Dal governo

Intesa/ Le reazioni. Assobiomedica furiosa, sindacati delusi

Per tutta la giornata, dopo la diffusione del nuovo testo dell’Intesa approvato oggi alla Stato-Regioni, si sono alternate le reazioni dei vari protagonisti della sanità italiana.

Calabrò (Ncd-Ap): «Finalmente intesa»
«Fare di necessità virtù, e l'intesa siglata oggi in conferenza Stato-Regioni sui tagli alla sanità è forse il migliore e unico accordo possibile. La decisione delle Regioni di acconsentire ai agli oggi in cambio di un ritorno all'aumento del Fondo sanitario nazionale per il 2016 è un compromesso che salva governo ed enti locali», così ha dichiarato Raffaele Calabrò, capogruppo di Ncd-Ap in Commissione Affari Sociali. «Resta la spina nel fianco della farmaceutica che ha dato fin troppo in questi anni di spending review, ma il rimando a settembre potrà rivelarsi un’occasione per trovare soluzioni meno penalizzanti per il settore senza danneggiare l’assistenza sanitaria - ha spiegato -. Anche il settore dei dispositivi medici merita la massima attenzione del Governo sia per impedire in tutti i modi l'invasione di prodotti “cinesi” che non assicurano la qualità di protesi e impianti vari sia per tutelare le aziende produttrici che rappresentano un segmento importante del settore produttivo di questo Paese».

Gelli (Pd): «Rispettato l'impegno di ridurre la spesa senza tagliare i servizi»
«Oggi è stato raggiunto un obiettivo importante rispettando l'impegno del Governo di ridurre la spesa sanitaria senza però tagliare i servizi ai cittadini». È questo il commento di Federico Gelli, deputato e responsabile sanità del Pd. «Abbiamo chiesto alle Regioni maggiori sacrifici - ha aggiunto Gelli - puntando ad un maggiore efficientamento della spesa sanitaria e al taglio di sprechi e doppioni. In questo modo abbiamo evitato i tagli lineari e ribadito l'impegno a lavorare sulla produttività. Sono queste le novità più importanti di questo accordo a cui ho dato il mio contributo come responsabile sanità del Partito Democratico. Un' intesa che ci permetterà di guardare con più fiducia al futuro del nostro Ssn che dovrà essere più sostenibile, ma allo stesso tempo in grado di mantenere gli stessi livelli qualitativi che fanno oggi della sanità italiana un'eccellenza».

Assobiomedica: «Tetti di spesa irrealistici. O si cambia o si collassa»
«Le misure previste dall'intesa Stato-Regioni, che fissano un tetto di spesa per i dispositivi medici pari al 4,4%, sono irrealistiche e porteranno al collasso della Sanità. Perché senza dispositivi medici all'interno di un ospedale è impossibile erogare alcun i prestazioni sanitarie, neppure la più semplice. Per non sforare il tetto ed evitare il payback la spesa in dispositivi medici dovrebbe essere abbattuta di un ulteriore 15%, quando i prezzi sono già calati del -25%, abbassando la qualità dell'assistenza sanitaria a livelli che non possono considerarsi accettabili. Lanciamo un appello alle Regioni affinché rivedano l'intesa e trovino soluzioni appropriate e sostenibili per la tutela della salute dei cittadini. Soluzioni che Assobiomedica ha ipotizzato in un documento, inviato nei giorni scorsi ai Presidenti e assessori alla Salute di tutte le Regioni, nel quale vengono prospettati interventi che porterebbero risparmi per oltre 2 miliardi di euro entro il 2016». Questo l'appello lanciato del Presidente di Assobiomedica, Luigi Boggio. «Il meccanismo del payback per i dispositivi medici – ha dichiarato il Presidente Boggio - è in contrasto con i principi della Costituzione, viola le leggi della concorrenza e non porterà benefici nelle casse regionali. Immediate, invece, sarebbero le ripercussioni negative per le imprese che dovrebbero comunque subito accantonare nei propri bilanci appositi fondi per rischi e oneri, rinunciando di conseguenza a circa 1 miliardo di euro nel triennio che comporteranno una riduzione degli investimenti in ricerca e innovazione e di migliaia di posti di lavoro qualificati. Si tratta, inoltre, di un sistema che mette le imprese di dispositivi medici nelle condizioni di non poter scegliere se fornire o meno gli ospedali pena l'imputazione di interruzione di pubblico servizio». «A un anno dall'approvazione del Patto per la Salute - ha concluso Boggio - che faceva ben sperare sul futuro della nostra Sanità e che purtroppo resta ancora largamente inapplicato, ci troveremo invece con delle misure incostituzionali che provocheranno una quantità esorbitante di ricorsi e, anziché incrementare le casse regionali, le svuoteranno per sostenere alle spese legali».

I SINDACATI

Lamonica (Cgil): « purtroppo nessuna novità, si torni al “vecchio” Patto »
«Non si capisce come si possa essere soddisfatti di un'intesa che conferma i tagli al Fondo sanitario nazionale stabiliti dalla Legge di stabilità». Così Vera Lamonica, segretaria confederale della Cgil a commento delle dichiarazioni della ministra Lorenzin. «Si tratta di tagli al finanziamento, e quindi lineari, da 2,352 miliardi all'anno a partire dal 2015: sommati a quelli degli ultimi anni - ha detto - riducono ulteriormente e drammaticamente le risorse per garantire beni e servizi ai cittadini e per rinnovare il contratto ai lavoratori». La dirigente ha sottolineato che «i settori di spesa sanitaria da tagliare, individuati tardivamente dall'intesa Stato-Regioni, non compensano la riduzione del finanziamento e non colpiscono di per sé gli sprechi». «Infatti - precisa - gli interventi previsti sulla spesa inappropriata valgono meno del 10% dei risparmi complessivi». «Se, come affermato dal ministro Lorenzin, il governo intende davvero fermare la stagione dei tagli - conclude Lamonica - già nel 2016 riporti il finanziamento al livello fissato dall'ultimo Patto per la Salute».

Giovanni Torluccio (Uil Fpl): «Tagli annunciati. Cercare soluzioni nuove»
«Nonostante le contenute dimensioni della spesa sanitaria (in rapporto al Pil e in valore assoluto) - prosegue - il Ssn è stato sottoposto negli ultimi anni a notevoli restrizioni (finanziarie, di personale, tecnologiche e strutturali), soprattutto nelle regioni sottoposte a Piano di Rientro, che hanno contribuito a contenere la spesa ma che stanno producendo effetti preoccupanti sulla capacità di erogare i servizi e sul funzionamento stesso contribuendo ad alimentare le importanti disomogeneità presenti tra le varie Regioni e di conseguenza l'equità del sistema». Crisi economica e restrizioni alla sanità pubblica stanno pregiudicando le condizioni di accesso ai servizi sanitari, soprattutto fra le categorie più deboli e nelle regioni più in difficoltà, «Una cosa è certa – conclude Torluccio -, la continua rincorsa, negli ultimi anni, al rispetto dei vincoli di finanza pubblica e dei budget hanno messo in crisi il sistema che è entrato in una fase di profonda sofferenza e di crisi strutturale. Non sviliamo la nostra sanità tra le migliori al mondo».

Onotri ( Smi): «Attacco al diritto alla salute e alla sanità pubblica»
Per il segretario nazionale Smi: «È il de profundis della sanità pubblica. Niente investimenti, solo tagli, ancora una volta, su tutto, sulle strutture, il personale, sulle postazioni del 118 e sulla farmaceutica. Ma non solo: con la scusa del risparmio si instaura un regime di paura nelle prescrizioni delle prestazioni specialistiche. Chi stabilisce l'appropriatezza ? E a pagarne le conseguenze dovrebbero essere i medici e i cittadini. Si insiste su una strada già percorsa per quanto riguarda i farmaci, che si è dimostrata sbagliata, oltre che inutile, e che ha prodotto solo la criminalizzazione di molti medici la cui unica colpa era quella di svolgere il proprio lavoro secondo “scienza e coscienza”». «Sulla sanità – spiega Pina Onotri, segretario generale Smi – si continua con prassi vecchie e sterili a causa di un federalismo fallimentare, assistiamo da un lato a Governi centrali senza una strategia unitaria di governance del Ssn, dall'altro a Regioni incapaci di eliminare gli sprechi e le ingerenze della “malapolitica”. Il risultato di questa situazione: ulteriori tagli per 2,35 miliardi per il triennio 2015-2017». «Ora basta – conclude Onotri – la sanità pubblica italiana ha bisogno di investimenti, non di essere ulteriormente strozzata».

Lala (Sumai-Assoprof): «Ennesima batosta al Ssn»

Deluso il segretario nazionale degli specialisti ambulatoriali Sumai-Assoprof, Roberto Lala: «Purtroppo dobbiamo ancora una volta assistere a riduzioni di risorse per il comparto. E siamo ancora più delusi perché i tagli smentiscono de facto quanto sottoscritto nel Patto per la Salute appena un anno fa. Altro che risparmi da reinvestire in sanità, in questa manovra ci sono solo tagli lineari e riduzione degli investimenti». «La situazione del nostro Servizio sanitario nazionale è molto delicata - specifica il segretario - e Regioni e Governo, al di là delle dichiarazioni di facciata devono rendersi conto che siamo al limite della sostenibilità dei principi che regolano il Ssn e che per il 2016 il Fondo sanitario nazionale deve assolutamente tornare a crescere o la parola servizio pubblico perderà realmente di ogni significato».

LA SOCIETÀ CIVILE

Tdm-Cittadinanzattiva: «Preoccupati dai tagli nel 2016»
«Si sta facendo il gioco delle tre carte: se si tolgono più di 2 miliardi al Ssn anche per il 2016, possiamo dire che si smantella la salute come bene comune». È quanto ha affermato Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva. «Quanto dichiarato dal presidente ci preoccupa molto, perché non solo conferma i tagli lineari di 2,4 miliardi al finanziamento del Servizio sanitario pubblico per il 2015, ma preannuncia anche un nuovo taglio di 2,4 miliardi per il 2016, rispetto a quanto previsto nel Patto per la Salute 2014-2016 e nell'ultima Legge di Stabilità. Chiamparino, infatti, fa riferimento a 113 miliardi di finanziamento per il 2016, come condizione necessaria per siglare definitivamente l'Intesa sui tagli in sanità. Peccato che il Patto per la Salute e la legge di stabilità 2015 fissano il finanziamento del Servizio sanitario nazionale a oltre 115 miliardi di euro per l'anno 2016. Ci auguriamo che sia solo una svista e non una posizione ufficiale sul livello di investimento per la sanità pubblica nel 2016».


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