalla risoluzione sull'inquinamento atmosferico adottata dalla 68ma Assemblea Mondiale della Sanità, che chiede ai Governi di intraprendere misure immediate e urgenti - dicono che il 29% della popolazione italiana vive in luoghi dove la concentrazione degli inquinanti è costantemente sopra la soglia di legge, ma evidenziano anche considerevoli disuguaglianze degli effetti sanitari
dell'inquinamento sul territorio italiano. È colpito maggiormente il Nord (per il 65% del totale), le aree urbane congestionate dal traffico e le aree industriali.

Tra le cause, anche la combustione di biomasse - principalmente legno e pellet - è responsabile della maggiore incidenza di morti e malattie per l'esposizione al particolato. Basti pensare che in Italia al 2012 lo share del settore riscaldamento sul totale delle emissioni si attesta nell'intorno del 50%. Per il biossido di azoto, il settore trasporti al 2012 costituisce circa il 50% delle emissioni totali e di queste il 91% è dovuto ai veicoli diesel.

L’evoluzione del fenomeno
Se nel 2005 il numero di decessi attribuibili all'inquinamento è stato, rispettivamente, 34.552 per il PM2.5, 23.387 per l'NO2 e 1.707 per l'O3, nel 2010 si è osservata una forte diminuzione per il PM2.5 (21.524) e l'NO2 (11.993), soprattutto per le ridotte emissioni dovute alla recessione economica, mentre nel 2020, nonostante i miglioramenti tecnologici e le politiche adottate, si ha uno scenario tutt'altro che migliorato rispetto a dieci anni prima (28.595 morti per PM2.5, 10.117 per NO2).

Ad allontanare la soluzione del problema anche una frammentazione delle competenze decisionali: «La causa principale di un inquinamento così persistente e diffuso - si legge nel Report Viias - deve essere individuata nella difficoltà di adottare una politica di prevenzione unitaria ed efficace. A tutt'oggi, infatti, la competenza in materia di pianificazione degli interventi permane in capo alle Regioni, a fronte di un fenomeno di inquinamento i cui effetti si manifestano su tutto il territorio nazionale».


Migliorare è possibile
Il progetto Ccm Viias ha previsto due scenari alternativi, sempre al 2020:

- il primo ipotizza la completa adesione in tutta Italia ai limiti di legge previsti dalla normativa europea e nazionale;

- il secondo prevede una riduzione uniforme del 20% delle concentrazioni di inquinanti sul territorio.

Nell'uno come nell'altro scenario si otterrebbe un risparmio di vite, rispetto al 2005, di 11.000 per il PM2.5 e 14.000 per l'NO2 nel primo e di 16.000 per il PM2.5 e 18.000 per l'NO2 nel secondo.

«Questi scenari mostrano come l'effettivo rispetto dei limiti previsti dalla normativa vigente, e soprattutto l'ulteriore diminuzione del 20% della concentrazione media annuale degli inquinanti - si legge in una nota - avrebbero ricadute positive sulla salute pubblica e sull'economia: seguendo le statistiche dell'Oms, infatti, 10.000 decessi evitati all'anno corrispondono a circa 30 miliardi di euro».


La soluzione: salute in tutte le politiche
La riduzione delle emissioni degli ultimi dieci anni non si è sempre tradotta in un abbassamento proporzionale delle esposizioni, soprattutto in quelle aree del paese (come la Pianura Padana) caratterizzate da condizioni fisiche e meteorologiche difficili.

«E’ necessario quindi pianificare a livello nazionale e regionale - concludono gli esperti - ponendo la salute al centro di tutte le politiche, secondo le indicazioni dell'Oms. Sono necessarie nuove misure volte a mitigare il crescente impatto della combustione delle biomasse, utili per contrastare il cambiamento climatico ma assai dannose in termini di inquinamento da particolato. Vanno proseguiti gli sforzi a favore di una mobilità sostenibile (pedonalità, ciclabilità, trasporto pubblico ecologico), con una particolare attenzione verso i veicoli Diesel, responsabili per il 91% delle emissioni di biossido di azoto e di una quota importante di particolato nel settore trasporti. Anche le emissioni del comparto agricolo (ammoniaca) vanno monitorate e contrastate. Appropriati interventi di forestazione urbana possono mitigare gli effetti dell'inquinamento in aree metropolitane».


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