Dal governo

Terrorismo e criminalità, decolla la banca dati nazionale del Dna

di Manuela Perrone

Una banca dati nazionale del Dna, istituita al ministero dell'Interno, per raccogliere i profili genetici di tutti i condannati con un software organizzato su due livelli: il primo impiegato ai fini investigativi a livello nazionale, il secondo per le finalità di collaborazione internazionale di polizia. Con un ritardo di sei anni dalla legge 85/2009, che l'aveva previsto, il database è finalmente pronto al decollo, sull'onda dell'emergenza terrorismo: al Consiglio dei ministri di oggi arriva lo schema di regolamento attuativo dell'articolo 5 della legge, che disciplina le modalità di funzionamento e di organizzazione della banca dati.

Chi sono gli interessati
L'archivio dovrà essere predisposto per la raccolta e il raffronto dei profili del Dna di cinque categorie di persone: coloro ai quali sia applicata la misura della custodia cautelare in carcere o degli arresti domiciliari; chi viene arrestato in flagranza di reato o sottoposto a fermo di indiziato di delitto; i detenuti e gli internati per sentenza irrevocabile per un delitto non colposo; coloro ai quali è applicata una misura alternativa al carcere sempre per sentenza irrevocabile per un delitto non colposo; quelli che scontano una misura di sicurezza detentiva in via provvisoria o definitiva. Chiaro l'obiettivo: a regime il sistema permetterà di confrontare le tracce biologiche sulla scena di un reato con i profili dei pregiudicati. Come d'altronde avviene già in gran parte dei Paesi europei.

Il prelievo e il ruolo del Laboratorio centrale
I condannati, identificati attraverso l'Afis (il sistema automatizzato per l'identificazione delle impronte digitali del casellario centrale d'identità del Viminale, collocato alla Direzione centrale anticrimine della Polizia), saranno sottoposti al prelievo di due campioni di mucosa orale che sarà effettuato da agenti penitenziari appositamente addestrati o dalle forze di polizia (in caso di arresti domiciliari o in flagranza). Il compito di accettare, catalogare e conservare i campioni biologici assicurandone la tracciabilità è assegnato invece a un Laboratorio centrale ad ho di circa 1.800 metri quadrati, collocato al ministero della Giustizia presso la Direzione generale dei detenuti del Dap e dotato di strutture robotizzare.

In archivio anche il Dna delle persone scomparse
Il regolamento prevede che si ottenga il profilo del Dna anche delle persone scomparse e nel caso di rinvenimento di cadaveri e resti non identificati. In questo caso la tipizzazione del reperto biologico sarà effettuata dalle forze di polizia, su disposizione dell'autorità giudiziaria, e la decodifica del codice reperto potrà essere svolta «solo ai fini dell'identificazione della persona scomparsa».

Le cautele per la privacy
Il risultato è una miniera di dati sensibilissimi, accessibile per questo - secondo la bozza di decreto del presidente della Repubblica - soltanto da «operatori abilitati e designati incaricati del trattamento dei dati personali ai sensi dell'articolo 28 del decreto legislativo 196/2003» (il Codice della privacy), secondo profili di autorizzazione predefiniti, in possesso di credenziali di autenticazione «previo superamento di una procedura informatica di autenticazione forte». Profili e procedure rimandati a un successivo decreto del ministero dell'Interno, di concerto con la Giustizia e sentito il Garante per la protezione dei dati personali, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del regolamento.

Lo scambio dati con l'estero
Il punto di contatto nazionale per lo scambio dati per le finalità di collaborazione internazionale di polizia è individuato nel Servizio per la cooperazione internazionale di polizia nella Direzione centrale della polizia criminale del Dipartimento della pubblica sicurezza. Responsabile della banca dati è invece il direttore del Servizio per il sistema informativo interforze della stessa Direzione centrale: è lui che ne assicura la funzionalità e che garantisce l'esecuzione di tutte le misure tecniche e di sicurezza, nel rispetto del Codice della privacy.

Tutti i costi
Nella relazione tecnica che accompagna il Dpr sono dettagliati i costi. Già la legge 85/2009 stanziava 11,2 milioni di euro per il 2008, 6,2 milioni per il 2009, 4,9 per il 2010 e 4,11 a decorrere dal 2011, a cui si sono aggiunti 5,5 milioni derivanti dalla ripartizione del Fondo unico di giustizia disposti con decreto del ministro dell'Interno per il 2011 e conservati nel 2012. Le risorse sono state usate per allestire la banca dati (3,8 milioni) e soprattutto il laboratorio (10,9 milioni). Ora il regolamento stima i costi a regime: 560.534 euro per la manutenzione e la garanzia per il funzionamento dell'infrastruttura informatica della banca dati (il 15% della spesa sostenuta per l'acquisto delle apparecchiature fino al 2013); 328.955 euro per la manutenzione del laboratorio. Considerando anche tutte le altre voci di spesa, dai kit per i prelievi allo scambio dati internazionale, gli oneri totali previsti a regime ammontano a 1,8 milioni di euro a carico dell'Interno e di 901.203 a carico della Giustizia.


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