Dal governo

Le opportunità del nuovo Patto Sanità Digitale per il ridisegno del Ssn

di Giuseppe Greco (Segretario Generale Isimm Ricerche)

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24 Esclusivo per Sanità24

La nuova versione del Patto per la Sanità Digitale – inviata lo scorso 10 giugno dalla Presidenza del Consiglio dei ministri alla Conferenza Stato-Regioni – sembra confermare un'attenzione politico-istituzionale al tema delle risorse pubbliche e private da destinare all'Information and Communication Technology per la riprogettazione sistemica del nostro Ssn, attraverso un'apposita cabina di regia per la sanità digitale. Rispetto al primo testo del luglio 2014, contestuale al varo del Patto per la Salute 2014-2016, questa nuova versione presenta una serie di apprezzabili sviluppi e mostra di tenere in debito conto alcune delle barriere che hanno frenato sinora il pieno dispiegamento delle potenzialità dell'innovazione digitale in sanità.

Viene innanzitutto rimarcata la necessità di realizzare adeguate sperimentazioni delle soluzioni di sanità elettronica all'interno di una strategia condivisa (valorizzando anche quelle già in essere), per “evitare inutili applicazioni, dispersione delle risorse o finanziamento di progetti non replicabili” e conseguire “la certezza della riproducibilità, compatibilità ed efficacia” delle soluzioni stesse. Uno degli ostacoli allo sviluppo della sanità digitale è stato finora la mancanza di prove di efficacia su vasta scala per i pazienti e per il sistema sanitario, pure in termini di chiara misurabilità dei risultati. Anche su quest'ultimo versante il nuovo testo del patto rimarca la necessità di individuare per ciascuna sperimentazione un set di indicatori di risultato in termini di economicità, efficienza e qualità.

Tali informazioni – si sottolinea – vanno poi messe in rete (in una sezione ad hoc del portale del ministero della Salute) e rese disponibili a tutti gli operatori attraverso la raccolta rigorosa e certificata dei dati e la costruzione di database, caratterizzati da una governance forte (indirizzi, standardizzazione, interoperabilità) e da un benchmark continuo fra i diversi livelli istituzionali e organizzativi per “incentivare le buone pratiche e fornire strumenti utili alla revisione della spesa”. Si tratta di un contributo utile al superamento di uno dei vizi fondamentali con cui si è sviluppata finora la sanità digitale in Italia, cioè la mancanza di una governance di sistema e di una strategia architetturale complessiva, che ha prodotto un insieme disorganico e poco interdipendente di attori, comitati, tavoli e progetti.

Peraltro a dicembre 2014 le Conclusioni del Consiglio Ue sulla sicurezza dei pazienti e la qualità dell'assistenza medica avevano già sottolineato come “i processi di elaborazione delle politiche e delle decisioni dovrebbero essere fondati su elementi concreti e sostenuti dalla raccolta sistematica di dati che utilizza adeguati strumenti delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione sanitarie”.
Importante novità è l'esplicita previsione per le sperimentazioni approvate di “una tariffa iniziale provvisoria o altro sistema di remunerazione”, che dovrebbe preludere al superamento di un'altra barriera allo sviluppo della sanità digitale, ovvero la mancanza di schemi di finanziamenti ad hoc per questo tipo di servizi. Ciò lascia intravedere la possibilità di arrivare nel medio periodo ad una sorta di livelli essenziali di sanità elettronica all'interno dei Lea, come auspicato da più parti.

Anche per quanto riguarda il programma degli interventi la nuova versione del patto opera una rimodulazione delle priorità, concentrando l'attenzione sui servizi di continuità assistenziale ospedale-territorio (Pdta, Patient Workflow Management, Patient Relationship Management) e di Telemedicina nelle varianti di Telemedicina specialistica, Teleconsulto e Teleassistenza. Sono queste infatti le soluzioni che nell'ampio ventaglio della sanità digitale hanno le maggiori potenzialità per contribuire al ridisegno complessivo del sistema-salute. Vengono inoltre inseriti ex novo fra le priorità di intervento la condivisione a livello centrale dei dati di acquisto e di consumo di beni e servizi del Ssn ai diversi livelli di governo e lo sviluppo degli acquisti telematici, per favorire un monitoraggio tempestivo e una migliore programmazione della spesa, nonché controlli multilivello sull'appropriatezza. Anche qui la disponibilità di banche dati interoperabili dovrebbe essere il presupposto necessario per “promuovere un change management e una governance evidence based”. Va tuttavia rilevato che dal primo al nuovo testo si passa dall'indicazione di 10 priorità di intervento a 18, evidenziando una qualche contraddizione in termini proprio nello sforzo ineludibile di delimitare un perimetro delle priorità.

Altra apparente incongruenza del nuovo testo sembra riguardare la considerazione degli effetti previsti dagli investimenti in sanità digitale. Se da un lato infatti si osserva che l'investimento, pur prevedendo inevitabilmente costi iniziali, deve comunque mirare a un aumento della qualità delle prestazioni, dall'altra si prevede il raggiungimento di un equilibrio di gestione, nel medio periodo, a livelli invariati di qualità di prestazioni rese. Evidentemente vale la pena investire in sanità digitale se – attraverso la riorganizzazione del sistema – il punto d'arrivo sarà un miglioramento degli output sanitari a beneficio soprattutto dei pazienti, oltreché una crescita dell'efficienza complessiva. Nondimeno, se nel testo di luglio 2014 venivano quantificati gli investimenti necessari in 3,5-4mld nell'arco di un triennio, l'ultima versione non ne menziona l'ammontare e riduce da 5 a 3 anni l'orizzonte temporale del Master Plan, attraverso cui la cabina di regia dovrà identificare “i possibili ambiti di attivazione di iniziative di partenariato pubblico-privato capaci di innescare un circolo virtuoso di risorse economiche destinate a finanziare gli investimenti necessari”. D'altra parte nella nuova versione del patto non viene prudentemente indicato il timing delle attività della cabina di regia, essendo stato disatteso il precedente.

Per quanto riguarda infine la governance della stessa cabina di regia – che sarà presieduta da un rappresentante del ministero della Salute – il nuovo testo assegna la vicepresidenza ad un rappresentante regionale e indica nel dettaglio l'articolazione dei componenti in rappresentanza delle diverse categorie di stakeholder (peraltro con l'assenza delle associazioni di pazienti). Viene previsto inoltre un possibile ruolo per l'Agenzia per l'Italia Digitale (AgID), in modo da raccordare l'azione della stessa cabina di regia con le responsabilità di coordinamento previste in capo all'AgID dalla Strategia per la Crescita Digitale 2014-2020, che ha definito a marzo 2015 una dettagliata roadmap anche per il comparto sanitario.
Certamente l'arrivo sul tavolo della Conferenza Stato-Regioni del Patto per la Sanità digitale – dopo quasi un anno d'attesa – costituisce un passo avanti verso la modernizzazione del nostro Ssn e auspicabilmente nella direzione indicata dalla Corte dei conti nell'ultimo Rapporto 2015 sulla finanza pubblica, laddove viene richiamata la necessità di “una riscrittura del patto sociale che lega i cittadini all'azione di governo e che abbia al proprio centro una riorganizzazione dei servizi di welfare”.
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